27 Maggio 2015

L’IVA sulla cessione di container di provenienza extracomunitaria

di Marco Peirolo
Scarica in PDF

I container sono contenitori aventi misure standardizzate che vengono utilizzati per il trasporto di merci su navi, camion, treni e aerei.

Di interesse è il regime applicabile, ai fini doganali e IVA, ai container di provenienza extracomunitaria, se ceduti quando gli stessi si trovano nel territorio dello Stato italiano.

Secondo un orientamento giurisprudenziale, tali cessioni – avendo per oggetto beni “allo stato estero” – non soddisfano il presupposto territoriale e, quindi, sono escluse dal campo di applicazione dell’IVA.

In proposito, occorre osservare, in primo luogo, che i container non si considerano mezzi di trasporto (art. 38, par. 3, del Reg. UE n. 282/2011) e, in secondo luogo, che gli stessi sono assoggettati ad un regime automatico di ammissione temporanea, in quanto destinati al traffico internazionale, essendo utilizzati per il movimento di beni “spediti da e per l’estero e da riesportare o reimportare tal quali, per essere impiegati per il trasporto, il condizionamento ed il contenimento di merci in importazione ed in esportazione anche temporanea” (art. 214, commi 1 e 2, del D.P.R. n. 43/1973 – Testo unico delle leggi doganali).

Per effetto del regime di ammissione temporanea, applicabile anche in assenza di una specifica autorizzazione, i container possono essere utilizzati nel territorio doganale comunitario in esonero dai dazi all’importazione siccome destinati alla riesportazione entro il termine stabilito dalle Autorità doganali; ai sensi dell’art. 140 del Reg. CEE n. 2913/1992 (Codice doganale comunitario), tale termine – di regola pari a 24 mesi – può essere ridotto con l’accordo dell’interessato, oppure prorogato entro limiti ragionevoli.

La disciplina doganale esposta è in linea con la corrispondente normativa comunitaria; in particolare, l’art. 557, par. 3, del Reg. CEE n. 2454/1993 rinvia alla Convenzione di Ginevra del 21 gennaio 1994, sul trattamento doganale dei pool container utilizzati nel trasporto internazionale, approvata dalla decisione del Consiglio UE n. 95/137/CE. L’art. 4 della suddetta Convenzione prevede, per i container, un regime di franchigia dai dazi e dalle tasse all’importazione.

Nell’arco temporale della non imponibilità previsto dalla legge doganale, i container possono essere ceduti a terzi senza perdere, per ciò solo, l’applicazione del suddetto regime agevolativo. A tal fine, gli atti di disposizione compiuti nel menzionato periodo di tolleranza – durante il quale sono effettuati speciali controlli da parte dell’Autorità doganale, che deve essere informata delle operazioni affinché sia mantenuta l’agevolazione – sono da considerare esenti solo in quanto non abbiano l’effetto di modificare la suddetta naturale funzione di contenitori per il traffico internazionale delle merci, cui è condizionata l’agevolazione stessa e, quindi, non siano immessi nel mercato interno alla stregua di qualunque altro bene mobile.

Secondo la Corte di Cassazione, l’inosservanza di tali condizioni comporta, oltre all’insorgenza dell’obbligazione doganale, ai sensi dell’art. 204 del Codice doganale comunitario, anche l’applicazione dell’IVA, in base all’art. 7-bis, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972 (Cass., 28 gennaio 2015, n. 1567; Cass., 6 maggio 2009, n. 10387; Cass., 4 maggio 2009, n. 10179; Cass., 2 luglio 2008, n. 18069; Cass., 12 luglio 2006, n. 15817).

La rilevanza ai fini IVA delle cessioni di container, da intendersi vincolati al regime della temporanea importazione, è stata confermata anche dall’Amministrazione finanziaria.

Con la R.M. 18 febbraio 1998, n. 13/E, è stato infatti precisato che “(l)a circostanza che i beni, durante la loro permanenza in Italia, non siano scortati da alcun documento doganale né siano soggetti a dichiarazione o cauzione, è del tutto irrilevante e non li differenzia, sotto il profilo del regime applicabile, da quelli presenti temporaneamente in Italia in «perfezionamento attivo»”. Di conseguenza, “le cessioni dei beni in questione rientrano nel campo di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, ai sensi del secondo comma dell’art. 7 del più volte richiamato D.P.R. n. 633 del 1972” (ora art. 7-bis, comma 1, dello stesso decreto).

È il caso di sottolineare che se i beni in temporanea importazione sono ceduti a soggetti IVA di altri Paesi membri dell’Unione europea, ferma restando la territorialità dell’operazione – come recentemente confermato dalla Corte di giustizia nella causa C-446/13 del 2 ottobre 2014 – la cessione non assume natura intracomunitaria non avendo per oggetto beni originari dell’Unione o ivi immessi in libera pratica.

Come, infatti, indicato dalla prassi amministrativa, “per la realizzazione di operazioni intracomunitarie (sia acquisti che cessioni) assume rilevanza, tra l’altro, la circostanza che oggetto della transazione sia un bene originario della Comunità o ivi immesso in libera pratica” (R.M. 7 settembre 1998, n. 127/E e risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 20 novembre 2001, n. 185). Conseguentemente, secondo la R.M. n. 127/E/1998, “non configurando tali operazioni l’ipotesi di cessioni intracomunitarie, le stesse devono essere assoggettate all’imposta (…)”.

Va da sé, pertanto, che qualora l’operatore nazionale abbia erroneamente considerato le suddette operazioni quali cessioni intracomunitarie dovrà operare le opportune rettifiche, anche in relazione alla costituzione ed utilizzo del plafond (risoluzione n. 185/E/2001).