21 Novembre 2014

Dimmi che scarpa hai e ti dirò chi sei

di Luigi Canale
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Il proverbio dice che “
L’abito non fa il monaco”, scusate ma io non la penso così e il dissenso aumenta quando si parla di scarpe.
Aveva ragione la mamma di
Forrest Gump quando diceva che dalle scarpe di una persona si capiscono tante cose, dove va, cosa fa e dove è stata.
Ogni occasione ha la sua scarpa.
La Francia è maestra nell’arte della scarpa avendo una propria e vera venerazione per quello che non è e non deve assolutamente essere considerato come un semplice accessorio, indispensabile nella maggior parte delle situazioni, a meno che non si ambisca a emulare il purtroppo irraggiungibile
Robert Redford di “A piedi nudi nel parco” splendida trasposizione cinematografica di
Gene Saks dell’omonima commedia teatrale di
Neil
Simon.
Ecco che allora risulta fondamentale conoscere la differenza tra
bottier e
cordonnier, perché se il primo, il cui nome deriva da
botte che vuol dire
stivale, si riteneva lo stilista per eccellenza, il creatore inarrivabile, il secondo, il cui nome in questo caso deriva da
cordonne che vuol dire
guardiolo, aveva il più “umile” compito di riparare le scarpe.
La differenza venne meno nel momento in cui l’
aristocrazia iniziò a pensare che “
una scarpa su misura è per sempre” con la conseguenza che i bottier, per evitare che i loro clienti si rivolgessero in tutto e per tutto ai cordonnier, iniziarono a curare il post vendita.
Anche in Inghilterra è indiscussa la supremazia dei
bootmaker, leggasi a titolo di mero esempio
John Lobb.
Insomma, senza voler offendere, stiamo disquisendo della differenza tra il calzolaio e il ciabattino.
In questo primo incontro, per logicità, iniziamo a distinguere i diversi
stili che caratterizzano la calzatura del gentlemen moderno, del monsieur del III millennio.
Iniziamo dal
british style che è sinonimo non soltanto di calzature ma anche di un
modo
di
essere e
di
vivere
la vita.
La scarpa inglese è sinonimo di
scultura e di
rigore e predilige la
lavorazione
goodyear di cui parleremo in altra occasione quando approfondiremo le differenti tecniche di lavorazione delle scarpe. I suoi
pellami sono
spessi, con
fodere in
vitello e
suole
massicce perché bisogna affrontare i climi freddi e piovosi.
Come spesso accade, se lo
stile inglese è sinonimo di una nazione e di un’unità che si ricompatta in nome della Regina, quello
italiano si caratterizza per una regionalità che non riusciamo a toglierci di dosso. Ecco che allora abbiamo lo stile
milanese, quello
bolognese e, immancabilmente quello
romano.

derby

Non resta che descriver brevemente sua maestà: lo
stile
francese, fatto di slancio,
fantasia e
pittura, come se la scarpa fosse una tela da riempire.
Al di fuori dei nazionalismi, quel che conta è il
modello di scarpa che si caratterizza per le modalità di allacciatura previste.
La
derby si connota per avere i gambetti cuciti sopra la tomaia. Le inevitabili sovrapposizioni dei pellami fanno sì che questo modello sia sportivo e fresco.
Al contrario, la
francesina, che nella realtà è conosciuta come
oxford
Richelieu o
oxford, si caratterizza per avere la tomaia che copre e blocca i gambetti di modo che, a differenza della derby che si apre completamente tant’è vero che gli inglesi la chiamano anche
open lacing, le alette si aprono solo parzialmente.
Nel contesto delle oxford un sicuro posto lo hanno trovato le
norvegesi che si caratterizzano per la loro cucitura a
forma di
Y i cui bracci disegnano la vaschetta e la cui gamba taglia la punta a metà. Lo sviluppo e il successo della norvegese è testimoniato dalla presenza di ben 3 modelli diversi:
  1. quello americano in cui la vaschetta arriva quasi al bordo e la cucitura non è troppo gonfia;
  2. quello all’italiana con una vaschetta a ritroso che dona importanza alla puta e
  3. quella all’inglese, il giusto mix tra le prime due.
LOAFERInfine, abbiamo il classico mocassino, i
loafer che si caratterizza per l’assenza dei lacci a chiusura. Su tutti svettano i
tassel loafer con le nappine e i
penny loafer con la traversina sotto la linguetta e la vaschetta separata dalla tomaia.
Insomma, le varianti sono innumerevoli, ma non bisogna mai dimenticarsi che una scarpa mal abbinata è uno dei peggiori biglietti da visita per un professionista.
Meditate gente meditate e no abbassate lo sguardo per verificare.