27 Dicembre 2013

Nella legge di stabilità la norma sul regime fiscale applicabile ai compensi ai procuratori di atleti professionisti

di Guido MartinelliMarta Saccaro
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Nel testo (non ufficiale) della c.d. legge di stabilità licenziato dalla Camera (ma non ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale) è presente una disposizione destinata a porre fine alla contestazione in merito alla deducibilità/imponibilità ai compensi riconosciuti ai procuratori di atleti professionisti.

La disposizione interviene sull’art. 51 del TUIR, destinato alla definizione dei criteri per la determinazione del reddito di lavoro dipendente, e testualmente prevede che, “per gli atleti professionisti si considera altresì il costo dell’attività di assistenza sostenuto dalle società sportive professionistiche nell’ambito delle trattative aventi ad oggetto le prestazioni sportive degli atleti professionisti medesimi, nella misura del 15%, al netto delle somme versate dall’atleta professionista ai propri agenti per l’attività di assistenza nelle medesime trattative».

Nella sostanza, quindi, il 15% del compenso riconosciuto al procuratore per l’”affare realizzato” si considera fringe benefit da tassare in capo all’atleta professionista.

Viene risolta, così, in questo modo, un’annosa questione relativa alla imponibilità/deducibilità delle somme corrisposte ai procuratori che, di fatto, svolgono la propria attività sia a vantaggio dei club (che si garantiscono il diritto alle prestazioni sportive di un atleta particolarmente qualificato) sia, naturalmente, a vantaggio dei giocatori, che spuntano ottimi contratti (in termini economici). Sono tuttavia di norma solo le società ad accollarsi l’intero costo della provvigione e, di conseguenza, hanno l’interesse a dedurre l’intera spesa sostenuta (ciò al fine di evitare anche gli oneri aggiuntivi della contribuzione in capo all’atleta). Ciò, tuttavia, in passato è stato contestato dall’Amministrazione finanziaria che ha ritenuto la somma non inerente almeno per il 50% (cioè la parte di competenza dell’atleta). Per consentire la deducibilità al 100% della spesa, in alternativa, veniva contestato che il 50% del compenso fosse considerato come reddito per lo sportivo professionista (che però doveva corrispondere le imposte figurative calcolate sulla somma di spettanza del procuratore). In questo modo si stabiliva una deducibilità “piena” della somma pagata dal club sia come compenso al procuratore sia (indirettamente) come esborso anticipato dalla società a favore del giocatore.

La norma giunge quindi a fare chiarezza su questa situazione stabilendo, in via forfettaria, che il 15% dei compensi versati dai club agli agenti degli atleti professionisti rappresenta una parte dello stipendio di questi ultimi (come fringe benefit). Su questa somma, quindi, sarà l’atleta a corrispondere le imposte mentre il club potrà dedurre il restante 85% del compenso corrisposto al procuratore. E’ però possibile che l’atleta dimostri di avere corrisposto direttamente (almeno) il 15% del compenso al procuratore: in questo caso, la somma non si dovrà cumulare con il resto dei suoi compensi.

Ad esempio, nell’ipotesi in cui il compenso spettante al procuratore sia di 100.000,00 euro, 15.000,00 euro (cioè il 15%) dovrà essere conteggiato come fringe benefit in capo all’atleta e tassato con l’aliquota fiscale maggiore. In pratica la somma figurativa si aggiunge allo stipendio corrisposto all’atleta sul quale la società, in qualità di sostituto d’imposta, dovrà operare le trattenute di legge. Va da sé, poi, che l’intero compenso corrisposto al giocatore rappresenta un costo deducibile per il club.

Il problema interpretativo che si impone è quello di verificare se tale novità legislativa possa estendere i suoi effetti anche al mondo dilettantistico. Infatti, la fattispecie concreta analizzata dal legislatore trova applicazione anche nelle attività apicali degli altri sports di squadra dilettantistici.

Non vi è dubbio che, nel nostro ordinamento, siano atleti professionisti quelli definiti tali dalla previsione della legge 91/81. Ossia coloro i quali svolgono attività sportiva in modo continuativo, a carattere oneroso e nell’ambito di una attività definita professionistica dalla Federazione di appartenenza.

Ad oggi solo sei Federazioni (e una di queste, la federazione pugilato, ha in animo di eliminare il proprio settore) hanno un settore professionistico e, pertanto, potenzialmente rientrante nel campo di applicazione della nuova disciplina introdotta dalla nuova legge di stabilità.

La legge 91/81, per il suo carattere di norma eccezionale, ai sensi delle preleggi al codice civile, non è suscettibile di interpretazione analogica o estensiva.

Ma se questo è vero, è altrettanto vero che la fattispecie indicata nella norma sussiste anche nei rapporti dilettantistici.

E’ possibile che a situazioni identiche si possano avere conseguenze fiscali diverse?

Probabilmente ci troviamo di fronte all’ennesimo esempio del fallimento della legge del marzo 1981 sullo sport professionistico che, anche e non solo per questo motivo, sarebbe ora di archiviare e novellare in maniera definitiva.