19 Settembre 2014

Quando la congruità e la coerenza difendono il contribuente

di Maurizio Tozzi – Comitato Scientifico Master Breve 365
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In diverse occasioni è stata rimarcata l’importanza di risultare
congrui e coerenti agli studi di settore, a condizione che l’elaborazione degli stessi fosse assolutamente
veritiera. È vero che il risultato di Gerico non è più fonte di accertamento automatico, ma è altrettanto vero che gran parte delle
liste selettive ruotano proprio attorno ai risultati statistici degli studi, con sempre maggiore attenzione dedicata alla componente “coerenza”. Al contribuente l’onere di verificare l’attendibilità dei risultati, ben conoscendo quali sono le conseguenze dello strumento in questione. Se da un lato, infatti, la Corte di Cassazione ha inesorabilmente evidenziato che gli studi di settore sono delle
semplici presunzioni, non in grado di reggere un accertamento tributario, dall’altro il Legislatore ha cercato comunque di mantenere inalterata la funzione di compliance di Gerico con due interventi mirati:
  1. Il riconoscimento ai soggetti “congrui e coerenti” di una serie di vantaggi, ossia la limitazione dell’accertamento analitico induttivo, la riduzione di un anno nella tempistica di accertamento e l’attribuzione di una maggiore percentuale di scostamento, per le persone fisiche, nel caso di controllo mediante redditometro (scostamento innalzato dal 20 al 33%);
  2. La penalizzazione dei tentativi di “manipolazione” degli studi di settore, consistente nel potere attribuito all’amministrazione finanziaria di espletare l’accertamento induttivo di cui all’art. 39, co. 2, del d.P.R. 600/73.
Dal che la semplice conclusione che il risultato di congruità e coerenza intanto ha un senso se veritiero, proprio al fine di ottenere i “premi” stabiliti dal legislatore. Se invece lo studio di settore viene fortemente manipolato ed il soggetto è comunque selezionato per un accesso mirato proprio teso a verificare l’attendibilità dei dati, ecco che il malsano tentativo effettuato si rivela un boomerang, in quanto Gerico, altrimenti non utilizzabile in maniera automatica in sede di controllo, ha la
strada spianata rendendosi possibile l’accertamento induttivo basato su presunzioni semplici non qualificate (in cui appunto rientra lo studio di settore).
A rimarcare l’importanza della congruità e coerenza provvedono poi due sentenze di merito emanate nel corso del 2014 e che sostanzialmente conducono alla medesima conclusione: l’accertamento induttivo non è utilizzabile quando, fra l’altro, lo scostamento registrato
non è grave ed il contribuente, di contro, è risultato
congruo e coerente agli studi di settore. Dunque l’adeguamento pieno a Gerico porta con se anche la “patente” di credibilità per il soggetto, circostanza assolutamente da
non sottovalutare in fase difensiva quando si è in presenza di ricostruzioni induttive dell’ammontare dei ricavi o compensi.
La prima sentenza da analizzare è quella della CTP di Milano n. 732/47/14 del 14.05.14, depositata lo scorso 8 settembre. I giudici milanesi si sono espressi in ordine alla ricostruzione induttiva dei ricavi effettuata con abbandono delle risultanze contabili ed applicazione delle medie di settore in termini di ricarichi praticati. L’organo giudicante ha giustamente sottolineato che l’applicazione delle medie del settore di appartenenza può aversi quando la difformità rispetto al ricarico praticato dal contribuente raggiunge livelli di abnormità, altrimenti non potendosi procedere nei confronti di soggetti che, tra
l’altro, presentano una contabilità regolare, registrano un lieve scostamento di ricavi e soprattutto sono
risultati congrui e coerenti agli studi di settore. In termini pratici, proprio l’essere in linea con l’elaborazione statistica dimostra che i dati dichiarati sono attendibili, soprattutto se le discordanze rispetto alla semplice media del settore non sono abnormi.
Ancora più esplicita è la CTP di Salerno, sentenza n. 3335/10/14 del 19.05.14, depositata il 29.07.14. I giudici salernitani, richiamando corposa giurisprudenza della Corte di Cassazione, evidenziano ancora una volta che il ricorso all’accertamento induttivo con ricostruzione di maggiori ricavi in forza della difformità del ricarico praticato rispetto a quello mediamente praticato nel settore di appartenenza è consentito solo quando raggiunge livelli abnormi ed irragionevoli, privando di attendibilità le scritture contabili. Ma nel caso analizzato
“(…) considerato che l’ufficio ha fondato il proprio accertamento solo su una presunta discordanza del reddito o dei ricavi dichiarati rispetto alla media di settore, che è anche meno attendibile e certa degli studi di settore che comunque hanno valore scientifico (…) si deve concludere per l’insussistenza dei presupposti per il ricorso all’accertamento induttivo”. Semplice l’assunto utilizzato: se è vero che gli studi di settore rappresentano una presunzione pro-fisco, è altrettanto vero che possono esserlo a favore del contribuente se lo stesso risulta congruo e coerente.
Ecco dunque che le richiamate sentenze danno ancora maggior vigore all’argomento “congruità e coerenza” degli studi di settore. La
parola d’ordine è soprattutto “veridicità” dei dati dichiarati. Fatto ciò e raggiunti i risultati di Gerico, oltre ad avere gli effetti premiali e ad evitare facili selezioni per eventuali controlli, si ottiene anche un’ottima base di partenza per contrastare eventuali ricostruzioni induttive.