11 Aprile 2014

Trust ed iscrizione nel registro delle imprese

di Luigi Ferrajoli
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Con la sentenza n. 43/14 Cron. del 10/01/2014, il Tribunale di Frosinone ha ordinato l’iscrizione nel Registro delle Imprese competente dell’atto di cessione di quote sociali in favore del trustee, di nazionalità italiana, di un trust interno.

Nel caso in esame il notaio rogante ha depositato in data 7/10/2013 ricorso, ex articolo 2189, comma 3, Cod.Civ., avverso il rifiuto di iscrizione nel Registro delle Imprese avanti il Giudice del Registro.

Il Tribunale di Frosinone, riprendendo le argomentazioni ormai consolidatesi della giurisprudenza di merito, ha ritenuto ormai superata ogni perplessità circa l’ammissibilità del trust interno nel nostro ordinamento e, pertanto ha accolto il ricorso proposto e ha ordinato la relativa iscrizione dell’atto oggetto di causa.

Sul punto è bene ricordare che il trust è uno strumento negoziale di origine anglosassone che ha ricevuto nell’ordinamento italiano un espresso riconoscimento legislativo con la ratifica della “Convenzione sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento” adottata a l’Aja 1/7/1985 e ratificata dall’Italia con la L. 464/1989.

A seguito di tale ratifica è sorto il problema dell’ammissibilità del trust meramente interno, figura che ricorre allorquando i soggetti coinvolti ed i beni interessati sono italiani ed è solo la legge scelta dal disponente ad essere straniera.

Parte della dottrina ritiene inammissibile il cosiddetto trust interno poiché avrebbe comportato una violazione dell’articolo 2740 Cod.Civ., quale norma italiana inderogabile o di applicazione necessaria, in frode ai creditori, nonché una violazione del principio della tipicità dei diritti reali e della tendenziale tassatività degli atti soggetti a trascrizione.

L’altra parte della dottrina e la prevalente giurisprudenza di merito hanno ritenuto che il trust interno invece fosse ammissibile proprio sulla base delle disposizioni contenute nella Convenzione dell’Aja con il solo limite che gli effetti perseguiti non si pongano in contrasto con quelli dell’ordinamento giuridico italiano.

Innanzitutto si rileva la condivisa recessività del principio del numerus clausus dei diritti reali, a fronte del riconoscimento di plurimi statuti proprietari e, dunque, anche di una proprietà particolarmente conformata, quale quella attribuita al trustee (Tribunale di Urbino, sentenza 11/11/2011).

In secondo ordine si osserva che l’effetto segregativo è previsto proprio dalla Convenzione in deroga all’ordinamento e che l’articolo 11 della L. 364/1989 deve ritenersi eccezione di fonte legislativa al principio della responsabilità limitata.

Nell’ordinamento italiano ci sono plurime ipotesi di segregazione patrimoniale, di patrimoni destinati e di patrimoni separati: ad esempio in tema di fondo patrimoniale, gli articoli 167 ss. Cod.Civ. vincolano alle esigenze della famiglia i beni costituiti in fondo patrimoniale, sui quali possono soddisfarsi solo i creditori indicati all’articolo 170 Cod.Civ.; in tema di mandato articolo 1707 Cod.Civ. prevede un meccanismo di separazione per i beni mobili o i crediti acquistati in proprio dal mandatario per conto del mandante in forza di atto avente data certa anteriore al pignoramento; in tema di rendita vitalizia l’articolo 1881 Cod.Civ. prevede che può divenire “patrimonio separato” la rendita vitalizia costituita a titolo gratuito nei limiti del bisogno alimentare del beneficiario (Tribunale di Bologna sentenza n. 4545 del 1/10/2003).

Non esistono dunque effettivi ostacoli ordinamentali all’ammissibilità di trust interni, ma il Giudice ha il potere-dovere di negare il riconoscimento al trust ogni qualvolta dall’esame dello specifico programma, si ravvisi un intento in frode alla legge o comunque in contrasto con l’ordinamento interno (Tribunale Reggio Emilia, sentenza 14/5/2007).

In conclusione si può affermare che i trust “interni” sorgono in conseguenza della scelta, da parte del settlor, di una legge regolatrice idonea; la scelta è da ritenersi libera e legittima ex articolo 6 della Convenzione; secondo la regola generale di cui all’articolo 11, i trust istituiti in conformità alla legge determinata in base al Capitolo II devono essere riconosciuti come tali; in forza degli articoli 15, 16 e 18, qualora i trust riconosciuti producano effetti contrastanti con norme inderogabili o di applicazione necessaria della lex fori o con principi di ordine pubblico del foro, l’applicazione della legge straniera dovrà cedere il passo a quella della legge interna; infine, ex articolo 13, qualora un trust “interno”, regolato da legge straniera, produca effetti ripugnanti per l’ordinamento che non siano colpiti dagli articoli 15, 16 e 18, è possibile negare tout court il riconoscimento.