19 Maggio 2015

Terreni rivalutati: valore di perizia vincolante per il fisco

di Massimo Conigliaro
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La giurisprudenza di merito segna un altro punto a favore del contribuente nella querelle relativa alla vendita di terreni edificabili ad un prezzo inferiore al valore della perizia di rivalutazione. Stavolta è la CTR Milano, Sezione Staccata di Brescia (sezione n. 64, sentenza n. 1064 del 17.3.2015) che, nel riformare la sentenza di primo grado, precisa che il contribuente può legittimamente sostituire il costo o il valore iniziale del bene, determinato in base a una perizia giurata di stima appositamente redatta a tal fine. Il valore di acquisto così rideterminato rimane fissato come valore normale minimo di riferimento ai fini della imposte sui redditi, dell’imposta di registro e dell’imposta ipotecaria e catastale. “Da ciò è lecito dedurre – si legge nella sentenza dei giudici bresciani – che in virtù di tale rideterminazione si costituisca un vincolo sia per il contribuente, sia per l’ufficio: a maggior ragione in quanto quello stesso ammontare è assunto a valore finale nel computo dell’imposta sostitutiva che il proprietario è tenuto a versare, nella misura del 4% sul valore come sopra determinato…La successiva vendita per un prezzo inferiore non ha altro effetto, se non quello di dare luogo a una minusvalenza che preclude l’applicazione dell’imposta, dunque infondatamente pretesa dall’ufficio”.

Tale orientamento ribadisce quanto già affermato in precedenza dalla
Commissione Tributaria Regionale di Milano con la sentenza n. 169 del 11 novembre 2011, che ha stabilito che la rivalutazione di un suolo edificabile ex art. 1 L. 448/2001 è efficace ai fini della
neutralizzazione della plusvalenza tassabile ex art 81 del TUIR. Solo se i ricorrenti avessero riferito di volere attribuire – in concreto – ai fini fiscali un minore valore a quelli di stima avrebbero avuto l’onere di
motivare nel senso voluto dalla circolare citata da entrambe le parti. Negli stessi termini si sono espresse in passato la
Commissione Tributaria Provinciale di Alessandria n. 11 del 12.2.2009 e la
Commissione Tributaria Provinciale di Treviso n. 5 del 10.1.2013.

Ancora, la Commissione Tributaria Regionale, Milano, Sez. XIX, con la  Sentenza n. 449 del 28 gennaio 2014, aveva chiarito che ove il contribuente deroghi al valore minimo di riferimento, rispetto al quale ha versato l’imposta sostitutiva prevista dalla legge, dichiarando un valore inferiore a quello minimo, egli non deve versare (sulla base della sua dichiarazione) alcuna maggiore imposta, posto che, essendo il valore dichiarato addirittura inferiore al valore minimo, non potrà emergere alcuna plusvalenza.

Il principio è stato ribadito dalla Commissione Tributaria Provinciale di Catania in più occasioni (sentenza n. 635 depositata il 20 giugno 2014; n. 10582/10/14 del 4.12.2014 e n. 102/10/15 del 8.1.2015), che ha stabilito che, ove il contribuente deroghi al valore minimo di riferimento, rispetto al quale ha versato l’imposta sostitutiva prevista dalla legge, dichiarando un valore inferiore a quello minimo, egli non deve versare (sulla base della sua dichiarazione) alcuna maggiore imposta, posto che, essendo il valore dichiarato addirittura inferiore al valore minimo, non potrà emergere alcuna plusvalenza. Né l’indicazione di un valore diverso nell’atto può comportare un’implicita rinuncia al beneficio fiscale.

Anche la Commissione Tributaria Provinciale di Siracusa (sentenza n. 205/04/15 del 14.1.2015) accogliendo il ricorso di un contribuente ha osservato che lo stesso “ha scrupolosamente osservato la condizione prevista dalla legge ed il valore determinato costituisce, per il terreno di che trattasi, il valore minimo, valore posto a base per la determinazione sia delle plusvalenze che delle minusvalenze”.

La questione, come è noto, tra origine dall’art. 7 delle legge 448/2001, che nell’introdurre la possibilità di rideterminazione dei valori di acquisto dei terreni edificabili, ha espressamente previsto che agli effetti della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze di cui all’art. 81, comma 1, lettere a) e b), del TUIR per i terreni edificabili può essere assunto, in luogo del costo o valore di acquisto, il valore determinato sulla base di una perizia giurata di stima, a condizione che il predetto valore sia assoggettato ad una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi. Secondo quanto disposto nei commi da 2 a 6 la rideterminazione del valore di acquisto dei terreni … costituisce valore normale minimo di riferimento ai fini delle imposte sui redditi …”.

L’art. 67 del TUIR (ex art. 81) al primo comma prevede che “sono redditi diversi … b) … le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”.

Il successivo articolo 68 prevede che “Le plusvalenze di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 67 sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo … Il costo dei terreni suscettibili d’utilizzazione edificatoria di cui alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 67 è costituito dal prezzo di acquisto aumentato di ogni altro costo inerente, rivalutato in base alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati nonché dell’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili”.

Il dato normativo appare chiaro. L’Agenzia delle Entrate, però, sulla base di circolari non condivisibili, emette accertamenti che la giurisprudenza continua a ritenere
illegittimi ed infondati.