7 Aprile 2015

Usi della scissione inversa o rovesciata

di Ennio Vial
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Il prossimo 8 aprile è previsto a Milano il secondo incontro del percorso in materia di riorganizzazioni societarie. La giornata sarà dedicata alla scissione.

Si vuole affrontare il caso classico dei due soci che svolgono una attività operativa all’interno della società e che a fronte di insanabili dissidi decidono di separarsi. La soluzione potrebbe essere quella di scindere i due rami di azienda attraverso una scissione proporzionale e far seguire la cessione reciproca delle quote.

Ci si deve tuttavia chiedere se esista una soluzione più efficiente che permetta di risparmiare qualche oneroso atto notarile.

Sicuramente una soluzione più efficiente è rappresentata dalla scissione asimmetrica che porta immediatamente alla divisione dei due soci litiganti in piena neutralità fiscale.

L’operazione è stata pienamente accettata dall’Agenzia delle Entrate quando ha ad oggetto società con rami di azienda. Infatti, nella R.M. 22.03.2007 n. 56, viene separata l’attività di riparazione di autovetture da quella di verniciatura in modo che ciascuno dei due soci possa operare in totale autonomia.

La scissione non proporzionale è posta in essere a causa di profondi e insanabili dissidi tra i soci i quali intendono, di comune accordo, separare e proseguire in maniera autonoma le rispettive attività ognuno con propri clienti e con l’utilizzo di propri mezzi e distinte attrezzature.

L’operazione non si qualifica come elusiva a condizione che non sia preordinata a creare contenitori destinati alla futura cessione.

In sostanza, l’Agenzia delle Entrate ammette la scissione non proporzionale se interviene la divisione e poi ci si ferma. La considerazione non è di poco conto, in quanto viene legittimata la soluzione proposta ogniqualvolta vengono separate delle aziende.

Quid iuris nel caso in cui i soci operino nei due rami di azienda solo che il ramo B è inserito in una società partecipata? In sostanza abbiamo i due soci al 50% di una società che detiene il ramo di azienda A e la partecipazione nella controllata che contiene il ramo di azienda B. E’ possibile la separazione anche in questo caso? Forse può essere utile fare uno schizzo della configurazione del gruppo su un foglio, per seguire il ragionamento.

A ben vedere il caso non è identico a quello della risoluzione citata ma vi è perfettamente assimilabile. L’unica differenza, infatti, è rappresentata dal fatto che la seconda azienda è stata tenuta distinta dalla prima per evitare magari che il suo cattivo andamento potesse pregiudicare anche l’azienda A. La configurazione del gruppo potrebbe ad esempio discendere da una operazione di acquisto effettuata a suo tempo della società contenente il ramo di azienda B.

Ebbene, in questo caso non si scorgono ragioni palesi per non estendere le conclusioni che l’Agenzia ci ha fornito nella R.M. 56/E/2007.

Il raggiungimento della configurazione finale del gruppo, tuttavia, è più complessa.

Si potrebbe ipotizzare di implementare una scissione proporzionale dove i due soci rimangono nella compagine della società contente il ramo di azienda A e diventano soci sempre con medesime carature della newco che sostanzialmente detiene le partecipazioni nella società contenente il ramo di azienda B.

Lo step successivo è la fusione inversa della newco holding nella società che contiene il ramo di azienda B e la cessione reciproca delle quote.

Un percorso di questo tipo difficilmente può presentare profili di elusione fiscale, in quanto persegue finalità meritevoli e nella sostanza non si discosta dal caso proposto dall’Agenzia.

E’ fuori discussione che l’operazione nel suo complesso richiede una miriade di atti notarili. Una soluzione sicuramente percorribile potrebbe essere quella di implementare una scissione asimmetrica parziale a favore di una beneficiaria già esistente: la società partecipata che contiene l’azienda B.

E’ evidente che in questo caso si realizza una sorta di semifusione inversa o, meglio, una scissione inversa, in quanto il patrimonio viene assegnato ad una società partecipata. L’operazione presenta gli stessi profili di criticità tipici della fusione inversa. Si tratta tuttavia di questioni ormai superate alla luce delle evoluzioni normative e giurisprudenziali, prima fa tutte la fattibilità in caso di beneficiaria diversa dalla spa o dalla sapa.