8 Luglio 2014

L’omessa annotazione delle fatture nel registro degli acquisti non esclude la detrazione

di Luigi Ferrajoli
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Con la sentenza n. 11168 del 21/5/2014 la Cassazione ha affrontato il tema della sussistenza del diritto alla detrazione in presenza di violazioni formali-contabili.

La vicenda trae origine da una verifica fiscale all’esito della quale è stato emesso un avviso di accertamento con il quale veniva recuperato l’importo dell’Iva portato in detrazione nell’anno di imposta 1998 ed irrogata la relativa sanzione pecuniaria, poiché alla data della verifica, avvenuta nel mese di luglio 1999, la società accertata non aveva stampato su supporto cartaceo i registri Iva conservati solo su supporto magnetico.

La contribuente ha impugnato l’avviso di accertamento ottenendo conforto sia in primo che in secondo grado. In particolare i giudici di merito hanno ritenuto applicabile al caso il principio del favor reistabilito in materia di illeciti tributari dall’articolo 3 D.Lgs. 472/1997, riconoscendo applicazione retroattiva alle disposizioni del D.L. 357/1994, modificato dalla L. 342/2000, che consentiva di stampare su cartaceo le registrazioni informatiche fino al termine di presentazione della dichiarazione annuale Iva, non ancora scaduto alla data della verifica.

In via generale la Suprema Corte ha affermato, conformemente ai suoi precedenti, che il predetto D.L. 357/1994 non istituisce due registri alternativi, ossia quello cartaceo e quello su supporti telematici, ma si limita a prescrivere una modalità temporanea di esecuzione delle registrazioni, disponendo un differimento temporale della registrazione cartacea, sempre che al momento della verifica i registri su supporti magnetici risultino aggiornati e vengano immediatamente stampati su richiesta degli organi competenti (cfr. Cassazione sentenze n. 22851 del 10/11/2010 e n. 20442 del 06/10/2011).

L’ordinamento interno, ai fini del legittimo esercizio del diritto alla detrazione Iva, richiede la prova dell’avvenuta annotazione delle fatture passive nel registro degli acquisti e, in caso di mancata trascrizione delle registrazioni informatiche, la dichiarazione annuale Iva che ne consegue deve essere considerata infedele, per cui l’Amministrazione finanziaria può legittimamente recuperare la corrispondente imposta detratta.

Per la Corte, tuttavia, il difetto del presupposto conformativo del diritto alla detrazione (ossia l’omessa redazione, nei termini prescritti, su supporto cartaceo del registro degli acquisti), non priva il contribuente del diritto alla restituzione della eccedenza d’imposta versata all’Erario. Ciò è consentito qualora il contribuente possa provare, anche mediante mezzi diversi dalle scritture contabili, la sussistenza dei presupposti di diritto sostanziale che legittimano il soggetto passivo al recupero di quanto versato in eccedenza, tenuto conto che la disciplina Iva consente l’attuazione del “principio della neutralità d’imposta” non solo attraverso il diritto alla detrazione ma anche mediante il diritto al rimborso (in senso conforme Cassazione sentenza n. 16257 del 23/7/2007).

L’interpretazione fornita dalla Cassazione è conforme ai principi espressi dalla Corte di Giustizia, la quale è ferma nel ritenere che dal mancato rispetto degli obblighi formali non può derivare la perdita del diritto alla detrazione in capo al contribuente (Corte di Giustizia, sentenza dell’8/05/2008 nei procedimenti riuniti C-95/07 e C-96/07).

Il Collegio, in via generale, ha affermato che l’inadempimento o l’irregolare adempimento degli obblighi formali e degli altri obblighi che gli Stati membri possono stabilire, quando necessari ad assicurare la esatta riscossione dell’imposta ed evitare frodi, non legittima gli Stati membri ad escludere il diritto alla detrazione ove risultino osservati gli obblighi sostanziali, fatto salvo il caso in cui la violazione formale implichi un rischio di perdita di entrate fiscali ovvero sottenda una operazione in frode al fisco o un uso abusivo di norme comunitarie.

Da quanto osservato per la Cassazione ne consegue che se il contribuente si attiene agli obblighi formali-contabili prescritti dalla normativa interna, sarà l’Amministrazione fiscale, che intende disconoscere il diritto alla detrazione, a dover dimostrare che la realtà non corrisponde a quella rappresentata nelle scritture contabili; ove il contribuente, invece, non vi si conformi sarà onere dello stesso, a fronte delle contestazioni dell’Amministrazione circa la irregolare tenuta delle scritture contabili, fornire la prova della esistenza delle condizioni sostanziali cui la normativa comunitaria ricollega il diritto alla detrazione.

La Cassazione, all’esito del giudizio, ha rigettato il ricorso dell’Amministrazione finanziaria riconoscendo legittima la detrazione dell’imposta effettuata dalla società contribuente, ritenendo che la violazione formale non abbia inficiato la prova della esistenza delle condizioni per l’esercizio della detrazione.