6 Dicembre 2016

Niente spesometro solo per i piccoli agricoltori di montagna

di Luigi Scappini
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La conversione nella L. 225/2016 del c.d. decreto fiscale, il D.L. 193/2016, e in particolare le previsioni contenute nell’articolo 4, rappresenta, calando l’analisi al solo comparto agricolo, un esempio di mancato coordinamento normativo con il quale il professionista deve confrontarsi.

L’articolo richiamato, come noto, sostituendo integralmente l’articolo 21, D.L. 78/2010, di fatto, appesantisce gli adempimenti in capo ai contribuenti e quindi, di riflesso anche quelli dei professionisti, modificando le tempistiche di invio del cd. “spesometro”, la comunicazione dei dati delle operazioni effettuate e ricevute nel corso dell’anno da parte del soggetto passivo Iva, adempimento introdotto, come affermato nella Relazione illustrativa di accompagnamento, con il fine di contrastare le frodi Iva.

A decorrere dal 2017, l’adempimento, che prende il nome di “Comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute”, dovrà essere eseguito con cadenza trimestrale e quindi, in termini pratici, se prima era previsto un unico invio, adesso le scadenze diventano quattro, con indubbio aggravio di burocrazia, nonché costi.

Come noto, lo spesometro è stato introdotto con l’articolo 21, D.L. 78/2010, e prevede(va) l’obbligo, per i soggetti passivi Iva, di comunicare, in via telematica, all’Agenzia delle entrate le cessioni di beni e le prestazioni di servizi rese e ricevute, per le quali, nel corso del periodo d’imposta, i corrispettivi dovuti dal cessionario o committente, o al cedente o prestatore avessero superato la soglia di 3.000 euro, al netto dell’imposta per le operazioni per le quali sussiste l’obbligo di emissione della fattura, ovvero di 3.600 euro, comprensive dell’imposta sul valore aggiunto, per le operazioni per le quali non sussiste l’obbligo di emissione della fattura.

In ragione della tipologia di comunicazione e di dati in essa contenuti, non tutti i soggetti rientrano nell’obbligo e, originariamente, ne erano esclusi, in maniera coerente, anche i produttori agricoli in regime di esonero di cui all’articolo 34, comma 6, D.P.R. 633/1972.

Le ragioni di tale esclusione derivavano proprio dal regime a essi applicabile in forza del dettato di cui al comma 6 richiamato, ai sensi del quale tali soggetti sono dispensati dal versamento dell’Iva, nonché dagli ordinari adempimenti connessi quali l’emissione della fattura.

Si ricorda come si considerino tali i produttori agricoli ai sensi dell’articolo 2135, cod. civ. che hanno realizzato nel corso dell’anno solare precedente o, in caso di inizio attività, prevedono di realizzare, un volume di affari non superiore 7.000 euro costituito per almeno 2/3 da cessioni di prodotti agricoli rientranti nella Prima parte della Tabella A), allegata al D.P.R. 633/1972.

Tuttavia, in seguito, con l’articolo 36, comma 8-bis, D.L. 179/2012 anche i produttori agricoli in regime di esonero erano tenuti all’invio dello spesometro.

La revisione dell’adempimento, attuata con il D.L. 193/2016, poteva essere l’occasione per revisionare l’obbligo in riferimento a questi soggetti, in quanto mal si concilia con l’esonero dall’emissione della fattura e con quello di semplice tenuta dell’eventuale copia dell’autofattura emessa dal soggetto passivo acquirente.

Invece, la conversione in legge del decreto ha creato un paradosso in quanto ha previsto che sono esonerati dalla comunicazione “i soggetti passivi di cui all’articolo 34, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, situati nelle zone montane di cui all’articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601”.

A ben vedere, i paradossi sono due di cui uno evidente ictu oculi e consiste nella bipartizione, non si comprende bene per quale motivo, dei soggetti in regime di esonero in due categorie diversamente “tutelate”: da una parte gli agricoltori delle zone montane e dall’altra tutti gli altri.

L’ulteriore paradosso consiste nel delimitare il perimetro di esonero, richiamando la disciplina prevista per la riduzione dell’allora vigente Ilor e quindi individuandolo in estrema sintesi nei terreni situati a una altitudine non inferiore a 700 metri s.l.m., quando forse era più logico cercare di uniformare i parametri di riferimento e quindi allineare l’esenzione alle regole previste in materia di Imu che non poche polemiche hanno generato nel recente passato.

Al contrario, sempre l’articolo 4, D.L. 193/2016, nell’introdurre il nuovo articolo 21-bis, nell’alveo del D.L. 78/2010, prevedendo l’obbligo di invio, con cadenza sempre trimestrale, delle liquidazioni periodiche Iva, ne esonera i soggetti che non sono tenuti alla presentazione della dichiarazione Iva annuale e quindi anche i soggetti in regime di esonero ex articolo 34, comma 6, D.P.R. 633/1972.

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