20 Settembre 2013

Redditometro e indagini finanziarie

di Maurizio Tozzi – Comitato Scientifico Master Breve 365
Scarica in PDF

Redditometro ed indagini finanziarie sono gli strumenti privilegiati da parte del fisco per le presenti e prossime stagioni di contrasto all’evasione.

La scelta deriva dalla forza di tali tecniche accertative, soprattutto se utilizzate con oculatezza e senza risultati esorbitanti. È abbastanza ovvio, infatti, che un redditometro che pone il contribuente ad un reddito di 100 mila ha senso se il soggetto in questione, ad esempio, possiede due auto, due macchine, una barca, fruisce di un assistente domestico e magari non si nega viaggi e altri svaghi; se il reddito dichiarato è particolarmente esiguo, si immagini pari a 15 mila euro, una difesa vincente appare pura utopia. Laddove, di contro, il redditometro (specie il vecchio strumento), è effettuato contro chi ha due auto “normali” per stimare redditi pari a 40 mila euro e accertare chi ne dichiara 20 mila, la valenza dell’accertamento è quasi inesistente. E lo stesso dicasi per le indagini finanziarie. Se i risultati, soprattutto riferiti ai prelievi, sono costituzionalmente orientati mediante il riconoscimento di costi, allora le difese faranno enorme fatica a giustificare i movimenti residuali considerati sospetti; quando invece il recupero nella sostanza è fatto per masse, la credibilità dell’intero accertamento viene sensibilmente minata.

I recenti interventi normativi portano tali tecniche di accertamento ad “interagire” tra loro, con un effetto molto significativo per la “forza” del redditometro. L’articolo 11, comma 2 del D.L. 201/2011 stabilisce l’obbligo in capo agli operatori finanziari di comunicare periodicamente all’anagrafe tributaria le movimentazioni ed ogni ulteriore informazione che hanno interessato i rapporti i intrattenuti con la propria clientela. Il relativo provvedimento attuativo del direttore dell’Agenzia del 5 marzo 2013, prevede che, relativamente ad ogni annualità, dovranno essere comunicati:

  • i dati identificativi del rapporto riferito al soggetto persona fisica o non fisica che ne ha la disponibilità, inclusi procuratori e delegati, e a tutti i cointestatari del rapporto;
  • i dati relativi ai saldi di inizio e fine anno del rapporto, oppure per i rapporti accesi nel corso dell’anno il saldo iniziale alla data di apertura e per i rapporti chiusi nel corso dell’anno il saldo contabilizzato antecedente la data di chiusura;
  • i dati relativi agli importi totali delle movimentazioni distinte tra dare ed avere per ogni tipologia di rapporto conteggiati su base annua.

Da parte sua, il nuovo redditometro espressamente prevede che, oltre alla sommatoria delle spese di ogni genere conosciute dal sistema fiscale, nonché alla (residuale) componente induttiva ancorata ai dati Istat, il risultato reddituale sarà influenzato anche dal risparmio accumulato nel tempo.

L’insieme di tali disposizioni porta ad una conclusione abbastanza evidente: i flussi “sospetti” segnalati dall’anagrafe finanziaria saranno proficuamente utilizzati nell’ambito del redditometro, oltre che per altre motivazioni di selezione del contribuente. Sul fronte della selezione è lecito ritenere, ad esempio, che saranno monitorati e confrontati i flussi in entrata ed in uscita con i dati risultanti dalle diverse dichiarazioni fiscali (dati annuali IVA, ammontare dei compensi, etc). Soprattutto per i dati rilevati secondo il criterio di “cassa” le anomalie più evidenti saranno oggetto di approfondimento. Per quanto concerne il redditometro, invece, il dato è ancora più immediato: la disponibilità dei saldi di inizio e fine anno consente di analizzare i relativi differenziali e, quando gli stessi sono positivi, di ipotizzare, almeno in linea teorica, il potenziale risparmio accumulato nel tempo. Al che nei confronti di un contribuente che ha magari spese sostenute tracciate e contenuto induttivo Istat in linea con il proprio reddito ma che registra un forte incremento del risparmio dell’anno i dubbi da parte dell’amministrazione finanziaria saranno legittimi: ad esempio, se Tizio ha spese tracciate per 19 mila euro, gestisce una casa e due auto ed ha un reddito familiare di 40 mila euro, ma incrementa i propri risparmi per 30 mila euro, la domanda ovvia posta dal fisco riguarda la fonte che ha permesso tale incremento. Al contribuente il compito di dare adeguata giustificazione, tenendo presente che sul fronte difensivo, come non solo la giurisprudenza ha ammesso ma anche la stessa Agenzia in diversi documenti di prassi confermato, è possibile evidenziare qualsiasi occorrenza economica ulteriore rispetto al reddito, dai costi figurativi (circolare n. 25/E del 2012) ai redditi forfettari o convenzionali (circolare n. 28/E del 2011), fino ad arrivare alle vincite, donazioni ed eredità, non dimenticando inoltre che gli incrementi di risparmio possono anche essere il frutto del disinvestimento di titoli e altri beni accumulati con il risparmio degli anni passati (circolare n. 12/E del 2010): in definitiva, l’importante è avere adeguate prove documentali.