9 Giugno 2014

Oneri da prelocazione e competenza

di Giovanni Valcarenghi
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Negli ultimi mesi non sono certo frequenti le nuove iniziative immobiliari, a causa del diffuso stato di crisi che sta interessando l’economica in generale; tuttavia, i pochi casi che si riscontrano sono, di solito, di importo non trascurabile. Ipotizziamo, allora, che un cliente di studio intenda realizzare un immobile supportando l’iniziativa con una società di leasing, utilizzando la metodologia in costruendo”.

In buona sostanza, la società di leasing finanzia i lavori di costruzione dell’immobile (predisposto su indicazioni del futuro conduttore) e, per conseguenza, effettua delle anticipazioni finanziarie alla controparte. Sino alla completa realizzazione del fabbricato il bene oggetto di contratto di leasing non viene consegnato, con la conseguenza che non vengono addebitati i canoni; tuttavia, a ristoro dell’esposizione finanziaria, la società di leasing addebita degli interessi denominati di “pre locazione”.

La questione di cui ci interessiamo è il regime di deducibilità di tali costi in capo al futuro utilizzatore.

Al riguardo, si contrappongono due tesi:

  1. la prima, di natura formalistica, che qualifica tali oneri come dei veri e propri interessi di finanziamento, con la conseguenza di ritenerne corretta l’imputazione a conto economico in correlazione con il connesso finanziamento;
  2. la seconda, di natura più sostanzialistica, che tende ad assimilare tali oneri di pre locazione ad una vera e propria componente del contratto di leasing, con la conseguenza che la deduzione verrà rinviata al periodo di competenza dei vari canoni. Medio tempore, invece, tali oneri verrebbero “parcheggiati” nell’attivo di bilancio, trattandoli poi con la tecnica dei risconti.

Una prima questione da risolvere attiene l’aspetto meramente civilistico, vale a dire la correttezza dell’una o dell’altra tesi in relazione alle conseguenze che ne derivano sul bilancio di esercizio: nel primo caso si avrebbe un pieno rispetto che postulato della prudenza, nel secondo caso un rinvio di costi, con una possibile censura in merito alla violazione del medesimo principio. Insomma, non pare azzardato sostenere che la prima modalità di gestione della posta è certamente quella che assicura una maggiore tranquillità all’organo amministrativo.

Sul versante fiscale, invece, registriamo la segnalazione di diversi colleghi che sottolineano come, in sede di verifica, gli organi dell’amministrazione finanziaria ritengano corretta la seconda tesi, basando il proprio ragionamento sulla unitarietà del contratto di leasing e sulla circostanza che l’addebito di tali oneri venga effettuato con applicazione dell’IVA, proprio a significare che si tratta di oneri accessori al contratto di leasing.

Gli stessi colleghi ci precisano anche che le società di leasing, opportunamente interpellate al riguardo, assicurano che la tassazione di tali proventi finanziari avviene, nel loro bilancio, secondo il principio di competenza, quindi proporzionalmente alla durata della esposizione finanziaria.

Che fare, allora, in questi casi?

Da un lato, si potrebbe riscontrare che la tesi delle Entrate sia fondata sul seguente ragionamento: senza avvio del contratto di leasing nessuno avrebbe sostenuto quei costi, con al conseguenza che si rafforzerebbe l’idea di una accessorietà rispetto al canone.

Per altro verso, però, non può non essere riscontrato che se l’impresa avesse costruito in proprio il fabbricato, per poi cederlo alla società di leasing con una sorta di lease back, quegli oneri finanziari avrebbero avuto una rilevanza fiscale, costituendo componenti del valore nel caso di bene merce, oppure componenti di costo del bene nel caso di immobilizzazione.

Siamo dunque in un vicolo cieco, dal quale sembra potersi uscire solo considerando che il principio civilistico della prudenza, unitamente alla circostanza che la realizzazione corretta del bene non è una variabile della quale si possa ritenere certa l’esistenza (per una qualsiasi patologia il contratto di leasing potrebbe anche non andare correttamente in porto), impone una più corretta imputazione a conto economico. In tal senso, sembra confortare la pronuncia della CTR Toscana, n. 60 del 4 maggio 2012 che, individuando il prefinanziamento come elemento estraneo al corrispettivo per il godimento del bene, ne permette la deduzione secondo il criterio di competenza.