3 Settembre 2015

Regime speciale Iva in agricoltura: il requisito oggettivo

di Luigi Scappini
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Il regime speciale Iva delineato dagli articoli 34 e 34-bis del DPR n. 633/1972, che si ricorda rappresenta il regime ordinario per il settore agricolo, prevede, ai fini della sua applicabilità, il rispetto dei requisiti soggettivo e oggettivo.

A ben vedere, il Legislatore comunitario prevede un ulteriore requisito di natura quantitativa, infatti, il considerando 49 della Direttiva 2006/112/CE stabilisce che “è necessario lasciare agli Stati la possibilità di continuare ad applicare i loro regimi speciali per le piccole imprese” ragion per cui, sebbene non sia individuato un parametro definito, l’aggettivo descrittivo piccolo lascia poco spazio di manovra.

In effetti, una limitazione di natura quantitativa era prevista anche nel contesto interno, ai sensi del comma 3 dell’articolo 34, secondo cui “Ferma restando la loro applicazione nei confronti dei soggetti di cui alle lettere b) e c) del comma 2, le disposizioni del presente articolo non si applicano ai soggetti che nell’anno solare precedente hanno realizzato un volume di affari superiore a quaranta milioni di lire”.

Tuttavia, tale previsione è sempre rimasta lettera morta in quanto sistematicamente derogata, per poi essere definitivamente abrogata nel 2005.

Tornando ai requisiti richiesti, per quanto concerne il primo, quello soggettivo, ai sensi dell’articolo 34, comma 1, è “sufficiente” essere produttori agricoli come definiti dal successivo comma 2. Si evidenzia come, a differenza di quanto previsto ai fini dell’imposizione diretta, non siano previste restrizioni in ragione della forma societaria prescelta per operare sul mercato.

Da un punto di vista oggettivo, la norma richiede che il produttore agricolo proceda alla cessione di prodotti agricoli e ittici compresi nella prima parte della tabella A allegata al DPR n. 633/1972.

La prima parte della tabella A) contiene prodotti agricoli e ittici che si ricavano dall’agricoltura senza necessità di alcuna manipolazione o trasformazione per essere commercializzati, ovvero, qualora queste manipolazioni o trasformazioni siano necessarie o volute, esse sono tali da rientrare nell’esercizio normale dell’agricoltura.

Infatti, vi rientrano, a titolo esemplificativo e non esaustivo, gli animali vivi, da stalla e da cortile, i pesci provenienti dalla pesca in acque dolci e dalla piscicoltura, le carni di conigli domestici e di volatili da cortile, il latte e i suoi derivati, la frutta, la verdura, il vino, i fiori e il legno grezzo.

Tuttavia, non senza qualche perplessità risultano esclusi dall’applicazione del regime speciale Iva le carni macellate di animali della specie bovina, ovina e caprina, gli insaccati e le marmellate.

La motivazione di tale esclusione risiede nel fatto che tali beni subiscono una trasformazione e quindi perdono la connotazione di beni risultanti dall’attività della produzione agricola.

L’impostazione, che deriva dall’applicazione di quanto previsto dalla normativa comunitaria, fa sì che si possa venire a creare un vero e proprio puzzle di situazioni in capo a uno stesso soggetto.

Pensiamo all’allevatore di suini che procede anche alla produzione e successiva commercializzazione di insaccati.

Per effetto di quanto previsto dall’articolo 32 Tuir, nel caso di rispetto dei parametri individuati da ultimo con il D.M. 18 dicembre 2014, l’allevatore determinerà un reddito agrario.

Anche per quanto concerne la produzione di insaccati, nel rispetto dei requisiti richiesti sempre dall’articolo 32 Tuir, determinerà un reddito determinato su base catastale.

Al contrario, per quanto concerne il regime Iva da applicare alle cessioni dei suini e degli insaccati si determina una separazione in quanto:

  • per quanto riguarda i suini vivi, si renderà applicabile il regime speciale ex articolo 34;
  • per quanto riguarda le carni macellate e gli insaccati, non è applicabile il regime speciale.

Per queste ultime operazioni, in prima approssimazione si aziona il comma 5 dell’articolo 34 DPR n. 633/1972 ai sensi del quale “Se il contribuente, nell’ambito della stessa impresa, ha effettuato anche operazioni imponibili diverse da quelle indicate nel comma 1, queste sono registrate distintamente e indicate separatamente in sede di liquidazione periodica e di dichiarazione annuale”.

In altri termini si verrà a determinare la cd. “impresa mista” all’ulteriore condizione, tuttavia, che tali cessioni di beni non ricompresi nella Parte I della Tabella A non avvengano in via sistematica e abituale. In questi casi, infatti, pensiamo all’ipotesi dell’allevatore che apre anche una macelleria, saremo in presenza di un’attività autonoma in tutto e per tutto, con una sua organizzazione di mezzi e di capitali, da cui ne deriverà anche l’obbligo di separazione delle attività ai sensi ed effetti di cui all’articolo 36 sempre DPR n. 633/1972.