8 Ottobre 2013

L’avviso si anticipa solo per timore di decadenza

di Giovanni ValcarenghiMario Agostinelli
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Il comma 7 dell’articolo 12 dello Statuto del contribuente prevede che, una volta rilasciato alla parte il PVC di fine verifica, l’avviso di accertamento non possa essere emanato prima che siano decorsi 60 giorni, salvo non ricorrano ipotesi di particolare e motivata urgenza, al fine di consentire al contribuente di presentare eventuali memorie difensive. La disposizione costituisce una delle norme oggetto di maggiore controversia giuridica in materia tributaria.

Nonostante l’abbondante giurisprudenza che si è occupata degli effetti della violazione del divieto di cui sopra, ad oggi non possiamo disporre di un consolidato orientamento che consenta di ritenere fissati principi chiari e validi.

Gli interrogativi, emersi nel tempo e oggetto di discussione, possono essere sintetizzati come di seguito:

a) la violazione della disposizione è causa di nullità dell’atto di accertamento pur non prevedendo la norma una disposizione positiva in tal senso?

b) la norma si applica solo con riferimento alle attività istruttorie effettuate mediante accesso presso i locali in cui è svolta l’attività del contribuente, o anche con riferimento alle attività istruttorie svolte presso gli uffici dell’agenzia delle entrate?

c) l’atto di accertamento deve indicare nelle motivazioni i presupposti fattuali che hanno perfezionato la particolare e motivata urgenza?

d) tra le ipotesi che legittimano l’anticipazione dell’accertamento è da ricomprendere la scadenza del termine di decadenza?

Su tali interrogativi si contrappone la dottrina e si evidenziano contrasti tra la giurisprudenza di merito e legittimità. Al riguardo, appare interessante segnalare due recenti posizioni giuridiche di merito, favorevoli al contribuente.

La sentenza della CTP di Trento del 2 gennaio 2013 n.1 con la quale è affermato che la previsione dell’articolo 12 co. 7 della L. 212/2000, secondo cui l’avviso di accertamento non può non essere emanato prima della scadenza del termine di 60 giorni dal verbale di chiusura delle operazioni ispettive, salvo casi di particolare e motivata urgenza, implica, la sanzione di nullità dell’avviso di accertamento emesso in violazione del termine dilatorio e in assenza di motivazione sull’urgenza che ne ha determinato l’adozione. Ne derivano due principi:

1) Il termine di 60 giorni deve essere rispettato a prescindere dalla modalità procedurale adottata per la verifica, fatto salvo i casi di particolare e motivata urgenza;

2) L’atto di accertamento deve essere motivato anche in relazione alle circostanze fattuali della sussistenza dell’ipotesi della particolare e motivata urgenza.

La sentenza della CTR Toscana, 11 dicembre 2012 n. 84 nella quale è affermato che, la prescrizione dei termini della verifica non costituisce un‘ipotesi di particolare e motivata urgenza ai fini della corretta applicazione delle disposizioni in esame. La prescrizione, infatti, è un istituto giuridico il cui maturarsi è facilmente computabile e verificabile e pertanto, se l’Ufficio si è attivato solo tardivamente, nell’imminenza della scadenza del termine prescrizionale non può che imputare a sé stesso tale evento.

Le elaborazioni giuridiche di merito richiamate appaiono veramente non discutibili e perfettamente conformi a quanto affermato dalla suprema Corte di Giustizia Europea. In particolare, con la sentenza del 18 dicembre 2008 n. 349/07, la Corte ha affermato un principio di portata generale e che interessa tutte le attività della pubblica amministrazione: ogni attività amministrativa che determina un’ingerenza della sfera giuridica e/o patrimoniale del destinatario e sia quindi ad esso lesiva, deve essere preceduta dal confronto con il medesimo, nell’ambito del quale questi possa esprimere e manifestare le proprie osservazioni, argomentazioni e richieste anche sul merito, prima che sia notificato l’atto amministrativo.

Tale principio trova, nella disposizione di cui al comma 7 dell’articolo 12 della Legge 212/2000, la sua concreta attuazione; violazioni di tale principio non possono che determinare la nullità dell’atto.

In tal cotesto si inserisce la più recente sentenza della suprema Corte di Cassazione n. 20769 dell’11 settembre 2013 che, ancorché non scevra da sindacato, afferma i seguenti principi:

1) la violazione della disposizione di cui al comma 7 dell’articolo 12 della L. 212/2000 è causa di nullità dell’atto;

2) la motivazione, con riferimento all’ipotesi della particolare e motivata urgenza, non implica la nullità dell’atto di accertamento se non indicata nell’atto stesso;

3) costituisce ipotesi di particolare e motivata urgenza la decadenza dal potere di accertare.

Sono conclusioni che, da un lato, affermano il principio della nullità dell’atto per le ipotesi di violazione del termine di 60 giorni, senza la sussistenza, sostanziale, delle condizioni di particolare e motivata urgenza, ma, dall’altro, lo svuotano di significato, gravando il rapporto tributario della limitazione nell’esercizio del diritto di difesa, riconducibile alla non conoscenza dei presupposti di fatto causa dell’anticipata notifica dell’atto impositivo.

Non di meno preoccupante appare la conclusione secondo la quale la decadenza del termine della verifica fiscale costituisce ipotesi di particolare e motivata urgenza. non resta che chiudere con il solito rammarico: a cosa serve, realmente, lo Statuto dei diritti del contribuente?