2 Marzo 2015

Le condizioni soggettive per la detrazione sul recupero edilizio 50%

di Leonardo Pietrobon
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L’articolo 16-bis D.P.R. n. 917/1986 subordina la detrazione delle spese per il recupero del patrimonio edilizio, nella misura del 50%, alla circostanza che le citate spese siano sostenute ed effettivamente rimaste a carico “dei contribuenti che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l’immobile sul quale sono effettuati gli interventi”.

Dalla lettura della citata norma emerge chiaramente come, ai fini della fruizione della detrazione in commento, deve sussistere tra contribuente ed immobile un “legame” di possesso o di detenzione.

La conferma a tale impostazione è avvallata dalla Relazione tecnica al D.L. n. 201/2011, la quale al riguardo dispone che “la detrazione, pertanto, spetta ai contribuenti assoggettati all’imposta su reddito delle persone fisiche, residenti o meno sul territorio dello Stato, che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l’immobile sul quale sono stati effettuati gli interventi (…) la detrazione spetta, tra l’altro, non solo al proprietario o al nudo proprietario dell’immobile ma anche al titolare di un diritto reale sullo stesso (uso, usufrutto, abitazione), nonché all’inquilino o al comodatario”.

In particolare, quindi, per le spese sostenute per la realizzazione di interventi di recupero, potranno fruire della detrazione Irpef:

  • il proprietario (art. 832 Cod. Civ.) o nudo proprietario dell’abitazione;
  • il titolare di un diritto reale di godimento (usufrutto – art. 981 Cod. Civ., abitazione – art. 1022 Cod. Civ. e uso – art. 1021 Cod. Civ.);
  • il comodatario;
  • il locatario;
  • i soci di cooperativa a proprietà divisa o indivisa;
  • gli imprenditori individuali per beni diversi da quelli strumentali e merce;
  • i soci di società semplice, o in nome collettivo, o in accomandita semplice (sempre con riferimento a immobili diversi da quelli strumentali e merce);
  • il promissario acquirente, a condizione che sia stato immesso nel possesso e che si provveda alla registrazione del contratto preliminare;
  • chi esegue i lavori in economia limitatamente alle spese per i materiali;
  • i familiari conviventi del possessore intestatario dell’immobile.

Per familiare, ai sensi dell’art. 5 comma 5 del D.P.R. n. 917/1986, si intendono il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado. Per dimostrare la convivenza, non occorre un contratto di comodato registrato. In caso di richiesta, occorre tuttavia trasmettere la documentazione comprovante lo stato di convivenza, quale ad esempio un dichiarazione sostitutiva di atto notorio.

Nello stesso ambito, l’Agenzia delle entrate (C.M. n. 24/E/2004, R.M. n. 136/E/2002, R.M. n. 184/E/2002) ha, inoltre, precisato che non è necessario che l’abitazione nella quale convivono “familiare” ed intestatario dell’immobile costituisca per entrambi l’abitazione principale, mentre è indispensabile che i lavori agevolati siano effettuati su una delle abitazioni nelle quali si esplica il rapporto di convivenza.

In ordine alla valutazione del rapporto di convivenza fra due soggetti non sposati ai fini della fruibilità della detrazione in commento, la Corte di Cassazione, Sezione Tributaria (Sentenza 5 novembre 2008 n. 26543), ha equiparato la posizione del convivente “more uxorio” a quella del coniuge convivente.

Una situazione “anomala” affrontata dall’Agenzia riguarda i lavori di recupero edilizio effettuati su un immobile assegnato ad uno dei due coniugi dalla sentenza di divorzio, sul quale l’assegnatario esegue lavori di ristrutturazione, pur non essendone il proprietario. In tal caso, come stabilito nella C.M. n. 13/E/2013, tra i beneficiari della detrazione può rientrare anche il coniuge assegnatario che sostiene le spese edilizie su un immobile (di proprietà dell’altro coniuge) in precedenza assegnatogli a seguito di sentenza di separazione.

Con riferimento alla posizioni dell’imprenditore individuale e delle società di persone, si ricorda che la fruizione dell’agevolazione in commento riguarda i lavori eseguiti su immobili residenziali posseduti o detenuti, a condizione che non si tratti:

  • di immobili strumentali per l’esercizio dell’impresa (es. l’appartamento di civile abitazione utilizzato come ufficio aziendale);
  • di immobili merce.

Con riferimento ai contratti di locazione o di comodato, si ricorda che la cessazione della locazione o comodato non fa venire meno il diritto alla detrazione in capo all’inquilino o al comodatario che ha eseguito gli interventi agevolati, il quale continuerà, quindi, a fruirne anche nei periodi d’imposta successivi al termine della detenzione dell’immobile (C.M. n. 57/E/1998).

Nel caso, invece, di decesso dell’avente diritto alla detrazione Irpef, risultano applicabili le disposizioni contenute nell’art. 2, comma 5, della L. n. 289/2002 e le precisazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate nella C.M. n.15/E/2003, per cui il beneficio fiscale si trasmette, per le quote non detratte dal defunto, esclusivamente all’erede che conserva la materiale e diretta detenzione del bene.