26 Agosto 2014

Riforma del catasto: i valori sono da aggiornare, ma la tassazione rimane insostenibile!

di Massimo Conigliaro
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Sono ben 63 milioni le unità immobiliari che saranno oggetto di ricognizione per l’annunciata riforma del catasto. L’operazione si preannuncia complessa ed occorreranno sicuramente anni (cinque, secondo le stime del Direttore dell’Agenzia del Territorio) per arrivare alla conclusione, ma in questo momento l’argomento è di attualità per la recente approvazione da parte della Commissione Finanze del Senato del primo dei decreti attuativi che riguarda la riorganizzazione delle Commissione Censuarie, avviando così il percorso delineato dalla Legge Delega n. 23 del 11 marzo 2014. Al momento il dibattito è incentrato sulla adeguata rappresentanza delle categorie professionalmente interessate al mercato immobiliare, al fine di una condivisa validazione dei valori da attribuire agli immobili.

Le ragioni della riforma sono semplici e, probabilmente, note a tutti: il valore fiscale degli immobili – sul quale si basa la tassazione – è di gran lunga inferiore a quello commerciale. Questo è accaduto perché in molti casi gli immobili ubicati nei centri storici si trovano in zone che originariamente erano di tipo popolare, ma che nel corso degli anni hanno beneficiato di importanti opere di riqualificazione. Inoltre la maggior parte di questi immobili è classificata, per ciò che riguarda la categoria catastale attribuita, come “popolare”. In realtà, si tratta spesso di immobili che nel tempo hanno assunto caratteristiche di pregio. In questo senso, il caso dei recuperi dei centri storici di molte città è emblematico: oggi abbiamo immobili bellissimi, oggetto di importanti opere di ristrutturazione che catastalmente valgono davvero poco. In altre zone, però, può essersi realizzato l’esatto l’opposto con periferie nate con grandi velleità, costruzioni dignitose e poi il degrado urbano che tanti Comuni conoscono.

Tra i criteri per la determinazione del valore catastale la delega indica, in particolare, la definizione degli ambiti territoriali del mercato, nonché la determinazione del valore patrimoniale utilizzando il metro quadrato come unità di consistenza in luogo del numero dei vani. E’ assicurato il coinvolgimento dei comuni nel processo di revisione delle rendite, anche al fine di assoggettare a tassazione gli immobili ancora non censiti. La riforma deve avvenire a invarianza di gettito, tenendo conto delle condizioni socio-economiche e dell’ampiezza e composizione del nucleo familiare, così come riflesse nell’ISEE, da rilevare anche attraverso le informazioni fornite dal contribuente, per il quale sono previste particolari misure di tutela anticipata in relazione all’attribuzione delle nuove rendite, anche nella forma dell’autotutela amministrativa. E’ previsto un meccanismo di monitoraggio da parte del Parlamento del processo di revisione delle rendite.

A garanzia dei saldi di bilancio, dalla riforma non devono derivare nuovi o maggiori oneri: conseguentemente dovranno essere utilizzate prioritariamente le strutture e le professionalità già esistenti nell’ambito delle amministrazioni pubbliche. Al riguardo la legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 286) autorizza la spesa di 5 milioni per il 2014 e di 40 milioni per ciascuno degli anni dal 2015 al 2019 al fine di consentire la realizzazione della riforma del catasto.

Nel corso dell’esame al Senato è stata riformulata la previsione di un regime fiscale agevolato per la messa in sicurezza degli immobili, nel senso di prevedere un regime agevolato per la realizzazione di opere di adeguamento degli immobili alla normativa in materia di sicurezza e di riqualificazione energetica e architettonica.

Non c’è dubbio che da un punto di vista di politica fiscale, tale riforma appare giustificata, anche se rimane sempre attuale l’interrogativo se vada maggiormente tassato il patrimonio (che comporta costi di manutenzione significativi) ovvero il reddito che da questo si ritrae (basso o nullo in periodi come quello attuale, con moltissimi immobili sfitti): oggi la pressione fiscale è sempre maggiore per entrambi.

Se guardiamo, quindi, al contesto generale di grave crisi economica e di elevatissimo prelievo tributario, il risultato di questa operazione può risultare insostenibile. L’aumento dei tributi locali – che già abbiamo patito con le rendite attuali – sarà ancora più evidente con l’aggiornamento dei dati catastali che porterà ad un aumento della base imponibile.

La nuova rendita sarà determinata partendo dai valori locativi annui espressi al metro quadrato, cui si applicherà una riduzione dovuta alle spese di manutenzione straordinaria, amministrazione, assicurazioni, adeguamenti tecnici, ecc. Il valore annuo del metro quadrato così rideterminato dovrà essere moltiplicato per la superficie ed il dato così ottenuto costituirà la nuova rendita catastale. Si terrà conto anche di una serie di parametri quali: le scale, l’anno di costruzione del fabbricato, il piano, l’esposizione, l’affaccio, l’esistenza dell’ascensore, il riscaldamento centrale o autonomo, lo stato di manutenzione.

Il percorso è stato appena avviato e si presenta complesso e articolato. Staremo a vedere quando – e soprattutto come – giungerà a destinazione.