6 Ottobre 2016

Manca ancora l’autorizzazione per l’ipotesi di reverse nei consorzi

di Luca Caramaschi
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Come è noto la legge di Stabilità 2016 ha aggiunto la nuova lettera a-quater) al sesto comma dell’articolo 17 del D.P.R. 633/1972 al fine assoggettare al regime del reverse charge anche le prestazioni effettuate dalle consorziate nei confronti di consorzi che, essendo fornitori della pubblica Amministrazione, applicano l’Iva in regime di split payment.

L’intervento normativo, come anche ribadito in sede parlamentare, persegue l’obiettivo di alleviare gli effetti finanziari prodotti in capo ai fornitori della pubblica Amministrazione a seguito della introduzione del meccanismo noto come “split payment” nell’articolo 17-ter del decreto Iva.

Relativamente a tale disposizione, tuttavia, occorre evidenziare che affinché la stessa possa esplicare efficacia, è necessario che il Consiglio dell’Unione europea autorizzi la misura speciale di deroga di cui all’articolo 395 della Direttiva 2006/112/CE, nel quale si afferma che “il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione, può autorizzare ogni Stato membro ad introdurre misure speciali di deroga alla presente Direttiva, allo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta o di evitare talune evasioni o elusioni fiscali”.

Come precisato infatti dall’Agenzia nella circolare n. 20/E/2016, la previsione in commento necessita di una preventiva autorizzazione da parte degli organismi europei, non rientrando fra le operazioni per le quali gli Stati membri possono stabilire, senza alcun limite temporale, che il soggetto tenuto al versamento dell’Iva sia il cessionario o il committente in luogo del cedente o prestatore (si veda articolo 199 della Direttiva 2006/112/CE), né fra quelle – a carattere temporaneo – per le quali gli Stati membri possono prevedere l’applicazione del meccanismo del reverse charge fino al 31 dicembre 2018 e per un periodo minimo di due anni (si veda l’articolo 199-bis della direttiva 2006/112/CE).

In attesa, pertanto, della richiamata autorizzazione, vediamo quali caratteristiche presenta la nuova fattispecie soggetta al regime dell’inversione contabile.

Una prima indicazione, fornita con la richiamata circolare n. 20/E/2016, riguarda l’aspetto soggettivo della disposizione. Viene in particolare precisato che i consorzi, a cui si riferisce la norma in esame, sono unicamente quelli indicati dall’articolo 34, comma 1, del D.Lgs. 163/2006, ossia:

  • i consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro;
  • i consorzi stabili, costituiti anche in forma di società consortili ai sensi dell’articolo 2615-ter del codice civile, tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro;
  • i consorzi ordinari di concorrenti di cui all’articolo 2602 del codice civile.

Secondo l’Agenzia debbono, pertanto, ritenersi esclusi dall’ambito applicativo della disposizione in argomento:

  • i raggruppamenti temporanei di imprese di cui all’articolo 37 del D.Lgs. 163/2006;
  • le imprese aderenti al contratto di rete di cui all’articolo 3, comma 4-ter, del D.L. 5/2009, convertito con modificazioni dalla L. 33/2009.

Con riferimento ai presupposti applicativi della disciplina del reverse charge è necessario che il consorzio che riceve la fattura dal consorziato abbia come committente un soggetto appartenente alla pubblica Amministrazione che in relazione alla prestazione ricevuta sia tenuto ad applicare il regime della scissione dei pagamenti (noto come “split payment”).

 

Il meccanismo dello split payment

La legge di Stabilità 2015 (articolo 1 comma 629, lettera b) L. 190/2014) ha introdotto una nuova modalità di versamento dell’Iva, operante esclusivamente con riferimento a determinate cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nei confronti della pubblica Amministrazione, definita “scissione dei pagamenti”, oramai nota con il termine anglosassone di “split payment”, e disciplinata dall’articolo 17-ter aggiunto al D.P.R. 633/1972. Sul tema sono già intervenuti chiarimenti ufficiali con le circolari n. 1/E/2015 e n. 15/E/2015.

In applicazione di detto regime, a fronte dell’operazione effettuata nei confronti della pubblica Amministrazione, il cedente/prestatore deve emettere fattura con addebito dell’imposta, provvedere alla registrazione della stessa, senza tuttavia computare l’imposta a debito nelle liquidazione periodica Iva, posto che l’obbligo di versamento dell’imposta, infatti, è posto a carico dell’Amministrazione committente/cessionaria. Questo ultimo soggetto deve quindi operare una scissione sulle somme complessivamente dovute al proprio fornitore e accreditare a quest’ultimo il solo importo del corrispettivo pattuito (al netto dell’Iva indicata in fattura), versando direttamente all’Erario il relativo tributo.

Le modalità di liquidazione dell’imposta, derivanti dall’applicazione del regime di split payment, determinano sui fornitori della pubblica Amministrazione, soprattutto ove organizzati in forma consortile, importanti effetti finanziari che solo in parte potevano dirsi attenuati dalle misure sino ad oggi introdotte, quali la possibilità di chiedere il rimborso dell’eccedenza Iva detraibile con periodicità annuale o trimestrale (articolo 30 comma 3 del D.P.R. 633/1972) e l’effettuazione di detto rimborso in via prioritaria (D.M. 23 gennaio 2015).

Per comprendere appieno le dimensioni di tale fenomeno che interessa il mondo consortile, appare utile richiamare alcune brevi considerazioni in ordine alle modalità di fatturazione delle prestazioni rese da consorzi.

Il consorzio con attività esterna è infatti un soggetto passivo Ires (ex articolo 73, comma 2, del Tuir) e Iva (articolo 4, comma 2, del D.P.R. 633/1972) che può agire come mandatario con o senza rappresentanza dei suoi consorziati nei confronti dei terzi.

In ordine alle modalità di fatturazione in presenza di prestazioni rese da imprese consorziate a pubbliche Amministrazioni, la risoluzione 4 agosto 1987, n. 460437 ha individuato, facendo ricorso proprio alla figura del mandato con o senza rappresentanza, le ipotesi di seguito descritte:

  • consorzio che esegue direttamente l’opera, agendo in nome e per conto proprio: il consorzio emette fattura nei confronti dell’Amministrazione committente/cessionaria a fronte del pagamento del corrispettivo ed emette documenti contabili interni, non soggetti ad Iva, nei confronti delle imprese consorziate per imputare a queste ultime i costi e le spese di competenza, nonché ripartire i corrispettivi riscossi;
  • consorzio che agisce in nome e per conto dei consorziati : le imprese consorziate emettono direttamente fattura nei confronti dell’Amministrazione committente/cessionaria, ciascuno pro-quota e il consorzio sarà soggetto passivo Iva unicamente per i compensi eventualmente lui corrisposti dai consorziati per l’attività di intermediazione;
  • consorzio che per l’esecuzione dell’opera si avvale dei propri consorziati, agendo in nome proprio ma nel loro interesse: il consorzio emette fattura nei confronti dell’Amministrazione committente/cessionaria a fronte del pagamento del corrispettivo e i consorziati emettono fatture soggette ad Iva nei confronti del consorzio, in relazione alle rispettive prestazioni rese al consorzio.

Dei modelli sopra descritti, quello che più frequentemente viene adottato nella prassi è il terzo. Nella maggior parte dei casi, infatti, i consorzi non svolgono attività operativa in proprio, avendo una mera funzione di rappresentanza delle consorziate. È quindi proprio nei confronti di tale forma di organizzazione consortile che l’entrata in vigore del regime di split payment ha determinato i più severi effetti finanziari (come osservato, peraltro, nell’interrogazione parlamentare n. 5/06935 del 19 novembre 2015).

Tale consorzio, infatti, versando all’Erario l’Iva “a debito” mediante l’applicazione dello split payment (cioè per il tramite della pubblica Amministrazione), non può in alcun modo andare ad abbattere il corrispettivo credito Iva derivante dalle fatture emesse nei suoi confronti dai propri consorziati; trovandosi così in una costante situazione di credito Iva.

Sotto il profilo finanziario, quindi, il medesimo consorzio deve trasferire ai propri consorziati importi superiori a quelli incassati dall’Amministrazione committente/cessionaria (in quanto gravati dell’Iva che sul fronte delle fatture attive non è mai entrata nella disponibilità del consorzio), così anticipando risorse che solo in un momento successivo saranno rimborsate dall’Erario.

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