8 Ottobre 2015

L’IVA per il commercio elettronico degli operatori in franchigia

di Marco Peirolo
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La risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 75 del 28 agosto 2015, nel chiarire il regime impositivo dei servizi di e-commerce resi, a clienti comunitari non residenti, dai soggetti in regime di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e i lavoratori in mobilità (di cui all’art. 27, commi 1 e 2, del D.L. n. 98/2011), ha superato le indicazioni contenute nella circolare n. 36 del 21 giugno 2010.

Secondo l’Agenzia, in assenza di un’espressa disciplina – nell’ambito del regime di vantaggio – al trattamento IVA delle operazioni di commercio elettronico “diretto”, trova applicazione la disciplina prevista per il regime fiscale agevolato per autonomi novellato dall’art. 1, commi 54-89, della L. n. 190/2014 (Legge di Stabilità 2015).

Con riferimento alle prestazioni di servizi, l’art. 1, comma 58, lett. d), della citata L. n. 190/2014 dispone che, ai fini IVA, i soggetti che hanno optato per il regime agevolativo applicano alle prestazioni di servizi ricevute da soggetti non residenti o rese ai medesimi gli artt. 7-ter e ss. del D.P.R. n. 633/1972. Tali operazioni, pertanto, anche quando sono effettuate da soggetti aderenti al regime forfetario, rimangono soggette alle ordinarie regole di territorialità, fermo restando che, per gli stessi, è escluso il diritto di detrazione dell’imposta “a monte” ai sensi degli artt. 19 e ss. del D.P.R. n. 633/1972.

Applicando i richiamati princìpi al regime fiscale di vantaggio, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, per i servizi elettronici resi nei confronti di soggetti passivi d’imposta o di “privati consumatori” comunitari, l’IVA risulta dovuta nel Paese in cui il committente è stabilito, ovvero ha il domicilio o la residenza. Di conseguenza, anche laddove tali operazioni siano rese nell’ambito del regime agevolato, la relativa IVA deve essere assolta:

  • nei rapporti “B2B”, dal committente comunitario nel proprio Paese, essendo l’operazione “fuori campo IVA” in Italia. In pratica, il prestatore italiano emette fattura non soggetta a IVA ai sensi dell’art. 21, comma 6-bis, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972 con l’annotazione “inversione contabile” e con l’eventuale specificazione della norma, comunitaria o nazionale, di riferimento (nella specie, l’art. 44 della Direttiva n. 2006/112/CE o l’art. 7-ter del D.P.R. n. 633/1972);
  • nei rapporti “B2C”, ai fini del corretto assolvimento degli obblighi d’imposta, il prestatore italiano è tenuto ad identificarsi in ciascuno Stato membro in cui presta tali servizi o, in alternativa, può avvalersi del regime speciale del MOSS (Mini One Stop Shop), disciplinato dall’art. 74-sexies del D.P.R. n. 633/1972.

Alla luce del richiamo all’art. 1, comma 58, lett. d), della L. n. 190/2014, contenuto nella risoluzione n. 75/E/2015, ne discende che gli operatori in franchigia (soggetti al regime forfetario, al regime di vantaggio o al regime dei minimi), per le prestazioni di e-commerce ricevute da fornitori non residenti, devono assolvere l’IVA con il sistema del reverse charge, cioè:

  • integrando la fattura (se il prestatore è UE) o emettendo autofattura (se il prestatore è extra-UE), con indicazione dell’aliquota e dell’imposta, che resta indetraibile;
  • provvedendo a versare l’imposta entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione.

L’applicazione delle disposizioni previste per i soggetti in regime forfetario anche alle prestazioni di e-commerce rese dai soggetti in regime di vantaggio porta a ritenere che, per tali ultimi soggetti e per quelli minimi, anche le operazioni di commercio elettronico “indiretto” vanno assoggettate a IVA in conformità alla disciplina dettata per gli operatori in regime forfetario.

L’art. 1, comma 58, lett. b) e c), della L. n. 190/2014 stabilisce che i suddetti operatori applicano alle cessioni di beni intracomunitarie l’art. 41, comma 2-bis, del D.L. n. 331/1993 e, agli acquisti di beni intracomunitari, l’art. 38, comma 5, lett. c), dello stesso decreto.

In pratica, dal lato attivo, le operazioni poste in essere non costituiscono cessioni intracomunitarie, ma cessioni interne senza diritto di rivalsa dell’IVA sulle fatture emesse.

Dal lato passivo, invece, trova applicazione il sistema alternato di tassazione, con imposta assolta nel Paese membro di origine sino alla soglia annua di 10.000,00 euro, ovvero in Italia in caso di superamento di tale limite monetario o di opzione per l’applicazione dell’imposta sugli acquisti intracomunitari posti in essere. Laddove l’IVA sia dovuta in Italia, l’operatore in franchigia deve integrare la fattura emessa dal fornitore comunitario con indicazione dell’aliquota e dell’imposta, che resta indetraibile, e versare l’imposta entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione.

Confrontando le previsioni contenute nel citato art. 1, comma 58, lett. b) e c), della L. n. 190/2014 con le indicazioni fornite dalla circolare n. 36/E/2010, l’unica differenza riguarda il trattamento impositivo degli acquisti di beni provenienti da altro Paese membro, che l’Agenzia delle Entrate ha considerato, a prescindere dal loro ammontare annuo, come acquisti intracomunitari, soggetti alla procedura di integrazione con l’indicazione dell’aliquota e dell’imposta, non ammessa in detrazione.