4 Dicembre 2015

Vendite alla Grande distribuzione e recupero dell’IVA sui buoni sconto

di Marco Peirolo
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Ai fini della richiesta del rimborso IVA, il termine ordinario di prescrizione decennale di cui all’articolo 2946 c.c. non è applicabile nel caso in cui la normativa italiana non contempli la specifica fattispecie che, in base alla normativa unionale, dà invece diritto alla restituzione del credito IVA. Ne discende che, nella disciplina nazionale, il rimborso resta soggetto al termine biennale di decadenza previsto dall’articolo 21, comma 2, del D.Lgs. n. 546/1992.

Questo principio è stato espresso dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 20964 del 16 ottobre 2015, avente per oggetto il diritto, da parte del produttore, di recuperare l’IVA corrispondente al valore dei buoni sconto e dei buoni rimborso utilizzati dal consumatore finale, cioè da un soggetto che è “terzo” rispetto al rapporto intrattenuto con la Grande distribuzione.

I giudici di legittimità superano il formalismo che caratterizza l’articolo 26, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972, in base al quale la riduzione dell’imponibile e dell’imposta è ammessa esclusivamente nei casi in cui ricorre un vizio contrattuale. Il corrispondente articolo 11, parte C, par. 1, della VI Direttiva (ora articolo 90 della Direttiva n. 2006/112/CE) è, infatti, dotato di “una maggiore capacità espansiva in quanto non considera solo fattispecie riconducibili al rapporto contrattuale, ma si sofferma anche su fenomeni eminentemente economici” che possono discendere da “condotte estranee alla coppia cedente/cessionario”.

Del resto, la più ristretta portata applicativa della norma nazionale non può essere ricondotta al legittimo esercizio del potere discrezionale riconosciuto dalla norma unionale al legislatore interno, dal momento che il suddetto potere, come si evince dallo stesso articolo 11, parte C, par. 1, della VI Direttiva, non ha per oggetto l’individuazione delle possibili fattispecie di riduzione dell’imponibile e dell’imposta, ma le modalità che consentono di raggiungere questo risultato.

In tal senso, depongono anche le indicazioni offerte dalla Corte di giustizia nelle sentenze Elida Gibbs (causa C-317/94 del 24 ottobre 1996) e Commissione/Germania (causa C-427/98 del 15 ottobre 2002). Nella prima pronuncia, avallata dalla seconda, è stato infatti affermato che, anche se il fabbricante ha originariamente fornito la merce ad un grossista anziché direttamente ad un dettagliante, “la base imponibile corrisponde al prezzo di vendita praticato dal fabbricante, decurtato dell’importo indicato sul buono e rimborsato” (punti 34 e 35).

In ordine al recupero dell’IVA con istanza di rimborso, l’articolo 21, comma 2, del D.Lgs. n. 546/1992 prevede che la relativa richiesta “non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione”.

Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza della Corte di Cassazione, il termine decadenziale in questione non si applica nel solo caso in cui la domanda di rimborso sia presentata a seguito di un provvedimento coattivo. In pratica, il diritto del cedente/prestatore di ottenere dall’Amministrazione finanziaria il rimborso IVA nonostante la scadenza del termine di decadenza riguarda soltanto l’imposta non dovuta che egli stesso abbia dovuto rimborsare al cessionario/committente non già spontaneamente, ma in esecuzione di un provvedimento dell’autorità giudiziaria (Cass. 24 febbraio 2015, n. 3627; Id., 10 dicembre 2014, n. 25988; Id., 20 luglio 2012, n. 12666).

Tale circostanza non ricorre nel caso in esame, sicché i giudici di legittimità hanno affermato che “(i)l diritto al rimborso, che consegue ad una scelta imprenditoriale autonoma e spontanea del produttore – quale la distribuzione di buoni sconto e buoni rimborso ai consumatori finali, cui consegua la restituzione da parte dello stesso produttore al distributore o al consumatore finale di una quota del prezzo pagato da quest’ultimo, comprensiva sia dell’imponibile che dell’IVA-, è soggetto al termine decadenziale biennale di presentazione della domanda ex art. 21, comma 2, del D.Lgs. n. 546/92 (…)”.

In merito all’ulteriore aspetto riguardante l’individuazione del dies a quo” dell’istanza di rimborso, la norma fa riferimento al pagamento dell’imposta, ovvero, se posteriore, al giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione.

Ai fini in esame, occorre ricordare che i consumatori finali hanno utilizzato i buoni sconto per ottenere una riduzione del prezzo di vendita all’atto di acquisto dei beni dai distributori che, a loro volta, hanno chiesto al produttore il rimborso dell’importo corrispondente allo sconto praticato. I consumatori in possesso dei buoni rimborso, invece, hanno acquistato i beni presso i distributori al prezzo pieno e, successivamente, hanno chiesto al produttore il rimborso dell’importo corrispondente allo sconto, fornendo la prova dell’acquisto effettuato.

Le modalità di utilizzo dei buoni portano ad escludere che il termine iniziale di decadenza possa essere individuato, come invece sostenuto dall’Ufficio, nel giorno in cui il produttore ha versato all’Erario l’imposta relativa alle vendite alla Grande distribuzione. L’importo che può essere richiesto a rimborso è, infatti, determinato in proporzione ai buoni sconto e ai buoni rimborso effettivamente utilizzati dai consumatori finali, per cui il corrispondente ammontare non è computabile dal produttore né al momento della cessione dei beni alla Grande distribuzione, né al momento dell’assegnazione dei buoni, ma solo nella misura del loro successivo utilizzo da parte dei consumatori finali.

Ne discende, secondo la Suprema Corte, che il termine iniziale coincide con il giorno in cui vi è verificato il presupposto per la restituzione, vale a dire quello in cui il produttore – in adempimento degli obblighi assunti con la distribuzione dei buoni ed a seguito dell’effettivo utilizzo degli stessi secondo le modalità previste – ha rimborsato la quota prezzo, comprensiva di imponibile ed imposta, alla Grande distribuzione o ai consumatori finali, a seconda della tipologia dei buoni (sconto o rimborso), provvedendo alla variazione in diminuzione dell’imponibile e dell’imposta nel rispetto del termine annuale previsto dall’articolo 26, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972 e, quindi, maturando il diritto alla restituzione dell’imposta in precedenza versata e non più dovuta a seguito della riduzione dell’imponibile originariamente stabilito.