15 Giugno 2017

Manovra correttiva e jobs act: le novità per le collaborazioni degli enti

di Guido Martinelli
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Tra le modifiche introdotte nel D.L. 50/2017, ancora in fase di conversione, spicca la nuova disciplina “delle prestazioni occasionali. Libretto di famiglia. Contratto di prestazione occasionale”, come testualmente riportato dalla rubrica dell’articolo dedicato contenuto nel decreto.

Come è noto, la normativa introdotta sostituisce quella sulle prestazioni a carattere accessorio (i c.d. voucher) abrogata a seguito del programmato referendum.

Vengono previsti due percorsi diversi, a valere l’uno per le persone fisiche (il libretto di famiglia) e l’altro (il contratto di prestazione occasionale) “per gli altri utilizzatori”.

Non vi è dubbio, pertanto, che è al secondo a cui devono affidarsi gli enti, evidenziando come si continui ad accomunare la disciplina degli enti non commerciali alle società. Questo costituisce il limite più forte della riforma, o, meglio, della sua applicabilità agli enti. Infatti, l’utilizzo di queste prestazioni è legato ad una serie di adempimenti quali:

  1. la preventiva registrazione sulla piattaforma INPS sia delle associazioni che dei prestatori;
  2. la trasmissione almeno un’ora prima dell’effettuazione della prestazione dei dati anagrafici e identificativi del prestatore, del luogo, della data e dell’ora di inizio e di termine e dell’oggetto della prestazione;
  3. la comunicazione del compenso previsto per la prestazione;
  4. l’effettuazione del pagamento della prestazione all’INPS mediante F24. L’istituto provvederà poi a saldare il lavoratore.

In più per ciascun utilizzatore, con riferimento alla totalità dei prestatori, i compensi non potranno essere di importo superiore ai 5.000 euro.

È palese che tale disciplina sarà difficilmente compatibile con la struttura organizzativa delle associazioni e ben lontana dalla semplicità di utilizzo degli abrogati e rimpianti voucher per prestazione accessoria. In più si pone il problema se tale prestazione, ove eterodiretta, possa comunque sfociare in una declaratoria di rapporto di lavoro subordinato.

Ma vi è un secondo aspetto che appare, sotto il profilo interpretativo, ben più intrigante e gravido di conseguenze. Il legislatore le definisce “prestazioni di lavoro occasionali”. Il problema diventa quello di capire se differiscono da quelle (che non vengono espressamente abrogate) di cui all’articolo 67, primo comma, lett. L, del Tuir che disciplina “i redditi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente”. Queste ultime, come è noto, non prevedono formalità preventive ai fini della instaurazione del rapporto, la ritenuta d’acconto del 20% e contributi previdenziali per importi superiori ai 50.000 euro. L’esatto contrario dei primi che invece sono esentati da imposizione fiscale ma assoggettati a contribuzione.

Sarebbe un grosso problema se la nuova fattispecie fosse sostitutiva (rendendo veramente difficile per le associazioni retribuire prestazioni episodiche in loro favore), ma anche se fosse aggiuntiva il discrimine tra le due appare estremamente labile. Speriamo che qualcosa o qualcuno ci illumini in merito.

Una importante novità è stata introdotta anche dalla L. 81/2017 recante “norme per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”, il c.d. jobs act del lavoro autonomo”.

L’articolo 15, comma 1, lett. a), infatti, introduce una modifica all’articolo 409, numero 3, c.p.c., introducendo la seguente specifica: “La collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa”.

Questa novità ci consente di dare una lettura più chiara della previsione contenuta nel D.Lgs. 81/2015 laddove all’articolo 2 si prevede, a far data dal 1° gennaio 2016, l’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato alle collaborazioni con prestazioni esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi ed al luogo di lavoro. Quindi, in presenza di modalità di coordinamento “concordate” non scatterebbe la presunzione di applicazione delle norme di lavoro subordinato. Ove, invece, queste fossero “etero organizzate” ne deriverebbe l’applicazione della presunzione di applicabilità delle norme di lavoro subordinato.

Pertanto, nei casi in questione, sarà opportuno, mediante l’adozione di appositi contratti tra le parti, evidenziare la partecipazione del collaboratore alle indicazioni sul come dovrà essere svolta la prestazione.

Novità fiscali della manovra correttiva e del Jobs Act