11 Luglio 2017

L’attribuzione dei redditi ai soci nelle società di persone

di Enrico Ferra
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In vista della compilazione del modello Redditi SP occorrerà tener conto della corretta attribuzione dei redditi prodotti dalle società di persone e assimilate, da imputare ai soci in ragione del principio di “trasparenza”. In base a tale principio, contenuto nel comma 1 dell’articolo 5 del Tuir, il reddito prodotto in forma associata deve essere ripartito tra i soci, a prescindere dall’effettiva percezione, in proporzione alle quote di partecipazione agli utili.

In merito a tale aspetto, il medesimo articolo 5 fissa un principio utile alla ripartizione dei redditi nel punto in cui stabilisce che “le quote di partecipazione agli utili si presumono proporzionate al valore dei conferimenti dei soci se non risultano determinate diversamente dall’atto pubblico o dalla scrittura privata autenticata di costituzione o da altro atto pubblico o scrittura autenticata di data anteriore all’inizio del periodo d’imposta”; atti e scritture che, nel caso di attribuzione di redditi delle associazioni tra professionisti, possono essere redatti fino alla data di presentazione della dichiarazione dei redditi.

In sostanza, la disposizione citata afferma semplicemente che la modifica del criterio proporzionale di attribuzione dei redditi prodotti in forma associata opera solo dall’esercizio successivo a quello in cui viene posta in essere, ma nulla viene detto espressamente in riferimento ai casi di modifica della compagine societaria nelle ipotesi di donazione/cessione delle quote, recesso o esclusione dei soci.

In materia si è cristallizzata un’interpretazione –  riportata annualmente nelle istruzioni per la compilazione delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone – in base alla quale l’aspetto determinante sarebbe, nella generalità dei casi, il “mutamento della compagine dei soci”. Tale concetto, non definito nel corpo dell’articolo 5, sarebbe dirimente ai fini dell’attribuzione dei redditi in questione in quanto in base alla lettura dello specifico punto all’interno del quadro RO del modello Redditi SP 2017 occorre indicare “la quota di partecipazione agli utili, risultante da atto pubblico o scrittura privata autenticata che, qualora non sia mutata la compagine dei soci nel corso del 2016, deve essere di data anteriore al 1° gennaio 2016”.

Posta, quindi, l’inesistenza di un riferimento normativo riconducibile al concetto di mutamento della compagine societaria, occorre chiedersi come incidano nei vari casi le ipotesi di:

  • modifica della sola partecipazione agli utili;
  • variazione della compagine societaria con l’ingresso di nuovi soci;
  • cessione delle quote tra i soci esistenti.

Il primo caso è quello disciplinato dalla norma. Seguendo l’impostazione normativa, qualora entro il 31/12/2016 i soci abbiano modificato unicamente la misura della partecipazione agli utili (ferma la loro partecipazione al capitale sociale), tale mutamento avrà efficacia differita: la modifica opererà solo per i redditi prodotti dal 2017, mentre i redditi prodotti nel 2016 dovranno essere dichiarati tenendo conto delle percentuali di partecipazione agli utili stabilite fino al 31/12/2015.

L’ingresso di un nuovo socio nella compagine societaria non è invece disciplinato espressamente. In questo caso, la giurisprudenza di legittimità ha attribuito efficacia immediata al subentro. Facendo leva sul principio civilistico, in base al quale il diritto agli utili prodotti è attribuibile solo a chi riveste la qualifica di socio all’atto di approvazione del rendiconto, nei casi di cessione, recesso o esclusione che comportino la modifica della compagine dei soci, l’intero reddito prodotto è da attribuire ai soci risultanti alla chiusura dell’esercizio.

Si è occupata di quest’ultimo aspetto, di recente, la Suprema Corte di Cassazione nella sentenza n. 9731 del 12/05/2016, ove è stato rilevato come tale criterio sia rispettoso del principio civilistico di attribuzione degli utili a favore dei soci che siano tali al momento di approvazione del rendiconto (e, quindi, ai soci subentranti) proporzionalmente alla loro quota di partecipazione agli utili, e non già ai soci uscenti e a quelli subentranti attraverso una ripartizione in funzione della rispettiva durata del periodo di partecipazione alla società nel corso dell’esercizio; tale criterio risulterebbe, peraltro, rafforzato dalla considerazione del reddito d’impresa non come valore uniforme, ma come un flusso continuo e costante nel tempo non suscettibile di frazionamento in ragione del momento in cui è avvenuto il subentro del nuovo socio.

L’ultimo caso, quello della cessione di quote tra gli stessi soci, ha suscitato diverse incertezze in quanto la diversa misura di partecipazione agli utili è una diretta conseguenza della cessione delle quote. In questo caso, è discusso se la nuova percentuale di ripartizione degli utili possa essere applicata con effetto immediato (e, quindi, nell’anno di stipula dell’atto) oppure solo dal periodo d’imposta successivo.

In base ad una prima impostazione, cui aderisce l’Agenzia delle Entrate, la modifica avrebbe efficacia differita, e quindi a partire dall’anno successivo, così come accade nel caso di modifica della percentuale di partecipazione agli utili, con l’imputazione dei redditi ai soci nell’anno di stipula dell’atto a prescindere dal mutamento intervenuto. L’intento è in questo caso quello di evitare che eventuali variazioni nell’attribuzione dei redditi, a “parità” di compagine societaria, possano essere effettuate in maniera elusiva soprattutto qualora poste in essere al termine dell’esercizio.

La seconda impostazione, tuttavia meno diffusa, muove ancora una volta dall’assunto che l’articolo 5 del Tuir non definisce il concetto di mutazione della compagine societaria, ma si preoccupa unicamente di stabilire in quali casi e a quali condizioni sia utilizzabile o meno il criterio proporzionale di attribuzione dei redditi prodotti in forma associata. In questo senso, pertanto, la modifica della ripartizione degli utili avrebbe efficacia immediata con l’imputazione dei redditi nell’anno in cui avviene la cessione secondo la ripartizione esistente subito dopo la cessione stessa; tutto ciò a condizione che la modifica della misura della partecipazione non incida sul criterio di proporzionalità, in quanto i cambiamenti delle quote di partecipazioni non proporzionali al valore dei conferimenti presuppongono l’esistenza di un “atto pubblico o scrittura autenticata di data anteriore all’inizio del periodo d’imposta”.

Dottryna