14 Dicembre 2016

Mirino sugli iscritti AIRE

di Nicola Fasano
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La previsione normativa (articolo 7, D.L. 193/2016) che ha riaperto i termini della voluntary disclosure porta in dote il rafforzamento dei controlli nei confronti delle persone fisiche iscritte all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE).

Il ragionamento è molto semplice: a fronte di coloro che hanno regolarizzato (o regolarizzeranno) la propria posizione accedendo alla procedura di collaborazione volontaria facendo emergere in Italia i capitali detenuti all’estero in violazione delle disposizioni in materia di monitoraggio fiscale, potrebbero esserci soggetti che hanno fatto il percorso inverso trasferendo la propria residenza all’estero, magari nel Paese in cui sono custoditi tali investimenti.

In questa ottica, il D.L. 193/2016 prevede che i comuni, fermi restando gli obblighi di comunicazione all’Agenzia delle Entrate sanciti dal D.L. 112/2008, inviano entro i sei mesi successivi alla richiesta di iscrizione nell’anagrafe degli italiani residenti all’estero i dati dei richiedenti all’Amministrazione finanziaria al fine della formazione di liste selettive per i controlli relativi ad attività finanziarie e investimenti patrimoniali esteri non dichiarati. Le modalità di comunicazione e i criteri per la formazione delle liste saranno disciplinati con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate da adottarsi entro tre mesi dall’entrata in vigore del D.L. 193/2016.

Non solo, in fase di prima attuazione delle suddette disposizioni, è espressamente previsto che le attività di controllo da parte dei comuni e dell’Agenzia delle Entrate vengono esercitate anche nei confronti delle persone fisiche che hanno chiesto l’iscrizione nell’anagrafe degli italiani residenti all’estero a decorrere dal 1° gennaio 2010 e che ai fini della formazione delle liste selettive si terrà conto della eventuale mancata presentazione delle istanze di collaborazione volontaria.

Anche alla luce di queste previsioni normative, pertanto, le persone fisiche “esterovestite” che abbiano trasferito in modo fittizio la propria residenza all’estero, faranno bene a valutare l’opportunità di aderire alla voluntary 2.0 che, al pari della prima edizione, può essere attivata sia da soggetti attualmente all’estero che erano fiscalmente residenti in Italia al momento del compimento delle violazioni in materia di monitoraggio fiscale, sia, a maggior ragione, da coloro i quali abbiano trasferito in modo fittizio la residenza all’estero e scelgano di autodenunciarsi al fine di sanare le relative violazioni ai fini delle imposte e del monitoraggio fiscale, evidentemente “rinunciando” a qualificarsi come soggetti residenti all’estero.

Particolare attenzione, come noto, deve essere prestata da coloro i quali abbiano trasferito la propria residenza fiscale in un Paese incluso nella black list del 4.5.1999 (c.d. “black list residenza persone fisiche”), che peraltro stenta ad essere puntualmente aggiornata da parte dell’Amministrazione finanziaria, tanto che la Svizzera (Paese con cui a partire dallo scorso 13 luglio è entrato in vigore l’accordo per l’effettivo scambio di informazioni) risulta ancora un “paradiso fiscale”.

Ebbene, l’articolo 2, comma 2-bis, Tuir, in caso di trasferimento della residenza in uno dei Paesi riportati nella black list prevede l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente. Questo vuol dire che, in caso di controllo da parte del Fisco, non è quest’ultimo a dover dimostrare la fittizietà del trasferimento all’estero della residenza (come avviene in caso di trasferimento in Paesi diversi da quelli black list), ma è il contribuente a dover dimostrare il reale trasferimento all’estero. A tali fini, tuttavia, va sempre considerata la presenza di una eventuale Convenzione contro le doppie imposizioni  (come per esempio quella vigente con la Svizzera) che è norma sovraordinata rispetto alla legislazione nazionale, per cui eventuali conflitti di residenza fra due Stati dovranno essere risolti sulla base delle previsioni dell’articolo 4 del Modello Ocse di Convenzione che normalmente rimanda all’applicazione della clausola dirimente della prevalenza del Paese in cui la persona fisica ha “il centro degli affari e degli interessi, a prescindere da dati ed elementi di natura meramente formale.

In assenza di una Convenzione contro le doppie imposizioni (come nel caso del Principato di Monaco), invece, applicandosi la sola disciplina interna dovrà utilizzarsi una “diligenza” ancora maggiore non solo rispetto alla situazione sostanziale, ma anche a quella formale per cui si è soliti dire che l’iscrizione AIRE per la maggior parte del periodo di imposta è condizione necessaria anche se di per sé non sufficiente (poiché in Italia potrebbe comunque rimanere il domicilio) affinché la persona fisica possa considerarsi fiscalmente residente all’estero.

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