28 Maggio 2014

Legittimato il voto per testa nelle srl: importanti conseguenze per le società sportive senza scopo di lucro

di Guido Martinelli
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Il Consiglio Notarile di Milano ha emesso una massima, in materia di società a responsabilità limitata, di estremo interesse per il mondo delle società sportive dilettantistiche. Viene precisato, infatti che:

L’atto costitutivo delle s.r.l. può derogare, per tutte o alcune delle decisioni di competenza dei soci, al principio di proporzionalità del diritto di voto sancito dall’art. 2479, comma 5, c.c.

Ciò può avvenire: (i) con clausole applicabili in via generale e astratta a tutti i soci (ad esempio: tetto massimo di voto, voto scalare, voto scaglionato, voto capitario, etc.), nonché (ii) con clausole che attribuiscono a taluni soci particolari diritti che comportano una “maggiorazione” del diritto di voto (ad esempio: voto plurimo, casting vote, voto determinante, etc.) o che lo limitano (ad esempio: voto limitato, voto condizionato, etc.); non trovando in ogni caso applicazione il limite e il divieto di cui all’art. 2351, comma 2, ultimo periodo, e comma 4, c.c.

Le clausole sub (i), applicabili in via generale e astratta a tutti i soci, costituiscono normali clausole “statutarie”, la cui introduzione, modificazione e soppressione può essere decisa, salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, con la maggioranza richiesta dall’art. 2479-bis, comma 3, c.c. Le clausole sub (ii), invece, danno luogo a diritti particolari ai sensi dell’art. 2468, comma 3, c.c., e possono essere introdotte, modificate e soppresse, salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, solo con il consenso unanime di tutti i soci“.

Tale affermazione porta finalmente chiarezza sui contenuti degli statuti delle società sportiva dilettantistiche a responsabilità limitata senza scopo di lucro.

Nei loro confronti la circolare 21/2003 della Agenzia delle entrate aveva riconosciuto l’applicabilità delle agevolazioni portate dall’art. 148 del Tuir, purchè, come già imposto alle associazioni, introducessero nel loro statuto i principi contenuti nel comma otto della medesima norma.

Qui si pone il problema, tra gli altri, del contenuto del punto e) che prevede: ” principio del voto singolo di cui all’articolo 2532, comma 2 del codice civile”.

Tale affermazione, ictu oculi, appare in contrasto con l’art. 2479, comma 5, c.c., che afferma “ogni socio ha diritto di partecipare alle decisioni previste dal presente articolo ed il suo voto vale in misura proporzionale alla sua partecipazione“, senza fare espressamente salva una diversa disposizione dell’atto costitutivo. Dall’altro lato, l’art. 2468 c.c., dopo aver sancito in via generale lo stesso principio di proporzionalità dei diritti dei soci (“salvo quanto disposto dal terzo comma del presente articolo, i diritti sociali spettano ai soci in misura proporzionale alla partecipazione da ciascuno posseduta”), ne contempla una deroga stabilendo che “resta salva la possibilità che l’atto costitutivo preveda l’attribuzione a singoli soci di particolari diritti riguardanti l’amministrazione della società o la distribuzione degli utili“.

L’affermazione della regola della proporzionalità del diritto di voto e la mancanza di una norma che espressamente ne consente la deroga hanno condotto una parte dei primi commentatori a sostenerne l’inderogabilità.

Questo aveva fatto ritenere inapplicabile la norma. Secondo alcuni, presto smentiti dalla Giurisprudenza, l’art. 90, essendo successivo avrebbe abrogato tacitamente la precedente norma incompatibile (senza valutare la diversa portata delle due disposizioni), secondo altri si doveva prevedere che tutti i soci sottoscrivessero la medesima percentuale di quote

Entrambe le interpretazioni non sembravano convincenti e oggi, la tesi della applicabilità alle società a responsabilità limitata del voto pro capite, appare confermata da questa massima del collegio notarile in commento.

La massima continua chiarendo, appunto, che:” non si può ritenere che la disciplina della s.r.l. post riforma sia caratterizzata dal generale dogma della inderogabilità di tutte le disposizioni per le quali il legislatore non ha espressamente fatto salva la possibilità di deroga da parte dell’atto costitutivo. Pur non potendosi affermare con certezza il contrario – ossia che tutte le norme debbono intendersi suppletive ove il legislatore non faccia chiaramente intendere la loro imperatività – occorre discernere la natura derogabile o inderogabile delle disposizioni in tema di s.r.l. sulla base dell’insieme degli elementi interpretativi e in coerenza con le caratteristiche del tipo, con il quadro sistematico delle norme della s.r.l. e degli altri tipi sociali, nonché della loro dimensione funzionale e degli interessi da esse tutelati.

 

In questa prospettiva, assume grande rilevanza il canone interpretativo rinvenibile nella legge delega da cui origina la riforma del 2003, con precipuo riferimento all’art. 3, comma 1, lett. b), l. 366/2001, là dove imponeva di “prevedere un’ampia autonomia statutaria” e al comma 2, lett. f), dello stesso art. 3, che richiedeva di “ampliare l’autonomia statutaria con riferimento alla disciplina del contenuto e del trasferimento della partecipazione sociale”. Il che val quanto dire che l’interprete, di fronte a una regola dettata in tema di “contenuto della partecipazione”, senza chiari segni circa la natura imperativa della regola stessa, deve tendenzialmente orientarsi verso la sua natura derogabile