21 Febbraio 2017

Le procedure amichevoli per evitare la doppia imposizione economica

di Marco Bargagli
Scarica in PDF

Come noto ogni singolo Paese mantiene la sua sovranità impositiva in base al principio della “tassazione su base mondiale” (c.d. worlwide taxation principle) che opera nei confronti dei contribuenti residenti in un determinato Stato e del principio della “tassazione territoriale” (denominato “principle of source”), che si applica nei confronti dei non residenti.

Nella prassi operativa, in applicazione della normativa prevista in tema di transfer price, le eventuali rettifiche in aumento della base imponibile operate da parte dell’Amministrazione finanziaria possono comportare, in linea di principio, problemi di doppia imposizione economica a carico dei vari soggetti appartenenti allo stesso Gruppo multinazionale.

Può accadere che, a titolo esemplificativo, i verificatori propongano a livello domestico il recupero a tassazione di maggiori ricavi in capo alla casa madre italiana che cede beni e/o servizi nei confronti della controllata estera e, simmetricamente, si pone il problema di come rettificare in aumento – quali maggiori costi deducibili dal reddito d’impresa – il costo del venduto esposto nel conto economico della subsidiary estera.

Ulteriori profili di tassazione non conforme rispetto gli accordi internazionali, possono sorgere in ipotesi di esterovestizione delle persone fisiche e delle persone giuridiche che spesso determinano situazioni di “doppia residenza” (“dual residence”),  ossia quando lo stesso contribuente viene considerato residente in entrambi gli Stati da parte delle rispettive Autorità fiscali, in applicazione dei diversi ed alternativi criteri di collegamento previsti dalla normativa di riferimento (articoli 2 e 73, comma 3, del Tuir).

In questi casi, possono opportunamente essere attivate le procedure previste dalle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi che, appunto, hanno il precipuo scopo di eliminare fenomeni di doppia imposizione economica.

L’obiettivo delle procedure amichevoli, più in generale, è quello di evitare una tassazione non conforme ai principi internazionali cui sono ispirate le convenzioni bilaterali.

In tale contesto, le procedure arbitrali previste dalle norme convenzionali (c.d. MAP Mutual Agreement Procedure), costituiscono il principale strumento per trovare una soluzione alle due maggiori problematiche riguardanti i casi di doppia imposizione in ambito internazionale (nelle ipotesi di Transfer Pricing e di esterovestizione societaria).

In merito, una prima procedura prevista in ambito UE utilizzata per risolvere problemi di doppia imposizione, è quella prevista dalla Convenzione Italia-Unione Europea 90/436/CEE, ratificata dall’Italia con la Legge 99/1993 (denominata “Convenzione arbitrale”).

Tuttavia, la stessa convenzione opera a livello europeo e viene utilizzata unicamente per risolvere “l’eliminazione della doppia imposizione in caso di rettifica degli utili delle imprese associate, ovvero solo per le problematiche correlate alla disciplina sui prezzi di trasferimento c.d. “transfer price.

Di contro, l’articolo 25 del modello di convenzione OCSE ha una portata più ampia, in quanto si rende applicabile a tutti quei casi in cui un residente di uno Stato contraente ritiene che le misure adottate da uno o ambedue gli Stati contraenti comportino a suo carico un’imposizione non conforme alla convenzione.

Conseguentemente tale ultima disposizione ha un duplice ambito applicativo in quanto investe, oltre alle problematiche connesse con il TP, anche tutte le altre situazioni relative alla tassazione di un reddito nell’uno o nell’altro Stato contraente (ad esempio in ipotesi di esterovestizione).

La speciale procedura amichevole prevista per risolvere i casi di doppia residenza del soggetto passivo, deve essere avanzata ai sensi del paragrafo 1 dell’articolo 25 del modello di convenzione Ocse che testualmente recita: (Article 25 – MUTUAL AGREEMENT PROCEDURE “1. Where a person considers that the actions of one or both of the Contracting States result or will result for him in taxation not in accordance with the provisions of this Convention, he may, irrespective of the remedies provided by the domestic law of those States, present his case to the competent authority of the Contracting State of which he is a resident or, if his case comes under paragraph 1 of Article 24, to that of the Contracting State of which he is a national. The case must be presented within three years from the first notification of the action resulting in taxation not in accordance with the provisions of the Convention”).

In buona sostanza, il paragrafo 1 dell’articolo 25 del modello di convenzione OCSE prevede che quando una persona ritiene che le misure adottate da uno o da entrambi gli Stati contraenti comportano o comporteranno per essa un’imposizione non conforme alle disposizione previste dalla convenzione internazionale essa può, indipendentemente dai ricorsi previsti dalla legislazione nazionale di detti Stati, sottoporre il caso all’autorità competente dello Stato contraente di cui è residente oppure, in particolari ipotesi, a quello Stato contraente di cui possiede la nazionalità.

A questo punto, le autorità competenti dovranno impegnarsi per regolare, in via di amichevole, la posizione dei contribuenti soggetti ad imposizione giudicata non conforme alle disposizioni della convenzione.

Per approfondire questioni attinenti all’articolo vi raccomandiamo il seguente corso:

La convenzione OCSE contro le doppie imposizioni