14 Luglio 2017

Se l’assemblea non delibera la società si scioglie

di Lucia Recchioni - Comitato Scientifico Master Breve 365
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Le società con esercizio coincidente con l’anno solare hanno ormai approvato il bilancio di esercizio, pur nei casi in cui si è beneficiato del maggior termine di 180 giorni.

Purtuttavia, vi potrebbero essere delle situazioni nelle quali l’assemblea dei soci non riesce a deliberare l’approvazione del bilancio. In questi casi gli amministratori non possono essere ovviamente sanzionati per il mancato deposito del bilancio di esercizio, ma non possono comunque disinteressarsi della situazione che si è venuta a creare nella compagine societaria.

Ai sensi dell’articolo 2484, comma 1, n. 3, cod. civ., gli amministratori devono infatti verificare se ricorre una causa di scioglimento della società, “per l’impossibilità di funzionamento o per la continuata inattività dell’assemblea”.

Con specifico riferimento all’impossibilità di funzionamento, si pensi a tutti quei casi in cui l’assemblea si riunisce e si costituisce validamente, ma non riesce a deliberare a causa di insanabili contrasti tra i soci, che non consentono il raggiungimento delle maggioranze necessarie.

Tale situazione può comportare la paralisi della società, ove si tratti di delibere essenziali quali ad esempio l’approvazione del bilancio o la nomina dei nuovi amministratori.

Allo stesso modo paralizzante è poi l’ulteriore ipotesi prevista dalla norma, ovvero la “continuata inattività”, che si ha quando l’assemblea nemmeno riesce a riunirsi, spesso per il perdurante disinteresse dei soci.

L’inattività potrebbe però essere anche il frutto di una consapevole scelta del socio, finalizzata proprio allo scioglimento della società.

È possibile a tal proposito richiamare un caso affrontato dal Tribunale di Milano, riguardante due soci paritari di una società, tra loro fratelli, uno dei quali, senza alcuna ragionevole giustificazione, ha per lungo tempo deliberatamente disertato alle riunioni assembleari, dando luogo al mancato raggiungimento dei quorum assembleari, per poi allegare tale circostanza quale causa di scioglimento della società e imporre così la liquidazione all’altro socio.

I Giudici, pur riconoscendo la natura abusiva e la malafede sostanziale e processuale della parte, hanno tuttavia dichiarato lo scioglimento della società al fine di tutelare i creditori, in quanto la situazione di conflitto in essere ormai da molti anni aveva reso “impensabile, e comunque diseconomica, una prosecuzione secondo i meccanismi assembleari e gestori di legge e statuto dell’attività della società” (Tribunale Milano, 22/05/2015).

Ai fini dello scioglimento è tuttavia necessario verificare che l’inattività o l’incapacità di funzionamento dell’assemblea siano diventate irreversibili (Tribunale di Napoli, 25.05.2011; App. Catania 21.04.2008).

Ai fini dell’accertamento della causa di scioglimento, pertanto, non rilevail numero di convocazioni né il quello delle riunioni, ma la presenza di circostanze che inducono a ritenere che l’assemblea ordinaria (nelle S.p.a. e nelle S.a.p.a.) o l’assemblea dei soci (nelle S.r.l.) non possa validamente funzionare, nemmeno in futuro, paralizzando così la società.

Allo stesso modo, specularmente, non è necessario che i bilanci non approvati dall’assemblea siano più di uno: ai fini della sussistenza della richiamata causa di scioglimento, infatti, anche la mancata approvazione di un solo bilancio può assumere rilevanza, quando i “plurimi giudizi arbitrali e statuali che impegnano i due soci paritetici in una lotta intestina senza prospettiva di accordo” delineano un quadro di “dissidio paralizzante” (Tribunale Prato, 17.12.2009).

Al ricorrere di una delle richiamate circostanze gli amministratori devono quindi accertare la causa di scioglimento, iscrivendo la delibera nel Registro delle imprese entro 30 giorni dalla sua adozione.

Il ritardo o l’omissione degli amministratori può comportare la loro responsabilità personale e solidale per i danni subiti dalla società, dai soci, dai creditori e dai soggetti terzi ai sensi dell’articolo 2485 cod. civ..

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