24 Ottobre 2013

Transfer pricing: il margine negativo della vendita di un solo prodotto non sempre giustifica l’accertamento

di Fabio Landuzzi
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La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia con la sentenza n.56 del 9 maggio 2013 ha ritenuto illegittimo l’accertamento emesso dall’Amministrazione Finanziaria che era volto a recuperare a tassazione un imponibile dovuto a presunti maggiori ricavi non dichiarati e riferiti a vendite effettuate da una società ad imprese appartenenti allo stesso gruppo; la fattispecie si inquadra nell’ambito della disciplina dei prezzi di trasferimento e nel contesto normativo di cui all’articolo 110, commi 2 e 7 del Tuir.

L’Amministrazione aveva infatti accertato un maggiore imponibile sostenendo che le vendite effettuate dalla società ad altre consociate non sarebbero avvenute nel rispetto del principio di libera concorrenza, poiché il prezzo di listino applicato alla vendita del prodotto sarebbe stato pressoché pari ai costi di produzione, realizzando così un margine quasi prossimo allo zero o addirittura negativo. L’Amministrazione aveva altresì introdotto nel giudizio di appello anche una motivazione in termini di presunta antieconomicità dell’operazione.

La CTR della Lombardia rileva in primo luogo che l’accertamento dell’Amministrazione si basa su di un mero conto aritmetico, che ha valore di presunzione semplice, senza aver invece dimostrato in concreto il fondamento della pretesa; infatti, emerge che non si è tenuto conto nella motivazione addotta nell’accertamento della reale incidenza dei costi fissi di produzione che la vendita di questo prodotto ha invece consentito di assorbire, contribuendo così alla creazione di una marginalità operativa nient’affatto negativa. Il ragionamento tecnico svolto dai Giudici è assai apprezzabile in quanto riconosce un concetto aziendalistico fondamentale, ma spesso ignorato sul fronte fiscale; ossia, che una concreta e reale valutazione della marginalità operativa delle vendite deve essere compiuta considerando una configurazione di “costo marginale” e non di semplice “costo medio” della produzione, poiché l’effetto di assorbimento dei costi fissi può effettivamente portare ad avere convenienza a vendere prodotti con apparente marginalità più bassa, ma in realtà caratterizzati da una soddisfacente redditività poiché gravati essenzialmente da soli costi variabili.

Inoltre, nel caso di specie la contribuente aveva dimostrato che, seppure in un contesto altamente competitivo, essa aveva prodotto complessivamente un risultato positivo di bilancio il che stride con la contestazione di un presunto comportamento antieconomico.

L’insieme di queste considerazioni ha così indotto la CTR della Lombardia a confermare l’annullamento dell’accertamento, nell’assunto che l’Amministrazione si sarebbe basata sulla estrapolazione dei dati delle vendite di un solo prodotto, senza considerare un raffronto con i prezzi di vendita dei concorrenti, bensì facendo solo una valutazione teorica priva dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.

Il caso in esame è di sicuro interesse per le imprese appartenenti a gruppi multinazionali, in quanto prende atto anche in ambito fiscale della legittima logica economica che può indurre l’impresa a seguire un approccio complessivo e strategico nella fissazione dei prezzi di vendita, anche accettando di limitare la profittabilità su alcuni prodotti, ma nell’ottica di ottimizzare il rendimento complessivo del suo portafoglio di prodotti; si tratta del concetto che viene affermato anche nelle Linee Guida Ocse sui prezzi di trasferimento e che porta il nome di “portfolio approach”. In sostanza, la valutazione dei prezzi di trasferimento nell’ottica del principio di libera concorrenza non dovrebbe prescindere dal tenere in adeguata considerazione le “condizioni economiche” delle vendite e le “strategie” della società; per cui, una valutazione della congruità fiscale dei prezzi applicati nelle transazioni infragruppo può legittimamente passare attraverso una valutazione combinata e complessiva delle vendite, e non necessariamente arrestarsi su singole transazioni autonomamente considerate che potrebbero, se trattate in modo isolato, far apparire l’esistenza di profili elusivi o di antieconomicità che potrebbero essere nella realtà inesistenti.