8 Febbraio 2014

Operazioni straordinarie e società di comodo

di Giovanni Valcarenghi
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Le società che sono interessate da operazioni straordinarie si trovano spesso ad avere delle difficoltà nel conteggio dei ricavi minimi per verificare la propria operatività ai fini del regime delle società di comodo.

Si pensi al caso, ad esempio, di una fusione per incorporazione, a seguito della quale la società incorporante si trovi a verificare la propria operatività: come devono essere valutati i beni da inserire nel prospetto del modello UNICO?

Si deve fare riferimento, per le annualità pregresse influenti sul conteggio della media, ai soli beni esistenti (in allora) nella società incorporante, oppure è necessario operare una ricostruzione che tenga in considerazione anche i beni esistenti presso la incorporata?

Problemi del tutto identici si propongono nel caso di trasformazione, di scissione, oppure di conferimento di azienda.

La problematica è stata affrontata dall’Agenzia delle Entrate, nella circolare n. 44/E del 9 luglio 2007, con esclusivo riferimento al caso di una società risultante da un’operazione di trasformazione omogenea progressiva. Rispondendo ad uno specifico quesito, l’Agenzia, nell’evidenziare che entrambe le società (trasformanda e trasformata) sono tenute ad effettuare il test di operatività, ha anche chiarito che:

  • la società dante causa (nella fattispecie la s.n.c.) deve prendere a riferimento il periodo di imposta ante trasformazione e i due precedenti;
  • la società risultante dall’operazione di trasformazione (la s.r.l.) deve effettuare il test di operatività, nell’esercizio di costituzione, unicamente sulla base dei valori della frazione di anno successiva alla data di costituzione, mentre, nell’esercizio successivo a quello interessato dall’operazione straordinaria, il valore medio deve essere calcolato con riferimento al periodo di imposta di osservazione e quello immediatamente precedente, coincidente con l’esercizio di costituzione.

Volendo estendere le conclusioni sopra raggiunte al caso rappresentato della fusione, si avrebbe il seguente assetto:

  • se la società risultante dalla fusione è una società di nuova costituzione, si procede al test di operatività per il primo periodo di imposta senza procedere a medie triennali con le risultanze patrimoniali ed economiche rilevabili in capo alla società fusa con riferimento ai periodi imposta immediatamente precedenti;
  • se le società avente causa è pre-esistente (es: incorporante), si procede al test di operatività per il primo periodo di imposta successivo al perfezionamento dell’operazione, calcolando le medie su base triennale con le proprie risultanze patrimoniali ed economiche dei periodi imposta immediatamente precedenti, ma senza far confluire in detti calcoli anche le risultanze patrimoniali ed economiche della società incorporata.

Non può non osservarsi che l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate (nonostante sia vantaggiosa per il contribuente) presenta margini di opinabilità in quanto, nelle ipotesi in cui l’avente causa “subentri” nell’attivo e nel passivo del dante causa e nelle posizioni soggettive, forse risulterebbe più coerente affermare l’obbligo, in capo alla società avente causa, di tenere conto anche delle risultanze patrimoniali ed economiche rilevabili, in capo alla società dante causa (incorporata), nei periodi di imposta precedenti a quello di osservazione.

Questa sarebbe la soluzione più coerente con la natura delle operazioni di fusione, scissione e trasformazione, atteso che in queste operazioni l’organizzazione originaria confluisce nella sua completezza nella organizzazione derivata.

E questo subingresso può essere valutato, più che come un effetto di matrice tributaria, come un effetto di origine civilistica, collocandosi nell’ambito del più generale subingresso della organizzazione derivata nei rapporti giuridici attivi e passivi facenti parte del patrimonio proveniente dalla organizzazione originaria.

Peraltro, l’applicazione delle conclusioni della citata circolare n. 44/E/2007 anche alle operazioni di fusione e di scissione determinerebbe un contrasto rispetto ad un precedente indirizzo interpretativo assunto dall’Amministrazione Finanziaria in occasione della cd. Tremonti bis. Nella circolare n. 90/E del 17 ottobre 2001, si ebbe a precisare che, nel caso di fusioni, le società incorporanti o risultanti dovevano tener conto, ai fini del calcolo della media, anche degli investimenti effettuati nel quinquennio di osservazione dalle società fuse o incorporate.

Sembra di poter concludere, allora, che la soluzione dell’Agenzia delle entrate è certamente opinabile sulla base dei principi che regolano le operazioni straordinarie cd. “sui soggetti” (trasformazioni, fusioni e scissioni); pur tuttavia, potrebbe essere stata fornita al fine di perseguire intenti di natura semplificatoria.

Chi raggiunge la operatività seguendo le indicazioni dell’Agenzia è certamente “protetto”, anche se non va dimenticato che la pura logica sembrerebbe contrastare con tali conclusioni.