19 Gennaio 2015

Per i soggetti in 398 lo split payment è un problema “finanziario”

di Guido MartinelliMarta Saccaro
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Quando un nuovo meccanismo viene introdotto per la prima volta nei sistemi amministrativi contabili spesso non si conoscono in anticipo le conseguenze pratiche della sua applicazione. Non fa eccezione il cosiddetto “split payment”, introdotto dall’art. 1, comma 629, lett. b) della L. n. 190/2014 (Legge di Stabilità 2015) che, dal primo gennaio, ha inserito il nuovo art. 17-ter nel corpus del decreto Iva (D.P.R. n. 633/1972).

In base a questa norma, per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi effettuate nei confronti dello Stato, degli organi dello Stato ancorché dotati di personalità giuridica, degli enti pubblici territoriali e dei consorzi tra essi costituiti ai sensi dell’art. 31 del D. Lgs. n. 267/2000, delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, degli istituti universitari, delle aziende sanitarie locali, degli enti ospedalieri, degli enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico, degli enti pubblici di assistenza e beneficenza e di quelli di previdenza, per i quali i suddetti cessionari o committenti non sono debitori d’imposta ai sensi delle disposizioni in materia d’imposta sul valore aggiunto, l’imposta è in ogni caso versata dai medesimi secondo modalità e termini fissati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze (anticipate dal comunicato stampa del Mef del 9 gennaio scorso).

La norma prevede che per queste operazioni non siano più i fornitori ad essere obbligati al versamento dell’imposta ma quest’obbligo viene trasferito in capo gli Enti committenti che quindi tratterranno l’importo dell’IVA in occasione del pagamento della fattura.

Come chiarito dal citato comunicato stampa del Mef del 9 gennaio 2015, il nuovo sistema di pagamento dell’IVA si applica alle operazioni fatturate a partire dal 1° gennaio 2015, per le quali l’esigibilità dell’imposta si verifichi successivamente a tale data.

Del nuovo meccanismo si è già cominciato a parlare più volte anche all’intero di queste pagine (si veda S.Cerato “Split payment nelle operazioni con gli enti pubblici” del 7.1.2015, L.Mambrin “Lo split payment dal 1° gennaio complica le procedure contabili” del 13.1.2015 e F.GarriniSplit-payment: intersezioni con il differimento di esigibilità” del 16.1.2014): ci occupiamo, in questa occasione, anche in risposta ai numerosi commenti riportati dai nostri lettori su ecnews, delle conseguenze che subiranno le società di capitali sportive dilettantistiche, le associazioni sportive dilettantistiche e, più in generale, tutte le associazioni senza scopo di lucro che applicano il regime forfettario della legge n. 398/1991 (ma gli stessi ragionamenti possono essere condotti per tutti coloro che applicano un sistema forfettario di determinazione dell’Iva da versare).

Com’è noto, infatti, per questi soggetti l’imposta da versare è determinata in maniera forfettaria, secondo le disposizioni previste dal sesto comma dell’art. 74 del D.P.R. n. 633/1972. Per calcolare l’Iva da versare bisogna quindi fare riferimento all’imposta relativa alle operazioni attive (quella indicata nelle fatture emesse, quindi), alla quale devono essere applicate le percentuali di detrazione indicate nel citato sesto comma dell’art. 74 del D.P.R. n. 633/1972.  L’Iva da versare è quindi forfettizzata con l’applicazione, in via ordinaria, di una detrazione pari al 50% dell’imposta relativa alle operazioni imponibili. La stessa percentuale si applica, a decorrere dal 13 dicembre scorso, anche alle prestazioni di sponsorizzazione (in precedenza, come si ricorderà, la detrazione era limitata al 10%), mentre per le cessioni o concessioni di diritti di ripresa televisiva e di trasmissione radiofonica la detrazione compete in misura pari al 33% dell’imposta relativa alle operazioni stesse.

Il “vantaggio” riconosciuto al regime della L. n. 398/1991 è quindi quello di poter trattenere una quota dell’Iva incassata sulle fatture emesse.

In contabilità, questo importo determina una sopravvenienza attiva che non concorre a determinare il volume dei ricavi massimo consentito ai soggetti che applicano questo regime.

Facendo un esempio, per la fattura di un servizio di 10.000,00 euro con Iva pari a 2.200,00, si dovranno versare all’Erario 1.100,00 euro mentre altri 1.100,00 verranno mantenuti nelle casse dell’associazione.

E’ chiaro quindi che un meccanismo, quale quello dello split payment, che non prevede la liquidazione dell’imposta indicata in fattura al soggetto cedente o prestatore (in quanto versata in maniera autonoma e particolare) non solo reca un danno finanziario per coloro che applicano il regime forfettario della L. n. 398/1991 ma determina anche un indebito arricchimento per l’Erario. Tornando all’esempio sopra ricordato, infatti, l’Erario incasserebbe tutti i 2.200,00 euro relativi all’Iva quando invece, applicando la legge, avrebbe diritto ad incassarne solo la metà. E questo determina poi una perdita per le associazioni che non potranno più iscrivere nei propri bilanci la voce di entrata relativa alla parte di imposta sul valore aggiunto non versata.

La questione presenta quindi evidenti profili di legittimità che dovranno al più presto essere chiariti, magari prevedendo un correttivo che consenta ai soggetti in 398 di non subire alcuna decurtazione.

Per concludere, ci permettiamo di suggerire una soluzione che potrebbe “salvare” la situazione. Secondo quanto prevede il comma 1 dell’art. 2 della L. n. 398/1991 i soggetti che applicano il regime forfettario sono esonerati dagli adempimenti di cui al titolo II del D.P.R. n. 633/1972, tra cui anche quello di emettere la fattura. L’unico onere “contabile” posto a loro carico resta infatti quello di annotare i corrispettivi e i proventi conseguiti nell’esercizio di attività commerciali (e, ovviamente, di liquidare l’imposta dovuta, si veda l’art. 9 del D.P.R. n. 544/199). Per ovviare ai problemi e agli aggravi connessi allo split payment e alla fatturazione elettronica, se le circostanze lo permettessero (e, cioè, se l’emissione della fattura non fosserichiesta dalle procedure amministrative interne del soggetto pagante) i soggetti in 398 potrebbero quindi comunicare alle amministrazioni interessate l’importo complessivo delle spettanze, al lordo dell’Iva, senza emettere fattura. Incassato il corrispettivo, potrebbero poi provvedere autonomamente all’annotazione del ricavo e dell’imposta relativa e al versamento trimestrale dell’imposta.