1 Luglio 2015

L’esportazione in triangolazione con la clausola FOB

di Marco Peirolo
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Un dubbio che si riscontra tra gli operatori che effettuano operazioni con l’estero riguarda la possibilità di applicare il regime di non imponibilità previsto per le cessioni all’esportazione in caso di triangolazione con clausola FOB (Free On Board – Franco a Bordo).

Si tratta dell’ipotesi in cui il primo cedente italiano, che vende i beni al cessionario/secondo cedente, anch’esso italiano, provvede direttamente o tramite terzi a caricare la merce a bordo della nave per il successivo invio al di fuori del territorio doganale comunitario.

In via preliminare, si ricorda che la clausola FOB è utilizzata nei contratti di compravendita per indicare il luogo di consegna della merce quando il trasporto è effettuato via mare.

Con questo termine di resa si stabilisce che sono a carico del venditore i rischi collegati alla collocazione della merce a bordo della nave nel porto di imbarco convenuto come pure tutte le relative spese (es. di imbarco, per l’ottenimento di licenze, ecc.), mentre il compratore si assume gli oneri e i rischi relativi al trasporto della merce dopo che sia stata collocata sulla nave e completate le operazioni doganali di esportazione, a carico del venditore.

Da questa sommaria descrizione delle condizioni di trasferimento dei beni che caratterizzano la clausola FOB si desume, innanzi tutto, che, agli effetti dell’IVA, le esportazioni poste in essere con tale clausola non rientrano nella previsione della lett. b) dell’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972. La locuzione “a cura del cessionario non residente o per suo conto” implica, infatti, che l’inoltro all’estero dei beni debba essere curato direttamente dal cessionario, comunitario o extracomunitario, o da uno trasportatore/vettore per suo conto.

Ed infatti la citata locuzione porta a ritenere che, oltre al FOB, anche i termini di resa ricompresi nei gruppi C e D sono riconducibili alle esportazioni di cui alla lett. a) dell’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972, quelle cioè in cui il trasporto/spedizione dei beni avviene “a cura o a nome dei cedenti o commissionari, anche per incarico dei propri cessionari o commissionari”.

Per contro, i termini di resa ricompresi nei gruppi E ed F, fatta eccezione per la clausola FOB, rientrano nella previsione della successiva lett. b) dell’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972.

Si tratta, a questo punto, di stabilire se la clausola FOB, ove utilizzata nell’ambito di una esportazione in triangolazione, sia idonea a garantire l’applicazione della non imponibilità alla cessione interna, vale a dire a quella posta in essere tra i due operatori nazionali.

Il dubbio si pone siccome l’impostazione formalistica dell’Amministrazione finanziaria potrebbe precludere la non imponibilità assumendo che i beni siano stati consegnati nel territorio dello Stato prima del loro (diretto) invio al di fuori dell’Unione. In questa ipotesi, ossia con la consegna al cessionario italiano, si determinerebbe un effetto interruttivo della continuità, in senso “fisico”, dell’esportazione, con il conseguente divieto di applicare il regime di non imponibilità alla cessione interna.

In proposito, la R.M. 1° giugno 1983, n. 405574 ha escluso che possa configurarsi una triangolazione nel caso in cui i beni oggetto di esportazione siano venduti con clausola “FOB stivato” e caricati direttamente dal cedente a bordo della nave che effettua il trasporto all’estero.

Secondo l’Amministrazione, la circostanza che sia il cedente a caricare la merce a bordo della nave, nel rispetto della clausola in esame, non fa assumere allo stesso la veste di esportatore, restando tale il cessionario dichiarante in dogana. Non potendosi, pertanto, considerare l’esportazione eseguita a cura o a nome del cedente, come richiesto dalla lett. a) dell’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972, l’operazione di cessione effettuata nello Stato deve essere regolarmente assoggettata ad IVA, a meno che il cessionario nazionale non sia un esportatore abituale.

L’indicazione in esame è stata, tuttavia, superata dai successivi interventi di prassi, di seguito riportati in ordine cronologico.

In particolare, con la C.M. 19 dicembre 1984, n. 73/400122, è stato chiarito che l’intestazione della bolletta di esportazione in capo al cessionario non esclude la non imponibilità della precedente cessione, sempreché il primo cedente comprovi di aver dato esecuzione alla medesima mediante trasporto/spedizione, anche tramite terzi, dei beni all’estero.

Ad ulteriore conferma di questa interpretazione, la R.M. 4 novembre 1986, n. 416596 ha richiamato l’art. 130, comma 1, del D.P.R. n. 43/1973 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale), secondo cui “(l)e merci spedite all’estero per via marittima ed aerea si considerano uscite dal territorio doganale salvo prova contraria, nel momento dell’imbarco sulle navi e sugli aeromobili (…)”. In pratica, con la collocazione a bordo della merce risulta rispettata, per effetto della citata presunzione, la condizione dettata dalla lett. a) dell’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972 in ordine all’esecuzione del trasporto/spedizione a cura o a nome del cedente.

Da ultimo, la R.M. 13 agosto 1996, n. 178/E ha ribadito che, per beneficiare della non imponibilità prevista per le esportazioni in triangolazione, è necessario che la messa a bordo dei beni venga eseguita dal primo cedente (direttamente o dando incarico a terzi), indipendentemente dalla circostanza che la bolletta di esportazione sia intestata al cessionario.