11 Ottobre 2016

Tra la società e i soci non si configura il litisconsorzio IVA

di Roberto Bianchi
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L’emersione, a seguito di una verifica generale da parte dell’Agenzia delle Entrate, di maggiori redditi rilevanti nei confronti di una società personale in merito all’imposta sul valore aggiunto non comporta, qualora contestati dal contribuente, l’innesco di una tipologia di litisconsorzio necessario, per l’assenza di un dispositivo, equivalente a quello previsto ai fini delle imposte su redditi, in grado di imputare i redditi della società ai soci per trasparenza, in relazione alla partecipazione degli stessi agli utili (D.P.R. 917/1986, articolo 5). In questi termini si è espressa la Corte di Cassazione attraverso la sentenza n. 18690 depositata in cancelleria il 23/09/2016.

In precedenza la C.T.R. della Puglia aveva riformato la sentenza emessa dalla C.T.P., che aveva accolto i ricorsi ricongiunti depositati da una s.a.s. e da un solo componente la compagine sociale.

Relativamente al ricorso per Cassazione proposto dal singolo socio, la suprema Corte ha ritenuto che dovesse essere vagliata la questione della corretta instaurazione del contraddittorio in presenza di un litisconsorzio necessario ex articolo 102 c.p.c. e della conseguente declaratoria di nullità della sentenza emessa nel processo di appello.

Dall’esame degli atti e del ricorso risultava difatti che il giudizio si era svolto per iniziativa esclusiva e nei soli confronti della società e del socio ricorrente, senza che risultasse integrato il contraddittorio con tutti i componenti della compagine sociale per l’anno oggetto di verifica.

La Cassazione ha concluso che l’unitarietà dell’accertamento, che è il presupposto della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone, di quelle dei singoli soci e della conseguente imputazione dei maggiori redditi a ciascuno di essi per trasparenza, proporzionalmente alla percentuale di partecipazione agli utili sociali, comporta la configurabilità di un litisconsorzio necessario tra tutti i contribuenti ai quali il medesimo atto impositivo fa riferimento. Nel caso in cui venga depositato il ricorso da uno dei soci o dalla società, la controversia, a esclusione del caso in cui i soci rappresentino specifiche vicende personali, non ha pertanto, quale oggetto, la singola posizione debitoria dello specifico ricorrente, ma i fattori comuni della fattispecie costitutiva del vincolo tributario. Il giudice, investito del ricorso proposto da uno (o da alcuni) soltanto dei soggetti coinvolti, deve procedere all’integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’articolo 14 del D.Lgs. 546/1992, pena la nullità assoluta della sentenza. La questione inerente il difetto di contraddittorio è rilevabile anche d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento (Cassazione SS.UU. sentenza n. 14815/2008 e Cassazione sentenza n. 2907/2010).

Per ciò che concerne l’imposta sul valore aggiunto, al contrario, non si determina automaticamente il litisconsorzio necessario, fatta salva la circostanza in cui l’Amministrazione finanziaria abbia proceduto ad accertare, attraverso un avviso di accertamento unitario, le imposte sul reddito, l’IVA e l’IRAP, con aspetti ai fini IVA non passibili di autonoma definizione in funzione di circostanze specifiche.

Relativamente al litisconsorzio necessario l’articolo 14 del D.Lgs. 546/1992 prevede espressamente la circostanza nella quale l’oggetto del ricorso afferisca inscindibilmente a più soggetti sancendo che, in tale contesto, la controversia non può essere risolta limitatamente ad alcuni di essi e disponendo la chiamata in causa dei contribuenti che non rientrano tra quei soggetti, nell’interesse dei quali, il ricorso è stato depositato. Tuttavia tutto ciò non aiuta a comprendere quando si manifestano i suddetti casi di inscindibilità che devono trovare i loro presupposti in specifiche previsioni normative o nel carattere plurisoggettivo delle circostanze sostanziali. Sebbene in dottrina si ritenessero molto rare situazioni siffatte in materia tributaria, anche per l’esclusione, acclarata in diritto privato, che la solidarietà tra condebitori desse luogo a litisconsorzio necessario, la giurisprudenza di legittimità ha valorizzato tale istituto quale strumento in grado di appagare l’esigenza specifica della disciplina tributaria di rimuovere ogni ingiustificata disparità di trattamento, in contrasto con i principi espressi dagli articoli 3 e 53 della Costituzione, considerandolo uno strumento imprescindibile per attuare il valore primario dell’uguaglianza del contribuente nel concorrere alle spese pubbliche, a parità di capacità contributiva. Il litisconsorzio necessario sussiste pertanto quando l’atto impositivo contiene elementi comuni a una pluralità di soggetti obbligati, e siano proprio quegli specifici elementi a essere oggetto di contestazione all’interno del ricorso (Cassazione SS.UU. n. 1052/2007, Cassazione n. 22523/2007).

Chiarita la circostanza secondo la quale, in vigenza di contenziosi scaturenti da impugnazioni di avvisi di accertamento relativi alle imposte sui redditi, tra società di persone e soci vige il litisconsorzio necessario, il contenzioso deve compiersi ineluttabilmente con la partecipazione sia dell’ente sia dei titolari delle quote sociali. Nell’ipotesi in cui il ricorso non sia stato depositato da alcuni dei litisconsorti, il giudice è tenuto a disporre l’integrazione del contraddittorio e, qualora non operasse in questo senso, la C.T.R. adita deve rimettere la causa in primo grado, per consentire l’osservanza del vincolo litisconsortile.

Il principio appena affermato, tuttavia, non trova applicazione ai fini IVA, in quanto, come chiarato dalla suprema Corte attraverso la sentenza in commento (conformi Cassazione sentenza n. 6897/2011 e n. 21713/2010), il menzionato tributo, a differenza dell’IRPEF, non viene attribuito ai soci per trasparenza, rivelandosi un’imposta propria della società e, di conseguenza, non si palesa l’inscindibilità della situazione giuridica soggettiva che rappresenta il presupposto che genera il litisconsorzio.

Gli ermellini, nella sentenza n. 21713/2010 hanno affermato, in merito all’imposta sul valore aggiunto, che la natura solidale dell’obbligazione dei soci, sancita dall’articolo 2291 cod. civ., non consente di propendere per il litisconsorzio necessario, considerato che la solidarietà tributaria, per genetica propria, è in grado di originare, nella migliore delle ipotesi, un litisconsorzio facoltativo, ma in nessuna circostanza un litisconsorzio necessario in quanto l’articolo 1306 cod. civ. prevede l’estensione del giudicato favorevole al coobbligato che non è intervenuto nella causa e che dispone della facoltà di opporla al creditore.

Di conseguenza, i soci hanno il diritto di chiedere di partecipare al processo, nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 14 del D.Lgs. 546/1992, con l’obiettivo di evidenziare tutti i vizi e i limiti dell’accertamento subito dalla società. Tuttavia il disertato intervento non è in grado di generare gli effetti del litisconsorzio in precedenza menzionato.

Infine, sempre a parere della Suprema Corte, il legame che è possibile riscontrare tra le imposte reddituali e l’IVA non è comunque in grado di supportare il vincolo litisconsortile, “trattandosi di conseguenza di mero fatto, inidonea a fondare una legittima deroga ai principi anzidetti”.

 

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