11 Settembre 2017

Nuove associazioni di volontariato e di promozione sociale – IV° parte

di Guido Martinelli
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Il nuovo codice introduce per gli enti del terzo settore tre nuovi regimi forfettari per la determinazione del reddito d’impresa per le attività commerciali svolte: uno all’articolo 80, dedicato agli enti non commerciali del terzo settore, e altri due disciplinati dall’articolo 86, previsti in favore delle attività commerciali svolte rispettivamente dalle associazioni di promozione sociale e dalle organizzazioni di volontariato.

Questo porta a cinque i regimi speciali che potenzialmente sono applicabili agli enti non commerciali:

  • la L. 398/1991, applicabile ora solo alle sportive;
  • l’articolo 145 Tuir che rimane per gli enti non commerciali che non siano enti del terzo settore;
  • l’articolo 80 del codice del terzo settore, per gli enti che ne facciano parte diversi da quelli di promozione sociale o di volontariato;
  • l’articolo 86 del codice del terzo settore per le organizzazioni di volontariato;
  • l’articolo 86 del codice del terzo settore per le associazioni di promozione sociale.

Ebbene, continuiamo l’analisi, iniziata in un precedente contributo di questi ultimi. L’articolo 86 del codice del terzo settore consente l’accesso agli enti del volontariato e della promozione sociale:se nel periodo di imposta precedente hanno percepito ricavi, ragguagliati al periodo di imposta, non superiori a 130.000 euro o alla diversa soglia che dovesse essere autorizzata dal Consiglio dell’Unione europea”.

L’ingresso nel regime avviene per opzione mediante comunicazione nella dichiarazione annuale o nella dichiarazione di inizio attività nel caso in cui si presuma la sussistenza del requisito oggettivo del volume d’affari sopra indicato.

Da segnalare che, contrariamente a quanto accade nel regime della L. 398/1991, abrogato per gli enti del terzo settore, alcun ruolo nel regime in esame appare essere svolto dalla SIAE.

Diverso appare il coefficiente di redditività applicabile, l’1% per le organizzazioni di volontariato e il 3% per quelle di promozione sociale.

Fermo restando l’obbligo di conservazione della documentazione di incasso e di spesa, gli enti che applicano il regime in esame sono esonerati dagli obblighi di registrazione e di tenuta delle scritture contabili. Si mantiene l’obbligo della presentazione della dichiarazione dei redditi.

Novità rispetto al noto regime di cui alla L. 398/1991 è dato dall’esonero dall’obbligo di operare le ritenute alla fonte di cui al titolo III del D.P.R. 600/1973 con il solo onere di dover indicare in dichiarazione il codice fiscale e l’importo pagato sul quale all’atto del pagamento non è stata operata la ritenuta.

Ai fini Iva non viene esercitata la rivalsa di imposta per le operazioni nazionali, per quelle internazionali si farà riferimento alla disciplina generale di cui al D.P.R. 633/1972 e per le operazioni intracomunitarie all’articolo 38 della L. 427/1993.

Ne deriva come logica conseguenza che gli enti che applicano detto regime non hanno diritto alla detrazione della imposta sul valore aggiunto assolta, dovuta o addebitata sugli acquisti”.

Di conseguenza vi sarà anche l’esonero dalla presentazione della dichiarazione. L’unico obbligo che permane, appunto, sarà quello della numerazione e conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali, la certificazione dei corrispettivi (diversamente da quanto previsto dalla L. 398/1991 che ne dispone l’esonero) e di conservazione dei relativi documenti.

Per i ricavi di natura commerciale, per i quali si risultasse debitori di imposta, l’Iva dovrà essere versata entro il giorno 16 del mese successivo (anche qui diversamente dalla L. 398/1991 che ne prevedeva il trimestre) a quello di effettuazione delle operazioni.

Il comma 13 crea qualche difficoltà all’interprete. Infatti viene previsto che gli enti in regime forfettario possono “optare” per l’applicazione dell’Iva e dei redditi “nei modi ordinari ovvero in quelli di cui all’articolo 80” con ciò creando disorientamento su quale sia, a questo punto, il regime “naturale” fiscale degli enti in esame.

Il regime forfettario cessa di avere applicazione a partire dal periodo di imposta successivo a quello in cui venga meno la condizione per l’accesso. Anche questa scelta “semplifica” il lavoro per il contribuente rispetto alla previsione della L. 398/1991 che, almeno ai fini Iva, prevede l’uscita dal regime dal mese successivo a quello di superamento del plafond.

Gli enti in regime forfettario sono esclusi dalla applicazione degli studi di settore, parametri o indici sistematici di affidabilità.

Nel caso di passaggi ad altri regimi che prevedano una determinazione per competenza dei ricavi, quelli che “in base alle regole del regime forfettario hanno già concorso a formare il reddito non assumono rilevanza nella determinazione del reddito degli anni successivi ancorché di competenza di tali periodo”.

Temi e questioni del terzo settore e dell’impresa sociale 2017