4 Ottobre 2016

Regime IVA della rivendita di beni con indetraibilità a monte

di Marco Peirolo
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Come descritto in un precedente intervento, il regime speciale del margine non può essere applicato in caso di rivendita del bene per il quale sia stata esercitata la detrazione parziale dell’imposta.

In questa ipotesi, se l’indetraibilità discende da una limitazione di tipo oggettivo, cioè riferita al bene, l’articolo 13, comma 4, del D.P.R. 633/1972 dispone che la base imponibile da considerare in sede di rivendita va determinata moltiplicando il corrispettivo per la percentuale di detraibilità. Esemplificando, se la cessione si riferisce ad un veicolo con imposta detratta in sede di acquisto nella misura del 40%, la base imponibile è calcolata in misura pari al 40% del corrispettivo di vendita.

Laddove, invece, l’indetraibilità derivi da limitazioni di ordine soggettivo, come nel caso di pro rata di detrazione o di opzione per la dispensa dagli adempimenti per le operazioni esenti, l’anzidetto criterio di proporzionalità della base imponibile non è applicabile.

In tale situazione, occorre distinguere a seconda che l’imposta assolta “a monte” sul bene oggetto di rivendita non sia stata detratta parzialmente o integralmente.

Nel primo caso (detrazione parziale), stando alla normativa interna, l’IVA è dovuta sull’interno corrispettivo, in applicazione del criterio generale di determinazione della base imponibile previsto dall’articolo 13, comma 1, del D.P.R. 633/1972.

Nel secondo caso (indetraibilità totale), è necessario considerare separatamente l’indetraibilità da pro rata da quella da dispensa dagli adempimenti di fatturazione e di registrazione per le operazioni esenti, siccome la previsione dell’articolo 10, comma 1, n. 27-quinquies) del decreto IVA, che consente di rivendere in esenzione da imposta, è applicabile in tutte le ipotesi di indetraibilità totale, comprese quelle oggettive, tranne che in caso di opzione per la dispensa.

La norma da ultimo richiamata stabilisce che sono esenti da IVA le cessioni che hanno per oggetto beni acquistati o importati senza il diritto alla detrazione totale della relativa imposta ai sensi degli articoli 19, 19-bis1 e 19-bis2. In caso di dispensa dagli adempimenti per le operazioni esenti, l’indetraibilità totale è prevista dall’articolo 36, comma 2, del D.P.R. 633/1972, il quale – non essendo espressamente incluso tra le fattispecie di indetraibilità contemplate dal citato n. 27-quinquies) – esclude che l’operatore possa beneficiare della detassazione in sede di rivendita.

L’Amministrazione finanziaria è giunta a questa conclusione nella considerazione che la natura speciale dell’indetraibilità di cui all’articolo 36-bis rispetto a quella prevista dagli articoli 19, 19-bis1 e 19-bis2 legittima la lettura in chiave formale della norma di esenzione contenuta nel n. 27-quinquies) dell’articolo 10 (risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 16/2007, adesiva alla C.M. n. 328/E/1997, § 1.1.2). Il divieto di detrazione risulta, infatti, connaturato ad un regime di tipo opzionale, vale a dire attivabile a seguito di un’esplicita scelta del contribuente; donde la diversa natura dell’indetraibilità da dispensa rispetto a quella disposta dalle norme che regolano, in via ordinaria, l’esercizio della detrazione.

È il caso, però, di osservare che l’interpretazione offerta dall’Autorità fiscale è opinabile se si considera che, in base alle indicazioni fornite dalla Corte di giustizia (causa C-434/03 del 14 luglio 2005), la rinuncia volontaria al recupero dell’imposta comporta la detassazione della successiva cessione, per cui è evidente che il regime dell’articolo 36-bis del decreto IVA, configurandosi come un regime opzionale, implica – ex se, cioè quale effetto “naturale” – che il soggetto passivo rinunci volontariamente alla detrazione. Da questo punto di vista, non si riscontrano, pertanto, differenze sostanziali tra la rinuncia volontaria conseguente all’opzione per la dispensa dagli adempimenti e quella discendente dalla scelta del contribuente in ordine alla destinazione del bene acquistato.

A completamento dell’analisi proposta, si rammenta che, se la cessione riguarda beni usati, acquistati presso “privati” o, comunque, presso soggetti passivi IVA che non hanno potuto operare la detrazione, si applica il regime del margine di cui all’articolo 36 del D.L. 41/1995.

In pratica, lo status di bene “tassato”, indispensabile per poter applicare il regime speciale, si considera realizzato anche nelle ipotesi in cui il bene sia stato acquistato presso: (i) soggetti IVA che non hanno potuto detrarre l’imposta afferente l’acquisto o l’importazione; (ii) soggetti IVA di altri Paesi UE in regime di franchigia per le piccole imprese; (iii) soggetti IVA che, a loro volta, hanno applicato il regime del margine all’operazione.

In merito alla prima categoria di operatori, cioè i soggetti IVA che non hanno potuto detrarre l’imposta afferente l’acquisto o l’importazione, occorre avere riguardo a tutte le situazioni che determinano la tassazione definitiva del bene nella fase precedente alla rivendita, in linea con la corrispondente previsione dettata dall’articolo 40-bis del D.L. 41/1995 per gli esercenti agenzie di vendita all’asta. Tale ultima disposizione, introdotta dalla L. 342/2000, si presenta aggiornata con le modifiche novellate dal D.Lgs. 313/1997, sicché – in coerenza al tenore letterale dell’articolo 36 del D.L. 41/1995 – devono intendersi superate le indicazioni contenute nella C.M. n. 177/E/1995 (§ 2) ove l’operatività del regime del margine viene limitata ai beni usati con indetraibilità oggettiva e non anche a quelli sottoposti ad un divieto di detrazione di carattere soggettivo (pro rata o dispensa dagli adempimenti per le operazioni esenti).

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Il regime Iva dei beni usati