11 Dicembre 2015

Partita IVA per i trasferimenti intra-UE a scopo di lavorazione

di Marco Peirolo
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L’art. 13 della L. n. 115/2015 (Legge europea 2014) ha modificato gli artt. 38 e 41 del D.L. n. 331/1993, riguardanti la disciplina degli scambi intracomunitari di beni.

Con effetto dal 18 agosto 2015, è stato infatti stabilito, in linea con la posizione espressa dalla Corte di giustizia nelle cause riunite C-606/12 e C-607/12 del 6 marzo 2014, che il regime sospensivo previsto per i trasferimenti intracomunitari di beni a scopo di lavorazione o di perizia presuppone che i prodotti, al termine della prestazione, siano trasportati/spediti al committente nel Paese membro di origine; secondo la normativa previgente, invece, la sospensione d’imposta si applicava a prescindere dalla successiva destinazione dei beni ed è per tale ragione che la Commissione europea aveva avviato, nei confronti dello Stato italiano, la fase pre-contenziosa della procedura di infrazione disciplinata dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).

Per comprendere gli effetti della modifica normativa, si consideri il caso di una società italiana che ha ricevuto l’ordine dal cliente tedesco per la costruzione di un macchinario, con successivo invio al terzista francese per la messa in servizio.

Secondo la disciplina previgente, la società italiana presentava il modello INTRA 1-bis ai fini statistici per l’invio del macchinario in Francia, annotando il relativo trasferimento nel registro di carico e scarico previsto dall’art. 50, comma 5, del D.L. n. 331/1993. Il terzista, a seguito dell’incarico ricevuto dalla società italiana, provvedeva alla messa in servizio del macchinario ed emetteva nei suoi confronti la fattura per la prestazione resa, consegnando il macchinario in Germania per suo conto.

La società italiana emetteva fattura di vendita al cliente tedesco in regime di non imponibilità di cui all’art. 41, comma 1, lett. a), del D.L. n. 331/1993 e assoggettava a IVA la prestazione resa dal terzista francese con la procedura di integrazione e di registrazione prevista dagli artt. 46 e 47 del D.L. n. 331/1993, alla quale fa rinvio l’art. 17, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972, dichiarandola nel modello INTRA 2-quater.

La società italiana, inoltre, presentava il modello INTRA 1-bis ai fini fiscali e provvedeva a scaricare il registro istituito ai sensi del citato art. 50, comma 5, del D.L. n. 331/1993.

Dal 18 agosto 2015, per gestire correttamente la situazione descritta, è diventata obbligatoria l’apertura di un numero di partita IVA in Francia. In pratica, con l’identificazione (diretta o per mezzo della nomina di un rappresentante fiscale), la società italiana emette fattura alla propria partita IVA francese applicando la non imponibilità di cui all’art. 41, comma 2, lett. c), del D.L. n. 331/1993 per il trasferimento intracomunitario del macchinario da mettere in servizio. A sua volta, la partita IVA francese provvede a rilevare il corrispondente acquisto intracomunitario, assoggettandolo ad imposta ai sensi dell’art. 21 della Direttiva n. 2006/112/CE.

Alla luce del riformulato art. 41, comma 3, del D.L. n. 331/1993, per evitare l’apertura del numero di partita IVA in Francia, è necessario che il macchinario sia rispedito alla società italiana al termine della messa in servizio, con successivo invio in Germania al cliente. La sentenza della Corte di giustizia in precedenza richiamata ha evidenziato che è soltanto in questa ipotesi che la società italiana può fatturare la cessione del macchinario al cliente tedesco in regime non imponibilità di cui all’art. 41, comma 1, lett. a), del D.L. n. 331/1993. Se, infatti, il macchinario non viene rispedito in Italia la cessione si considera territorialmente rilevante in Francia, ove il bene è divenuto conforme all’ordine di acquisto del cliente tedesco, per cui è chiaro che il numero di partita IVA dovrebbe essere aperto anche per questa ragione.

Una soluzione alternativa è quella di concordare con il terzista francese la messa in servizio presso lo stabilimento italiano del venditore, nel qual caso la cessione del macchinario sarebbe fatturata dall’Italia in regime di non imponibilità, mentre la prestazione resa dal terzista, anche se svolta in Italia, resterebbe soggetta a reverse charge da parte della società italiana.

Potrebbe accadere che, in base agli accordi contrattuali, la società italiana consegni in Francia il macchinario già messo in servizio in Italia per un’ulteriore prestazione non compresa nell’ordine di acquisto (es. messa in linea).

In questa ipotesi, la cessione al cliente tedesco beneficia comunque della non imponibilità applicata in Italia, in quanto l’operazione si considera ivi localizzata e il macchinario sarà inviato in Francia con documento di trasporto intestato al cliente tedesco che evidenzia, come causale, la vendita e, come diversa destinazione, la Francia.