28 Settembre 2016

Il nuovo ordine di liberazione dell’immobile pignorato

di Salvo Leuzzi
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In relazione alla custodia e alla liberazione dell’immobile pignorato, già la “maxi-riforma” attuata con la L. 263/2005 aveva fissato due principi essenziali:

  • contemporaneamente alla pronuncia dell’ordinanza di vendita del compendio pignorato, affidamento della custodia del bene ad un terzo;
  • emissione dell’ordine di rilascio del bene non oltre la sua aggiudicazione.

La nomina di un custodeprofessionale” in luogo del soggetto che subisce l’esecuzione è legata a obiettivi di trasparenza e apertura al mercato: la maggiore facilità dell’alienazione di un immobile sgombro rispetto ad uno abitato. Nella medesima prospettiva la custodia si è funzionalmente correlata con l’adozione “necessaria” dell’ordine di liberazione, ossia di un provvedimento ordinatorio, volto a fornire proprio al custode un titolo per l’ottenimento del rilascio del bene da parte del debitore o di altri occasionali occupanti.

L’ordine di liberazione rappresenta il “veicolo” indispensabile della custodia “attiva” dell’immobile: ciò che è libero e disponibile in capo alla procedura viene più comodamente gestito e valorizzato, quindi più proficuamente proposto alla platea dei potenziali interessati.

Emerge la “doverosità” della liberazione del cespite pignorato, che è assurta ad obbligo, il cui adempimento è talvolta procrastinabile, salvo divenire – alla lunga – ineludibile. Ed è in tal senso che, secondo prassi diffusa, la liberazione dell’immobile viene disposta contestualmente alla pronuncia dell’ordinanza di delega di cui all’articolo 569 c.p.c. per la delega delle operazioni di vendita.

La nuova connotazione self-executing dell’ordine di liberazione

Se la liberazione ha assunto la connotazione di passaggio doveroso dell’esecuzione forzata, anticipato rispetto all’emissione del decreto di trasferimento e all’aggiudicazione, l’ultima rimarchevole “scommessa” legislativa sta nella deformalizzazione della relativa fase. La liberazione può avvenire “senza l’osservanza delle formalità di cui agli articoli 605 e seguenti”.

Il custode giudiziario, al fine di liberare il compendio pignorato era tenuto ad avviare, fino a pochi mesi fa, – per il tramite di un legale nominato dal giudice dietro sua richiesta – una autonoma procedura formale di rilascio, ai sensi degli articoli 605 e seguenti c.p.c.:

  • notificando, prima, l’ordine quale titolo esecutivo, unitamente al precetto, e, poi, il c.d. avviso di sloggio;
  • affidando l’attività all’ufficiale giudiziario.

Il novellato articolo 560, comma 4, c.p.c. consente adesso che l’ordine di liberazione sia sic et simpliciterattuato dal custode secondo le disposizioni del giudice dell’esecuzione immobiliare.

Sarà quindi il giudice dell’esecuzione in corso a “dosare” gli strumenti della liberazione, se del caso, autorizzando il custode a far ricorso all’assistenza della forza pubblica o ad altri ausiliari per l’attuazione dell’ordine di liberazione.

Ciascun giudice dell’esecuzione finalmente sovrintende l’attuazione efficace di uno degli obiettivi propri della procedura esecutiva della quale egli è titolare. Il magistrato è abilitato ad assicurare, secondo le specificità del caso, la realizzazione dentro il “proprio” processo di un fine (ormai) consustanziale a detto processo fornendo al custode gli strumenti e le indicazioni più adeguate.

Si tratta di uno schema non ignoto all’ordinamento processualcivilistico, nella misura in cui, per un verso evoca il sistema di attuazione delle misure cautelari ex articolo 669-duodecies c.p.c., per altro verso, segna un recupero di efficienza del processo esecutivo correlato al riconoscimento, in capo al medesimo soggetto – il custode – incaricato per pubblica funzione della liberazione, dell’opportunità di vederne scanditi i tempi e calibrati i mezzi, non in separata sede, ma nel medesimo procedimento in corso.

Le modalità di attuazione non sono, perciò, prestabilite, dovendo essere, volta per volta, elasticamente declinate, “secondo le disposizioni del giudice immobiliare”.

Ed è proprio il raccordo fra custode e giudice, in ultima analisi, ad assicurare la rispondenza dell’attuazione dell’ordine all’imparzialità e terzietà che sono proprie tanto del giudice quanto del suo ausiliario, con il corredo fisiologico delle connesse garanzie, che non appaiono né obliterate, né ridimensionate.

L’opportunità di un “governo” endoesecutivo della fase di liberazione del bene, pur senza abdicazione alcuna alla protezione del diritto di difesa costituzionalmente scolpito serve a smarcare il processo dagli intralci e dai rallentamenti che non di rado derivavano dalla “esternalizzazione” dell’esecuzione dell’ordine ex articolo 560 c.p.c., per di più attraverso le forme strutturate degli articoli 605 e seguenti c.p.c..

Di estrema rilevanza sono anche le disposizioni di dettaglio che a questo quadro si collegano, giovando a sancire coerenza e completezza del sistema:

  • le spese sostenute dal custode per conseguire il rilascio restano a carico della procedura, dal momento che l’articolo 560, comma 3, c.p.c. opportunamente prevede oramai che la liberazione avvenga “senza oneri per l’aggiudicatario o l’assegnatario o l’acquirente”;
  • laddove all’interno dell’immobile vi siano beni o documenti dell’occupante, costui è tenuto a portarli via entro 30 giorni, abbreviabili in caso di urgenza (si pensi al caso di beni di rapida deperibilità). Se l’occupante non adempierà i beni saranno eliminati, a cura del custode, salve diverse indicazioni del giudice dell’esecuzione.

Efficacia ed impugnabilità dell’ordine di liberazione

L’ordine di liberazione, ancorchè diretto all’esecutato, esplica la propria efficacia nei riguardi di chiunque occupi l’immobile, allorchè sia sprovvisto di un titolo di detenzione avente data certa antecedente al pignoramento e, se del caso, come tale, opponibile alla procedura.

Segnatamente, l’opponibilità o meno del contratto di godimento alla procedura è specificata dall’articolo 2923 cod. civ., dal che deriva che il rapporto con il terzo sarà opponibile al custode, come all’aggiudicatario, se contrassegnato da data certa anteriore al pignoramento ovvero allorchè la detenzione dell’immobile, collegata ad un contratto di locazione, sia anteriore al pignoramento. Del pari, i titolari di diritti reali di godimento, quali ad esempio gli usufruttuari, potranno opporre il titolo costitutivo dei rispettivi diritti, laddove l’abbiano trascritto anteriormente al pignoramento.

La data certa anteriore deve ovviamente esser provata ai sensi dell’articolo 2704 civ. cod..

La non impugnabilità dell’ordine di liberazione dell’immobile è stata opportunamente rimossa dalla recente riforma del 2016. Rimane utilizzabile, pertanto, l’ordinario rimedio cognitivo di controllo dell’operato del giudice dell’esecuzione, vale a dire, l’opposizione ex articolo 617 c.p.c., come già evidenziato negli approdi più recenti della Corte di Cassazione (sentenza n. 25654/2010).

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