16 Giugno 2015

L’orto-florovivaismo e il quadro RD – parte II

di Luigi Scappini
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L’articolo 2135 codice civile, norma cui rimanda l’articolo 32 Tuir per individuare quali siano le attività che, nel rispetto di determinati parametri, producono un reddito agrario, prevede che “… Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge”.

Il Legislatore tributario, tuttavia, non riconosce pari dignità a tutte le attività che civilisticamente si considerano come connesse.

Infatti, se per le attività di manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione relative a prodotti ricompresi in un decreto ministeriale, da ultimo vedasi il D.M. 13 febbraio 2015, è concessa la tassazione su base catastale, così non è, ad esempio, per le attività dirette alla fornitura di beni o servizi nonché per quelle di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge ove per le prime si deve avere riguardo all’articolo 56-bis Tuir e per le secondo l’articolo 5 della Legge n. 413/1991.

Ma quali possono essere, e soprattutto a che regime impositivo vengono ricondotte, le possibili attività connesse esercitate da un soggetto che svolge l’attività di orto-florovivaismo?

Sicuramente una delle attività tipiche è quella di vendita non solo di piante, ma anche di attrezzatura e articoli da giardinaggio, il cui esercizio determina, a tutti gli effetti un’attività commerciale, attività che si riscontrerà anche nell’ipotesi di cessione di piante non “prodotte” presso l’azienda, bensì acquistate presso terzi per la successiva rivendita. Si ricorda, infatti, come l’Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 44/E/2004 abbia affermato come “la semplice conservazione, commercializzazione e valorizzazione, considerate autonomamente, non possono dar luogo ad attività connesse.”.

Concorde anche la giurisprudenza di legittimità che nega la natura di connesse alle attività di vendita di piante e fiori acquistati da terzi senza che sia stato effettuato alcun intervento teso allo sviluppo e alla coltivazione delle piante da parte del cedente (sentenze n.6611/2009 e n.18488/2004).

Altra attività che solitamente viene esercitata dai soggetti che svolgono attività di orto-florovivaismo è quella di prestazione di servizi sotto forma, ad esempio, di cura di verdi pubblici o privati.

In tal caso, affinché l’attività rientri nel regime di cui all’articolo 56-bis, comma 3 Tuir, è necessario che tali attività siano esercitate tramite l’utilizzo prevalente di attrezzature e/o risorse dipendenti normalmente impiegati nell’attività agricola principale.

La normalità consiste nell’utilizzo di attrezzatura non eccedente il fabbisogno ordinario dell’azienda, mentre la prevalenza può essere verificata avendo riguardo al gasolio utilizzato o alle ore macchina.

In tal caso, il reddito è un reddito di impresa, ma concorrerà in misura forfettaria pari al 25% dell’ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione agli effetti Iva.

In sede dichiarativa andrà compilato il quadro RD, sezione III del modello Unico 2015.

Nello specifico, nel rigo RD10, colonna 3 andrà indicato l’ammontare dei corrispettivi Iva di cui sopra.

Concludiamo l’analisi relativa ai redditi che possono essere prodotti da un imprenditore agricolo esercente l’attività di orto-florovivaismo, ricordando come con l’articolo 1, comma 176 della Legge n. 244/2007 (la Finanziaria per il 2008), intervenuto sull’articolo 33 Tuir, sia stato previsto, con il nuovo comma 2-bis che “Sono  considerate  produttive  di  reddito  agrario  anche  le attività di coltivazione di prodotti vegetali per  conto  terzi  svolte  nei limiti di cui all’articolo 32, comma 2,  lettera  b)”.

In altri termini, viene ricondotta a tassazione su base catastale anche la coltivazione di beni (piante, fiori, ortaggi etc.) per conto di terzi utilizzando il proprio terreno e le proprie attrezzature.

Il rimando all’articolo 32 comporta che se l’attività è svolta sul terreno si avrà sempre un reddito agrario, mentre se vengono utilizzate strutture fisse quali le serre, si dovrà aver riguardo ai limiti di cui alla lettera b), individuati nel doppio della superficie su cui insiste la produzione.

Per completezza si precisa come, per il soggetto committente si potranno determinare due differenti scenari:

  1. se l’attività si limita alla mera rivendita (ad esempio il fioraio che commissiona la produzione di determinate piante e/o fiori) si determinerà sempre un reddito d’impresa;
  2. se, i prodotti (ad esempio una talea) coltivati dal “conto terzista” vengono immessi in un ciclo biologico o parte di esso il reddito sarà, nel rispetto dei parametri di cui all’articolo 32 Tuir, un reddito agrario determinato catastalmente.