14 Settembre 2016

Piattaforme on line per la prenotazione di alloggi con obblighi IVA

di Marco PeiroloPaolo Centore
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In alcuni precedenti contributi ci siamo occupati del trattamento IVA del servizio reso dalle piattaforme on line di economia condivisa, evidenziando che il medesimo assume natura di intermediazione a condizione che la piattaforma non agisca in nome proprio. In pratica, l’utilizzo di Internet ai fini dell’effettuazione della prestazione non incide sulla qualifica giuridica della stessa, che resta un servizio di intermediazione senza diventare, per ciò solo, un servizio prestato per via elettronica, in quanto tale soggetto ad un diverso regime impositivo (risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 16 maggio 2008, n. 199).

Nel Working Paper n. 878 del 22 settembre 2015, il Comitato IVA ha specificato che il predetto servizio di intermediazione deve considerarsi reso nell’ambito di un’attività economica rilevante ai fini IVA ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. c), della Direttiva n. 2006/112/CE, da qualificare come esente da IVA se la piattaforma gestisce l’incasso delle somme di denaro tra cliente e fornitore.

Nell’ipotesi in cui il servizio di intermediazione non abbia natura finanziaria, nel senso anzidetto, risulta invece indubbio, sempre secondo il Comitato IVA, che sia applicabile il regime di imponibilità, ma nel rispetto delle regole territoriali previste dagli artt. 44 e 46 della Direttiva n. 2006/112/CE e, quindi, distinguendo a seconda che il cliente sia un soggetto passivo che agisca o meno in quanto tale. Nel primo caso, l’imposta è dovuta nel Paese del committente, secondo la regola generale prevista per i rapporti B2B, mentre nel secondo caso l’imposta va assolta nel Paese di effettuazione dell’operazione intermediata, in applicazione della deroga prevista per le prestazioni di intermediazione rese nei rapporti B2C.

A conferma di questa classificazione è utile richiamare l’art. 31 del Reg. UE n. 282/2011, in base al quale i servizi resi da intermediari che agiscono in nome e per conto terzi, consistenti nell’intermediazione della fornitura di alloggio nel settore alberghiero o in settori con funzione analoga, rientrano nel campo di applicazione dei citati artt. 44 e 46 della Direttiva, a seconda della qualifica soggettiva del cliente. Al fine specifico di escludere l’operatività della (diversa) deroga territoriale prevista dall’art. 47 della Direttiva, fondata sul luogo di ubicazione dell’immobile indipendentemente dalla circostanza che il cliente sia o meno un soggetto passivo che agisce in quanto tale, il successivo art. 31-bis, par. 3, lett. d), dello stesso Regolamento, aggiunto dal Reg. UE n. 1042/2013, specifica che tale deroga non si applica per “l’intermediazione nella prestazione di alloggio nel settore alberghiero o in settori con funzione analoga (…), qualora l’intermediario agisca in nome e per conto di un’altra persona” (si vedano anche le Note esplicative sulle norme in materia di IVA riguardanti il luogo delle prestazioni di servizi relative a beni immobili, pubblicate dalla Commissione europea il 4 febbraio 2016 e la circolare dell’Agenzia delle Entrate 29 luglio 2011, n. 37, § 3.1.1).

In questi giorni, la stampa specializzata ha diffuso la notizia che l’Agenzia delle Entrate, in risposta ad una istanza di interpello formulata da Federalberghi, ha esaminato il trattamento IVA delle prenotazioni on line di alloggi in strutture ricettive non gestite in forma imprenditoriale o in abitazioni private messe a disposizione per brevi periodi.

Nel caso specifico in cui il gestore della piattaforma abbia sede in altro Stato UE, l’Agenzia ha concluso per l’imponibilità della prestazione di intermediazione, previa identificazione dell’intermediario finalizzata all’addebito dell’imposta, se il cliente non è un soggetto passivo e l’immobile è ubicato in Italia. L’apertura del numero di partita IVA da parte del gestore della piattaforma on line può essere, quindi, evitata nella sola ipotesi in cui l’imposta debba essere assolta con il meccanismo del reverse charge dal cliente italiano che sia un soggetto passivo che agisce in quanto tale.

Diversamente dall’indicazione del Comitato IVA, la risposta non considera che il servizio di intermediazione possa avere natura finanziaria e, dunque, rientrare nella previsione di esenzione dell’art. 10, comma 1, n. 9), del D.P.R. n. 633/1972 allorché l’intermediario gestisca l’incasso e il trasferimento delle somme di denaro tra le controparti dell’operazione oggetto intermediazione. Il che contrasta con gli esiti delle Guideline 889 del 26 ottobre 2015, dove, a proposito dell’esenzione proposta dalla Comitato IVA con il documento sopra citato (Working Paper n. 878 del 22 settembre 2015), si legge che “the VAT Committee unanimously considers that exemptions pursuant to Article 135(1) of the VAT Directive shall apply where these transactions consititute financial services falling under that provision”. L’indicazione relativa all’esenzione è stata, dunque, assunta all’unanimità, con il consenso dei rappresentanti delle Autorità fiscali italiane.

Salvo questo aspetto, sicuramente non secondario, l’Agenzia ha precisato che l’applicazione dell’IVA per le operazioni territorialmente rilevanti in Italia opera a prescindere dal soggetto in nome e per conto del quale agisce la piattaforma, ben potendosi ritenere, peraltro, che il destinatario della prestazione di intermediazione sia tanto il fornitore quanto il suo cliente.

Per quanto riguarda il regime impositivo del servizio reso dalla piattaforma con sede al di fuori dell’Italia, nella risposta si conferma il duplice criterio di collegamento con il territorio dello Stato previsto dall’art. 7-ter, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972 (regola generale del Paese del committente) per i servizi di intermediazione nei rapporti B2B e dall’art. 7-sexies, comma 1, lett. a), dello stesso decreto (deroga del Paese di effettuazione dell’operazione intermediata) per i servizi resi nei rapporti B2C.

In pratica, l’imponibilità della prestazione opera in due casi, ossia quando:

  • il cliente, ovunque stabilito (Italia, altro Stato UE o extra-UE), è “consumer” e l’immobile è situato in Italia;
  • il cliente “business” è stabilito in Italia, a prescindere dal luogo di ubicazione dell’immobile (Italia, altro Stato UE o extra-UE).

Nella prima ipotesi (cliente “consumer”), l’intermediario deve identificarsi in Italia per rendere imponibile il servizio. Nella seconda ipotesi (cliente “business”), l’IVA è assolta con il sistema del reverse charge dal cliente, per cui l’intermediario non è tenuto ad identificarsi in Italia e, anche laddove avesse provveduto ad aprire un numero di partita IVA, non potrebbe addebitare l’imposta in fattura in applicazione dell’art. 17, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972 (risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 20 febbraio 2015, n. 21). Va da sé, quindi, che l’identificazione dell’intermediario resta obbligatoria, anche nei rapporti B2B, quando il cliente non sia stabilito in Italia.

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