13 Dicembre 2016

Vedi e ravvedi

di Giovanni ValcarenghiMassimiliano Tasini
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Il 26 novembre 2016 il MEF ha diffuso l’atto di indirizzo per il triennio 2017-2019. Tra le pieghe di tale documento troviamo la precisa indicazione della volontà di estendere ulteriormente l’ambito di applicazione del ravvedimento operoso, che da strumento spontaneo diventerà dunque, a maggior ragione, strumento di compliance dell’Agenzia delle Entrate, a conferma di quel “cambio verso” di cui si parla oramai da tempo e del quale rinveniamo, con grande apprezzamento, prova tangibile ogni giorno che passa.

Questo approccio senza dubbio aumenta la pur parziale divaricazione tra la funzione “penalistica” dell’istituto e quella tributaria.

Ricordiamo al riguardo che l’articolo 13 del D.Lgs. 74/2000 contempla l’ipotesi di accesso al ravvedimento operoso sia per le ipotesi di cui al comma 1 che per quelle del successivo comma 2; ma con una differenza.

Nel caso del primo comma è introdotta una causa di non punibilità rappresentata dall’integrale pagamento – prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado – di tutte le somme dovute a titolo di imposta, sanzioni e interessi, per i reati di omesso versamento delle ritenute certificate (articolo 10-ter), di omesso versamento dell’IVA (articolo 10-bis) e dell’indebita compensazione di crediti non spettanti (articolo 10-quater, comma 1). E, il pagamento degli importi dovuti può essere fatto, tra l’altro, mediante il ravvedimento operoso.

Diverso è il comma secondo che, per i reati di dichiarazione infedele (articolo 4) e di omessa dichiarazione (articolo 5), prevede la non punibilità solo con l’integrale pagamento degli importi dovuti (debiti tributari, sanzioni e interessi), a condizione che il ravvedimento o la presentazione della dichiarazione siano intervenuti prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali. In questo caso, il pagamento degli importi dovuti può avvenire tramite il ravvedimento operoso o la presentazione della dichiarazione omessa (nelle ipotesi di omessa presentazione) entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo.

In ordine alla differenziazione di trattamento, la Relazione illustrativa precisa che non si è ritenuto di accogliere quanto richiesto alla lettera b) del parere reso dalle Commissioni riunite Giustizia e Finanze del Senato, volta a sottoporre la non punibilità di cui al primo comma alla stessa condizione – spontaneità – prevista nel secondo comma, in quanto il Governo ha ritenuto che le fattispecie previste dai commi 1 e 2 del nuovo articolo 13 del D.Lgs. n. 74 del 2000 presentano profili di diversità che non appaiono idonei a giustificare un trattamento analogo.

Mentre attendiamo gli sviluppi normativi, ci piace accennare ad un paio di criticità emerse in queste settimane (durante le giornate del Master Breve) che potrebbero, forse, essere risolte in via interpretativa dalla stessa Direzione Centrale della Agenzia delle Entrate.

Il primo problema riguarda l’ipotesi del contribuente che ha omesso la dichiarazione modello Unico per l’anno 2015. Si ponga il caso che in data 10 gennaio 2017 il contribuente, conscio che non potrà sanare l’omissione, proceda spontaneamente a versare le imposte dovute, autoliquindandole, corrispondendo anche le sanzioni da ravvedimento operoso ed i relativi interessi.

Ci chiediamo cosa accadrà quando l’Agenzia delle Entrate dovesse notificare l’atto impositivo confermativo dei redditi non dichiarati ma autoliquidati: la sanzione applicata sarà quella proporzionale della omessa dichiarazione?

Oppure, troverà applicazione il chiarimento della circolare 54/E/2002, nella quale l’Agenzia affermò alla risposta 17.1 che l’imposta versata (a qualsiasi titolo) esclude le sanzioni proporzionali a favore delle fisse (peraltro previste in misura ridotta e riducibili ad un terzo)? Ovviamente, rimane inalterata la problematica relativi all’accertamento induttivo, che potrà essere esperito dall’Agenzia ove lo ritenesse opportuno e proficuo.

Il secondo problema, in parte collegato al primo, riguarda il contribuente che intenda sanare una omessa fatturazione di ricavi relativa al gennaio 2015.

Se intende ravvedersi sempre il 10 gennaio 2017, non potendo determinare la sanzione unica ai sensi dell’articolo 12 del D.Lgs. 472/1997 – essendo tale potere riscontrabile solo in capo all’Ufficio accertatore – dovrà sanare tutte le violazioni commesse: omessa fatturazione / registrazione (l’articolo 6, comma 5 del D.Lgs. 471/1997 prevede che in caso di omessa fatturazione non si applichi la sanzione per omessa registrazione, posto che non si poteva registrare un documento non emesso; parallelamente, vi potrebbe essere l’altro operatore IVA sanzionabile per non avere emesso la c.d. autofattura denuncia), eventuale omesso versamento periodico e, da ultimo, infedele dichiarazione.

Domande: è confermato che dovrà sanare anche l’omesso versamento?

Poniamo il quesito per il semplice fatto che la violazione da versamento dovrebbe configurarsi solo laddove il tributo fosse stato correttamente posto a debito nella liquidazione; tuttavia, l’Agenzia ritiene sussistente anche questa violazione, come ha affermato nelle C.M. 192/E/1998, 98/E/2000 e 28/E/2011).

Sono invece superati i dubbi in merito al fatto che, dando per scontata la necessità del ravvedimento anche sull’eventuale versamento, sia oggi possibile effettuare la sanatoria, essendo stato rimosso il termine di scadenza della presentazione della dichiarazione (nel nostro esempio, 30.9.2016). Prima delle modifiche, invece, l’esistenza del termine costituiva impedimento al ravvedimento.

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La nuova disciplina delle sanzioni amministrative, il controllo e la definizione degli atti dell’amministrazione finanziaria