6 Novembre 2014

Niente accertamenti basati sulla medie di settore, sì alla media ponderata

di Leonardo Pietrobon
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La Corte di Cassazione, ancora una volta interviene con due distinte sentenze per stabilire concetti che dovrebbero essere ormai chiari, ossia in primo luogo che lo
scostamento dalle medie di settore
non legittima di per sé l’
accertamento e in secondo luogo che nell’accertamento dei ricavi non contabilizzati, basato sulle percentuali di ricarico, l’Agenzia delle entrate deve “normalmente impiegare il criterio della
media ponderale”.
Le sentenze a cui si fa riferimento sono rispettivamente la sentenza della
Corte di Cassazione del 15.10.2014 n. 21791 e la sentenza
17.10.2014 n. 22006
Con la prima pronuncia – la sentenza n. 21791/2014 – la Corte di Cassazione riprende un concetto già espresso in precedenza, secondo cui
le medie di settore non costituiscono un “fatto noto”, storicamente provato, dal quale è sufficiente argomentare con giudizio critico, quello ignoto da provare, ma costituendo il risultato di una
estrapolazione statistica di una pluralità di dati disomogenei, risultano
inidonee, di per sé stesse, ad integrare gli estremi di una valida prova per presunzioni.
Sulla base di tale “principio”, quindi, a parere della Corte di Cassazione
al fine di legittimare il ricorso, in via analitico-induttiva, all’accertamento di maggiori redditi da parte dell’Ufficio, occorre che risulti la
sussistenza, in concreto, di qualche
elemento ulteriore, individuabile – in special modo –
nell’abnormità e nell’irragionevolezza della difformità tra la percentuale di ricarico
applicata dal contribuente e
la media di settore, tale da incidere sull’attendibilità complessiva della dichiarazione (sul punto si vedano anche le precedenti sentenze dalla Corte di Cassazione n. 26388/2005 n. 18038/2005 n. 20201/10 e n. 27488/13).
Nel caso preso in esame dalla suprema Corte di Cassazione
non risulta alcun elemento ulteriore, rispetto al dato dello
scostamento fra la percentuale di ricarico media del settore e
quella risultante dai dati contabili dichiarati dall’impresa sottoposta a controllo,
che giustificasse la prevalenza del dato medio su quello dichiarato, nemmeno la abnormità o l’irragionevolezza della difformità rilevata.
Con riferimento alla seconda questione – utilizzo della media ponderata sentenza n. 22006/2014 – a parere della Corte di Cassazione
il ricorso alla media ponderata deve essere
utilizzato nell’attività accertativa dei ricavi non dichiarati nel caso in cui l’accertamento consideri le percentuali di ricarico, in quanto l’utilizzo della
media aritmetica semplice è consentito
quando la merce risulta omogenea e non qualora tra i vari tipi di merce esista una differenza di valore e la tipologia di merce più venduta presenti una percentuale di ricarico molto inferiore rispetto a quella media.
Anche su questa questione, la Corte di Cassazione si è già espressa, con le
sentenze n. 11165 del 21.5.2014, affermando che
per presumere l’esistenza di ricavi superiori a quelli contabilizzati ed assoggettati ad imposta,
non bastano semplici indizi, ma
occorrono circostanze gravi, precise e concordanti. Inoltre,
non è legittima la presunzione di ricavi, maggiori di quelli denunciati,
fondata sul raffronto tra prezzi di acquisto e di rivendita operato su alcuni articoli,
anziché su un inventario generale delle merci da porre a base dell’accertamento. E
neppure si rende legittimo il ricorso al sistema della
media semplice,
anziché a quello della media ponderata, quando tra i vari tipi di merce esiste una
notevole differenza di valore ed i tipi più venduti presentano una percentuale di ricarico inferiore a quella risultante dal ricarico medio (dello stesso parere si segnala anche la CTR Napoli n. 112/32/12).
La tesi affermata con l’ultima sentenza in ordine temporale si pone in piena
contrapposizione con quanto affermato dalla stessa
Corte di Cassazione con la sentenza 16.12.2009 n. 26312 secondo cui, in ipotesi di accertamento basato sulle c.d. “percentuali di ricarico”, è legittima la determinazione del reddito sulla base della
media aritmetica semplice, a meno che le merci oggetto di commercializzazione
non siano appartenenti a categorie disomogenee o abbiano diverso valore.

La Cassazione, nella citata sentenza, accogliendo la tesi dell’ufficio sostiene che, in linea di principio, la rettifica basata sulla
media aritmetica semplice non è legittima ove tra le merci
esista una notevole differenza di valore, ed i tipi più venduti presentino una percentuale di ricarico molto inferiore a quella risultante dal carico medio. In conclusione, viene affermato il seguente principio di diritto: ”
il ricorso alla media aritmetica semplice, in luogo della media ponderata è consentito quando risulti l’omogeneità della merce … o non sia eccepita la disomogeneità (sulla questione si veda la Corte di Cassazione 14328/2009). Sul piano dell’onere della prova, il presupposto della disomogeneità della merce, in relazione al quale è richiesta una prova più rigorosa ed elaborata, deve essere provato, e prima ancora eccepito, dal contribuente“.