6 Dicembre 2014

Occhio al visto quando la contabilità è tenuta da altri

di Comitato di redazione
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Con l’obiettivo di contrastare il fenomeno legato alle compensazioni di crediti inesistenti, con la Legge di Stabilità 2014 il Legislatore ha esteso l’obbligo di apposizione del visto di conformità, in precedenza previsto per i soli crediti risultanti dalle dichiarazioni annuali Iva, anche per le compensazioni dei crediti concernenti le imposte sui redditi, le relative addizionali, le ritenute alla fonte, le imposte sostitutive delle imposte sul reddito e l’imposta regionale sulle attività produttive, qualora gli importi oggetto di compensazione siano superiori ad euro 15.000 annui.

Da un punto di vista procedurale, quanto alle regole da seguire per il soggetto che appone il visto di conformità sulla dichiarazione, nulla cambia rispetto all’apposizione del visto sulla dichiarazione annuale Iva, ma, nonostante siano passati ormai 5 anni dall’introduzione dell’obbligo, emergono ancora dubbi da parte dei Colleghi durante gli incontri di Master Breve in relazione alla situazione nella quale il visto di conformità viene apposto da parte di un soggetto terzo rispetto a quello che tiene le scritture contabili.

L’articolo 23, comma 1, del D. M. 164/1999 stabilisce infatti, come regola generale, che è possibile rilasciare il visto di conformità se le dichiarazioni e le scritture contabili sono state predisposte e tenute dallo stesso soggetto che rilascia il visto. Il tenore letterale della norma è inequivocabile: “I professionisti rilasciano il visto di conformità se hanno predisposto le dichiarazioni e tenuto le relative scritture contabili”.

Nei casi in cui i contribuenti tengono autonomamente le scritture contabili oppure la contabilità è tenuta da una società di servizi partecipata in maggioranza da professionisti abilitati al rilascio del visto, il problema è superato dalla previsione contenuta nel comma 2 del citato articolo che prevede che “le dichiarazioni e le scritture contabili si considerano predisposte e tenute dal professionista anche quando sono predisposte e tenute direttamente dallo stesso contribuente o da una società di servizi di cui uno o più professionisti posseggono la maggioranza assoluta del capitale sociale, a condizione che tali attività siano effettuate sotto il diretto controllo e la responsabilità dello stesso professionista”.

Il problema però non è risolto “normativamente” quando invece il soggetto che tiene le scritture contabili non è lo stesso contribuente o un soggetto riconducibile ad un professionista abilitato al rilascio del visto.

Con “sano” pragmatismo l’Agenzia, con la circolare n. 57/E/2009 che a suo tempo ha dettato le regole per il rilascio del visto in relazione all’utilizzo del credito Iva, ha affrontato la questione cercando una soluzione anche per queste situazioni numericamente diffuse.

Attesa l’obbligatorietà del visto per “sdoganare” l’utilizzo del credito in compensazione, il documento di prassi ha indicato come in questi casi i contribuenti possano rivolgersi ad un soggetto abilitato al rilascio del visto, stabilendo però “l’obbligo, per chi appone il visto, di effettuare tutti i controlli previsti dalla normativa e di predisporre la relativa dichiarazione”.

Questa previsione è stata ribadita anche dalla circolare 28/E del 25 settembre scorso in relazione alle nuove fattispecie di visto introdotte dalla Legge di Stabilità 2014: “Coerentemente con quanto chiarito dalla circolare n. 57/E del 2009, tenuto conto della obbligatorietà del visto di conformità ai fini della fruizione dell’istituto della compensazione, si ritiene che nelle ipotesi in cui le scritture contabili siano tenute da un soggetto che non può apporre il visto di conformità, il contribuente può comunque rivolgersi a un CAF-imprese o a un professionista abilitato all’apposizione del visto. Resta fermo che tali soggetti sono comunque tenuti a svolgere i controlli di cui ai paragrafi seguenti e a predisporre la dichiarazione.

Pertanto, il contribuente che intende ottenere il rilascio del visto di conformità deve comunque esibire al CAF o al professionista abilitato la documentazione necessaria per consentire la verifica della conformità dei dati esposti o da esporre nella dichiarazione”.

Dunque in questi casi è il soggetto che appone il visto che deve predisporre e conseguentemente trasmettere la dichiarazione.

I due adempimenti sono correlati, tant’è che nel momento in cui viene inviata telematicamente una dichiarazione, deve essere indicato se questa è stata predisposta dal contribuente ovvero dal soggetto che la trasmette, senza possibilità di ricorrere ad altre opzioni.

Nelle stesse istruzioni di compilazione dei modelli dichiarativi, peraltro, è precisato che “gli intermediari abilitati sono obbligati a trasmettere all’Agenzia delle Entrate per via telematica, sia le dichiarazioni da loro predisposte per conto del dichiarante sia le dichiarazioni predisposte dal contribuente per le quali hanno assunto l’impegno alla presentazione per via telematica”.

Dunque vi è l’impossibilità per un soggetto che, per quanto abilitato alla trasmissione telematica, non sia abilitato anche all’apposizione del visto, di procedere all’invio telematico di una dichiarazione predisposta e vistata da un altro professionista.

Quali le conseguenze in caso di mancato rispetto della formalità in questione?

Il visto di conformità non si considera apposto “regolarmente” e di conseguenza la compensazione del credito potrebbe essere considerata indebita da parte dell’Ufficio.

Conseguenza draconiana verrebbe da dire, ma l’adempimento “vive” di puro formalismo: lo stesso accadrebbe infatti anche nel caso in cui il professionista abilitato cessasse di essere tale per non aver comunicato alla Direzione Regionale l’avvenuto rinnovo della copertura assicurativa …