10 Aprile 2017

Riserve in sospensione poco “disponibili” nell’assegnazione agevolata

di Enrico Ferra
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La riapertura dei termini per le agevolazioni contenute nella legge di Bilancio 2017 in relazione alle assegnazioni e cessioni dei beni, trasformazioni in società semplici ed estromissioni dei beni da parte degli imprenditori individuali, offre nuove opportunità per estromettere, a condizioni particolarmente vantaggiose, alcuni cespiti presenti nei bilanci delle imprese, la cui iscrizione potrebbe oggi non risultare più così “pertinente” o conveniente.

Come è stato rilevato, infatti, il momento appare particolarmente interessante per quelle società che in passato hanno sfruttato le diverse leggi di rivalutazione degli immobili e trovano oggi oltremodo difficoltoso il superamento del “test di operatività” di cui all’articolo 30 della L. 724/1994. Allo stesso modo, potrebbe essere questa una buona occasione per le società in liquidazione, soggetti che sostanzialmente hanno “rinunciato” allo scopo lucrativo per avviarsi alla definizione dei rapporti pendenti, ma dal punto di vista fiscale non godono di particolari sconti, tantomeno nell’ambito della disciplina delle società “non operative”. È il caso infatti di ricordare che il citato test prescinde dalla circostanza che il patrimonio aziendale sia di fatto in “disgregazione” ed impone a tali soggetti di ritrarre la medesima redditività presunta nelle ipotesi di continuazione.

Dal punto di vista operativo, non sono poche le variabili in gioco. Nel caso dell’assegnazione, occorrerà tenere conto, ad esempio, dell’impatto derivante dalla fuoriuscita degli immobili dalla società sulla capienza del patrimonio netto, sugli equilibri interni alla compagine societaria e, in alcuni casi, sulle disponibilità finanziarie dei soggetti interessati.

L’ultimo intervento dell’Agenzia delle Entrate, con la circolare 37/E/2016, ha sicuramente risolto il grosso dubbio legato alla tassazione delle riserve in sospensione d’imposta che aveva di fatto paralizzato molte operazioni pensate nel corso del 2016. L’Agenzia ha infatti chiarito che l’imposta sostitutiva del 13% assolta dalla società sulle “riserve in sospensione d’imposta annullate per effetto dell’assegnazione dei beni ai soci” è definitiva e liberatoria anche per i soci di qualsiasi ulteriore tassazione.

Lo stesso documento di prassi ha però contemporaneamente sollevato un ulteriore problema in merito alla gerarchia nell’utilizzo delle riserve.

Si ricorda che dal punto di vista civilistico, muovendo dall’immanente principio della tutela dei terzi, era stato prospettato fin da subito il rigido ordine di utilizzo delle riserve. Partendo dall’orientamento della Corte di Cassazione era stato evidenziato come le disponibilità delle società debbano, in generale, essere intaccate secondo un ordine che tenga conto del grado di facilità con cui la società potrebbe deliberare la destinazione ai soci: in base a tale ordine, il capitale sociale e le riserve di capitale hanno un grado di indisponibilità maggiore rispetto alle riserve legali, a loro volta meno disponibili rispetto a quelle statutarie o facoltative.

Dal punto di vista fiscale, l’ordine imposto dall’articolo 47, comma 1, ultimo periodo, del Tuir, in base al quale si presumono prioritariamente distribuiti l’utile e le riserve di utili, è stato invece scardinato dalla norma agevolativa nella parte in cui prevede che “nei confronti dei soci assegnatari non si applicano le disposizioni di cui ai commi 1, secondo periodo, e da 5 a 8 dell’articolo 47 […]”.

Di conseguenza, in base ai principi enunciati l’ordine di utilizzo delle riserve dovrebbe essere il seguente:

  • in base ai criteri civilistici, il capitale e le riserve di capitali non possono essere intaccati in presenza di riserve legali, le quali non possono a loro volta essere utilizzate laddove residuino riserve statutarie o facoltative;
  • in base ai criteri fiscali contenuti nelle norme in materia di assegnazione, le riserve di utili e le riserve di capitali possono essere utilizzate senza la necessità di rispettare un preciso ordine.

Il quadro, tuttavia, è stato complicato perché all’interno della stessa circolare l’Agenzia introduce una nuova gerarchia nell’utilizzo delle riserve non ipotizzata nella norma istitutiva, ossia la possibilità di utilizzare le riserve in sospensione d’imposta solo in via residuale, dopo cioè aver utilizzato le riserve di utili e le riserve di capitali.

Dopo aver chiarito che l’imposta sostitutiva del 13% segue l’esclusiva rilevanza delle scelte contabili effettuate in sede di assegnazione, a prescindere dal valore normale/catastale del bene, l’Agenzia precisa che se, da un lato, rileva l’ammontare delle riserve effettivamente annullate, dall’altro, il contribuente può utilizzare le riserve in sospensione d’imposta solo “dopo aver utilizzato le altre (riserve di utili e di capitale) già disponibili”.

Pertanto, chi volesse porre in essere eventuali assegnazioni sfruttando prioritariamente le riserve in sospensione d’imposta (fiscalmente qualificabili comunque riserve di utili) non può non tenere conto di tale diversa interpretazione offerta dall’Amministrazione finanziaria esponendosi, di conseguenza, ad eventuali contestazioni.

Fiscalità diretta e indiretta e profili internazionali della società semplice