10 Dicembre 2014

Zone verdi plusvalenti?

di Luigi Scappini
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L’articolo 36, comma 2, del D.L. n. 223/2006, la c.d. Visco – Bersani, ha uniformato il concetto di terreno edificabile ai fini fiscali, prevedendo che, per tutti i comparti impositivi (imposizione diretta, iva, registro e tributi locali), un’area sia da considerarsi fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio, in base allo strumento urbanistico generale adottato dal Comune. La norma risolse la diatriba giurisprudenziale sulla rilevanza dell’approvazione della Regione (per le Regioni a statuto ordinario) e dell’adozione di strumenti attuativi: nessuno dei due serve per integrare il requisito fiscale dell’utilizzazione edificatoria.

In altri termini, il Legislatore ha voluto ancorare il concetto di edificabilità fiscale allo stadio primordiale dell’iter amministrativo- urbanistico: quello in cui si ha ius valutandi, sebbene non ancora ius aedificandi in senso compiuto. Il terreno edificabile solo in base al P.R.G., infatti, manifesta idoneità a subire incrementi di valore, ancorché soltanto in potenza. La realizzazione della potenzialità si avrà successivamente, al completamento dell’iter urbanistico.

Sul punto si segnala l’arresto della Cassazione a SS. UU. – sentenze del 2006 n. 25505 e n. 25506: “si può valutare un suolo considerato a vocazione edificatoria anche prima del completamento delle procedure”, concetto rafforzato con tre ordinanze successive del 2008, le nn. 41, 266 e 394, ove è stato confermato che “la potenzialità edificatoria dell’area, anche se prevista da strumenti urbanistici solo in itinere o ancora inattuati, costituisce notoriamente un elemento idoneo ad influenzare il valore del terreno e, pertanto, rappresenta un indice di capacità contributiva adeguato, ai sensi dell’art. 53 Cost., in quanto espressivo di una specifica posizione di vantaggio economicamente rilevante”.

La pronunzia aderì all’orientamento più restrittivo, ma lasciò spazio per determinazioni graduate del valore imponibile, in ragione del tempo remoto o prossimo di prevedibile compimento dell’iter.

Meno flessibilità, invece, si riscontra in sede accertativa per casistiche in cui la potenzialità edificatoria non è piena ma vincolata e limitata. Esemplare il caso delle aree “F”, destinate a servizi pubblici e, dunque, di fatto rappresentative di un’edificabilità soltanto virtuale.

Si appiattisce, in questi casi, l’Amministrazione finanziaria sulla pedissequa interpretazione lessicale della norma, e, forte della qualificazione dell’an dell’edificabilità del 2006, estende gli automatismi anche alla determinazione del quantum. La giurisprudenza, sia di merito sia di legittimità, ha, purtroppo, un andamento ancora ondivago, che non contribuisce a risolvere la vexata questio.

Del filone giurisprudenziale allineato all’indirizzo dell’Agenzia, Cassazione n. 7340/2014: “gli eventuali anche gravi vincoli urbanistici non comportano la sottrazione dei terreni alla previsione di edificabilità degli stessi stabilita dallo strumento urbanistico e bensì possono soltanto incidere sulla concreta determinazione del loro valore ai fini dell’accertamento dell’imposta” (confermata da Cassazione n. 12499/2014).

Di segno opposto, Cassazione n. 25522/2011: “ai fini fiscali, la destinazione di un terreno ad attrezzature sportive, prevista dal piano regolatore comunale, con l’attribuzione di un indice di edificabilità minimo funzionale alla realizzazione di strutture collegate a tale destinazione, impedisce la qualificazione dell’area come “suscettibile di utilizzazione edificatoria”” (conforme Cassazione n. 24098/10).

Oltre al criterio oggettivo, che dovrebbe escludere dalla qualificazione edificatoria aree ad indice di edificabilità nullo o vincolato a beneficio di terzi soggetti pubblici, sorregge la tesi della insussistenza di materia imponibile per le aree F anche la legislazione tributaria in tema di esproprio di terreni per pubblica utilità. L’articolo 67, comma 1, lett. b) del Tuir, per effetto del rinvio operato dall’articolo 11, comma 5, della Legge n. 413/1991, limita l’assoggettamento a tassazione della plusvalenza al caso di espropri di terreni destinati:

  • ad opere pubbliche o infrastrutture urbane all’interno delle zone omogenee di tipo A, B, C, D di cui al D.M. n. 1444/1968, come definite dagli strumenti urbanistici (cfr. C.M. n. 194/E/1998 e R.M. n. 30/E/1991);
  • ad interventi di edilizia residenziale pubblica ed economica e popolare di cui alla Legge n. 167/1962, a prescindere dall’ubicazione dell’area (cfr. C.M. n. 194/E/1998 e R.M. n. 30/E/1997).

L’elenco di cui all’articolo 11 appena citato va considerato esaustivo, con la conseguenza che non emergono plusvalenze in caso di esproprio di aree “F”, a prescindere dal loro successivo utilizzo.

Non si comprende la ragione per cui la differente modalità di trasferimento del titolo (compravendita, piuttosto che esproprio) dovrebbe incidere sull’
an dell’assoggettabilità a tassazione.