10 Dicembre 2014

Revisione legale: indipendenza, nomina e revoca- parte 1

di Luca Dal Prato
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Recentemente la giurisprudenza si è espressa sull’inosservanza dei doveri di vigilanza imposti ai sindaci, stabilendone la responsabilità penale per concorso omissivo nei reati commessi dagli amministratori, ove i sindaci non esercitino le funzioni di controllo secondo la diligenza richiesta. In particolare, la sentenza n. 13517 del 13 giugno 2014 della Cassazione ha sancito la responsabilità dei sindaci che non abbiano segnalato all’assemblea o al pubblico ministero i propri dubbi sulla regolarità di operazioni compiute dagli amministratori e abbiano poi portato al fallimento la società. L’operato dei sindaci è quindi tornato di attualità e, con l’intervento di oggi, inauguriamo una serie di articoli mirati a commentare le principali attività poste in essere dal sindaco di società, con riferimenti sia alla funzione di revisione legale dei conti sia alla funzione di controllo di legalità. Inizieremo parlando di due cardini della revisione legale, ossia l’indipendenza e le regole di conferimento, revoca e dimissioni dell’incarico.

Il requisito di indipendenza è trattato negli artt. 10, 17 e 18 del D.Lgs. n. 39/2010 e distingue gli enti di interesse pubblico dalle altre società.

Negli enti di interesse pubblico (artt. 17-18) occorre tener conto di tre fattori, quali durata dell’incarico, l’indipendenza economica e le regole di trasparenza. La durata dell’incarico è pari a nove esercizi per le società di revisione, sette esercizi per i revisori e non può essere rinnovato o nuovamente conferito se non siano decorsi almeno tre esercizi dalla data di cessazione del precedente. Il requisito dell’indipendenza può invece essere così riassunto: maggiore è la dipendenza economica del revisore per la fornitura di servizi (anche di tipo differente dalla revisione) maggiore è il rischio che il revisore non sia indipendente nel giudizio, in quanto potrebbe perdere il cliente. Le regole di trasparenza sono infine trattate nell’art. 18 del D. Lgs. n. 39/2010.

Nelle altre società, in linea di principio, il revisore non deve essere coinvolto nel processo decisionale della società revisionata. L’art. 10 definisce i rapporti che possono compromettere il requisito di indipendenza del revisore, stabilendo che “il revisore legale e la società di revisione legale non effettuano la revisione legale dei conti di una società qualora tra tale società e il revisore legale o la società di revisione legale o la rete sussistano relazioni finanziarie, d’affari, di lavoro o di altro genere, dirette o indirette, comprese quelle derivanti dalla prestazione di servizi diversi dalla revisione contabile, dalle quali un terzo informato, obiettivo e ragionevole trarrebbe la conclusione che l’indipendenza del revisore legale o della società di revisione legale risulta compromessa”. Anche il corrispettivo non può essere subordinato ad alcuna condizione (i.e. in funzione dei risultati della revisione) e deve garantire la qualità del lavoro. Per quanto riguarda il rapporto tra compenso e indipendenza, si è cercato di fissare dei limiti anche con algoritmi e soglie percentuali, sostenendo che si è indipendenti se il fatturato del professionista, derivante dalla singola società revisionata, è inferiore a determinate percentuali. Tuttavia, al momento, non vi sono interpretazioni ufficiali. In sintesi, l’indipendenza richiesta dal D. Lgs. n. 39/2010 è diversa da quella del codice civile, che fornisce condizioni di ineleggibilità/decadenza di tipo personale, familiare e contrattuale.

L’art. 13 del D. Lgs. n. 39/2010 disciplina invece le fattispecie di conferimento, revoca, dimissioni dall’incarico. Durante la vita societaria, l’indicazione del revisore esterno si basa sulla proposta motivata dell’organo di controllo, mentre la delibera assembleare conferisce l’incarico di revisione e determina il corrispettivo spettante al revisore. E’ quindi il Collegio sindacale (non incaricato della revisione) promotore della fase istruttoria del processo di scelta di un nuovo revisore, sulla base di variabili come l’apprezzamento della struttura organizzativa, l’idoneità tecnica e l’indipendenza, la valutazione del piano di revisione predisposto nonché dei compensi. Mentre per gli enti di interesse pubblico è previsto un limite massimo al rinnovo, consecutivo, dell’incarico (nove anni, per le società di revisione; sette anni, nel caso di revisori esterni persone fisiche; entrambi seguiti da tre anni di pausa) per le altre società non è previsto alcun vincolo o divieto. Si deve quindi ritenere che il rinnovo (sempre per trienni) possa anche ripetersi sine die, tuttavia, per ragioni di prudenza, non si dovrebbe eccedere oltremisura con la durata dell’incarico.

La revoca dell’incarico (ex art. 3 del D.M. n. 261/2012) è una facoltà concessa all’assemblea ordinaria dei soci, la quale può revocare l’incarico, sentito l’organo di controllo, quando ricorra una giusta causa, provvedendo contestualmente a conferire l’incarico a un altro revisore. In particolare, l’organo di amministrazione comunica per iscritto al revisore la presentazione all’assemblea della proposta di revoca per giusta causa, esplicitandone i motivi. L’assemblea, acquisite le osservazioni formulate dal revisore e sentito l’organo di controllo (i.e. Collegio sindacale o Comitato di controllo sulla gestione) revoca l’incarico e provvede contestualmente a conferire un nuovo incarico a un altro revisore. Il successivo art. 4 elenca le cause di giusta revoca, tra cui si segnalano il cambio del revisore del gruppo cui appartiene la società assoggettata a revisione, la sopravvenuta inidoneità del revisore o gravi inadempimenti del revisore, la compromissione dell’indipendenza e la sopravvenuta insussistenza dell’obbligo di revisione legale per l’intervenuta carenza dei requisiti previsti dalla legge.

Le dimissioni dell’incarico sono regolate dall’art. 13, comma 4, del D. Lgs. n. 39/2010 e dall’art. 6 del D.M. n. 261/2012, i quali prevedono che il revisore possa dimettersi, ove sussista una delle circostanze idonee previste, comunicando le proprie dimissioni al rappresentante legale e al presidente dell’organo di controllo della società revisionata, nei tempi e modi tali da consentire alla società revisionata di provvedere altrimenti, salvo il caso d’impedimento grave e comprovato del revisore. Gli amministratori, a tale scopo, convocano senza ritardo l’assemblea dei soci, affinché la stessa, sentito l’organo di controllo e preso atto delle intervenute dimissioni, provveda a conferire l’incarico a un altro revisore. Le funzioni di revisore continuano a essere esercitate dal medesimo revisore fino a quando la deliberazione del conferimento del nuovo incarico non è divenuta efficace e comunque non oltre sei mesi dalla data di presentazione delle dimissioni. L’art. 5 del D.M. n. 261/2012 elenca le circostanze idonee a motivare le dimissioni, tra cui si annoverano il cambio del soggetto che esercita il controllo della società assoggettata a revisione, il cambio del revisore legale del gruppo cui appartiene la società assoggettata a revisione, il mancato pagamento del corrispettivo, la grave e reiterata frapposizione di ostacoli allo svolgimento delle attività di revisione legale e l’insorgenza di situazioni idonee a compromettere l’indipendenza del revisore.