22 Settembre 2014

Ritenuta del 30% sui compensi delle imprese estere

di Ennio VialVita Pozzi
Scarica in PDF
Una questione spesso trascurata dagli operatori attiene alla necessità di applicare una
ritenuta del
30% sulla
parte imponibile dei
compensi percepiti da
soggetti non residenti. La previsione è contenuta nell’
art. 25 del Dpr n. 600/73.
Il comma 2, in particolare, prevede che se i
compensi e le altre somme di cui al comma precedente sono corrisposti a soggetti non residenti, deve essere operata una
ritenuta a titolo d’imposta nella misura del 30%, anche per le prestazioni effettuate nell’
esercizio di
imprese. Ne sono esclusi i compensi per prestazioni di lavoro autonomo effettuate all’estero e quelli corrisposti a stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti.
Il riferimento al comma precedente è fatto per l’appunto ai
compensi di natura professionale.
La norma richiede diversi approfondimenti. Innanzitutto, è essenziale capire se essa trovi applicazione solamente in ipotesi di
compensi erogati a
professionisti o se debba applicarsi anche in ipotesi di prestazioni erogate da imprese non residenti, aventi tuttavia natura di compensi. Si pensi ai casi di
consulenze erogate da società come i servizi di
tipo informatico e amministrativo.
Sul punto il dato letterale del comma 2 non lascia spazio a dubbi: la
ritenuta deve essere
applicata.
Peraltro, si deve ricordare che ai sensi dell’art. 152, comma 2 del Tuir, i
soggetti non residenti sono tassati in Italia sulle diverse
categorie di reddito alla stregua di una persona fisica o di un ente non commerciale: ciò comporta che il compenso percepito non sia qualificabile come un reddito di impresa ma piuttosto come un reddito di
lavoro autonomo.
Ovviamente, le previsioni del Dpr n. 600/73 devono essere coordinate con le regole di tassazione indicate nel Tuir. L’art.
23 del Tuir, in particolare, stabilisce quali sono le tipologie reddituali che i non residenti producono in Italia. Nella lista troviamo alla lettera d) i redditi di
lavoro autonomo derivanti da attività
esercitate nel
territorio dello
Stato.
Pertanto, l’iter logico da seguire è il seguente.
Innanzitutto, si esamina
l’art. 3 del Tuir che, in relazione ai soggetti non residenti, prevede la tassazione in Italia solamente sui
redditi prodotti nel territorio dello
Stato.
Il secondo
step è quello di esaminare
l’art. 23 del Tuir che contiene l’elenco delle fattispecie.
E’ bene evidenziare come
non siano soggetti a
tassazione in Italia i compensi per
attività svolte
all’estero. Sul punto il Dpr n.600/73 è perfettamente coerente in quanto non prevede l’applicazione della ritenuta.
La
ritenuta è
omessa anche se i compensi sono corrisposti ad una
stabile organizzazione. Attenzione, tuttavia, che stiamo parlando della ritenuta del
30%. Se la stabile organizzazione è relativa ad un professionista, la stessa
compilerà il
quadro RE e si avrà l’applicazione della ritenuta del 20% a titolo di acconto.
E’ appena il caso di ricordare che la ritenuta del
30% deve intendersi a
titolo di imposta, come generalmente accade per i soggetti non residenti.
In realtà, se al caso di specie trova applicazione una
convenzione contro le doppie imposizioni in linea con il modello OCSE, la
ritenuta può essere
omessa in quanto la convenzione prevede che le imprese e i professionisti possano essere tassati in Italia solamente in presenza di una
stabile organizzazione. Generalmente, l’erogazione di qualche servizio ad un cliente italiano non comporta la sussistenza della stabile, anche se la prestazione viene erogata in Italia.
Il pagatore italiano, tuttavia, dovrà preoccuparsi di acquisire dal fornitore
idonea documentazione e indicare tali compensi nel modello
770 semplificato. Il quadro di riferimento è quello relativo alle comunicazioni dei dati relativi al
lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi.
In particolare, le istruzioni alla
casella 23 precisano che se il percipiente è un soggetto non residente, il sostituto d’imposta deve indicare le somme
non assoggettate a ritenuta in quanto ha applicato direttamente il regime previsto nelle
convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni sui redditi. In tal caso, il sostituto d’imposta deve
conservare ed esibire o trasmettere, a richiesta dell’
Agenzia delle Entrate, il certificato rilasciato dal competente ufficio fiscale estero attestante la
residenza del percipiente, nonché la documentazione comprovante l’esistenza delle condizioni necessarie per fruire del regime convenzionale. Nel caso in cui esista un modello convenzionale quest’ultimo debitamente compilato sostituisce la predetta documentazione.
Si ricorda, peraltro, che lo scorso anno con il
provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate
7.7.2013 prot. n. 2013/84404 sono stati approvati i nuovi
modelli di domanda per il
rimborso o l’esonero dall’imposta italiana applicata sui redditi tra cui
dividendi, interessi e canoni, corrisposti a
soggetti non residenti. Si tratta di quattro modelli (A, B, C e D) utilizzati rispettivamente nel caso di redditi relativi a dividendi, interessi, canoni e
altre tipologie di reddito erogati a soggetti non residenti in Italia e che posseggono i requisiti previsti dalla specifica Convenzione della quale gli stessi chiedono l’applicazione.