11 Marzo 2017

L’acquacoltura tra imprenditore agricolo e ittico

di Luigi Scappini
Scarica in PDF

È imprenditore agricolo colui che esercita alternativamente la coltivazione del fondo, la selvicoltura e l’allevamento di animali, attività che, il comma 2 dell’articolo 2135, cod. civ., definisce compitamente come quelle “attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine”.

Ne deriva che si considera imprenditore agricolo anche colui che esercita l’acquacoltura, attività che originariamente l’articolo 1, L. 102/1992, definiva come “l’insieme delle pratiche volte alla produzione di proteine animali in ambiente acquatico mediante il controllo, parziale o totale, diretto o indiretto, del ciclo di sviluppo degli organismi acquatici.”. Infatti, con la riscrittura dell’articolo 2135 cod. civ. ad opera della Legge di Orientamento (D.Lgs. 228/2001), sono stati di fatto equiparati al fondo e al bosco, le acque dolci, salmastre o marine per cui il ciclo biologico, su organismi vegetali o animali, può compiersi di fatto anche sugli specchi d’acqua.

Su questo stesso impianto normativo, per effetto della necessità di procedere a una riscrittura e razionalizzazione del comparto della pesca, si inserisce il D.Lgs. 4/2012, che contiene una nuova definizione del comparto nell’articolo 3: “Fermo restando quanto previsto dall’articolo 2135 del codice civile, l’acquacoltura è l’attività economica organizzata, esercitata professionalmente, diretta all’allevamento o alla coltura di organismi acquatici attraverso la cura e lo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, in acque dolci, salmastre o marine.”.

Elemento innovativo è l’aggiunta costituita dall’elemento della “professionalità”, peraltro già insito nel concetto stesso di imprenditore.

Il successivo comma 2 dell’articolo 3, sulla falsariga di quanto già previsto per l’imprenditore agricolo, elenca le “attività connesse”: di “prodotto” (manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione, promozione e valorizzazione) e di “azienda” (fornitura di beni o servizi, ivi comprese le attività di ospitalità, ricreative, didattiche e culturali, finalizzate alla corretta fruizione degli ecosistemi acquatici e vallivi e delle risorse dell’acquacoltura, nonché alla valorizzazione degli aspetti socio-culturali delle imprese di acquacoltura, esercitate da imprenditori, singoli o associati, attraverso l’utilizzo della propria abitazione o di struttura nella disponibilità dell’imprenditore stesso). Entrambi i gruppi di attività, devono essere caratterizzati dalla “residualità”, misurata, analogamente all’imprenditore agricolo, dal parametro della prevalenza variamente declinata.

Sin qui, sembra tutto abbastanza chiaro. Tuttavia, come spesso accade, la norma complica le cose, allorquando, con il successivo articolo 4, comma 3, stabilisce che “Ai fini del presente decreto, si considera altresì imprenditore ittico l’acquacoltore che esercita in forma singola o associata l’attività di cui all’articolo 3”.

Tale rinvio comporta una divisione tra le attività esercitate dall’acquacultore che:

  1. è imprenditore agricolo ai sensi del 2135 per l’attività di acquacoltura, se diretta alla cura del ciclo biologico o a una fase necessaria dello stesso;
  2. è assimilato all’imprenditore ittico (che a sua volta è assimilato all’imprenditore agricolo) quando esercita le attività che caratterizzano l’imprenditore ittico, nel qual caso sarà da trattare alla stregua di quest’ultimo.

Ecco che allora, torna dirimente indagare quali siano tali attività. La norma, ha subito, nonostante l’indubbio intento razionalizzatore del Legislatore, un iter travagliato che parte dalla lontana L. 963/1965 con cui la pesca marittima veniva definita come l’attività “diretta a catturare esemplari di specie il cui ambiente abituale o naturale di vita siano le acque”.

Successivamente, con la Legge delega 57/2001, ne è derivato il D.Lgs. 226/2001 dedicato totalmente alle pesca, il cui articolo 2 ha definito l’imprenditore ittico come colui “che esercita un’attività diretta alla cattura o alla raccolta di organismi acquatici in ambienti marini, salmastri o dolci nonché le attività a queste connesse, ivi compresa l’attuazione degli interventi di gestione attiva, finalizzati alla valorizzazione produttiva ed all’uso sostenibile degli ecosistemi acquatici”.

In seguito, tale definizione è stata riscritta a mezzo del D.Lgs. 153/2004 senza particolari innovazioni salvo l’introduzione di ulteriori attività caratterizzanti l’imprenditore ittico e precisamente l’esercizio di “attività commerciali di prodotti ittici derivanti prevalentemente dal diretto esercizio delle attività di cui al comma 1 (la cattura e la raccolta n.d.A.)”.

Infine, si è arrivati al già richiamato D.Lgs. 4/2012 il cui articolo 2 statuisce che è “imprenditore ittico il titolare di licenza di pesca, di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 26 maggio 2004, n. 153, che esercita, professionalmente ed in forma singola, associata o societaria, l’attività di pesca professionale di cui all’articolo 2 e le relative attività connesse”.

Quindi, il soggetto che svolge attività di acquacoltura, nel momento in cui esercita un’attività quale la pesca professionale organizzatasvolta in ambienti marini o salmastri o di acqua dolce, diretta alla ricerca di organismi acquatici viventi, alla cala, alla posa, al traino e al recupero di un attrezzo da pesca, al trasferimento a bordo delle catture, al trasbordo, alla conservazione a bordo, alla trasformazione a bordo, al trasferimento, alla messa in gabbia, all’ingrasso e allo sbarco di pesci e prodotti della pesca” sarà in tutto e per tutto assimilato all’imprenditore ittico, fermo restando che, per la sua ordinaria attività di allevamento di animali e/o vegetali, al contrario, sarà da considerarsi come imprenditore agricolo.

Inoltre, sarà da considerarsi alla stregua dell’imprenditore anche quando svolgerà l’attività di pescaturismo e ittiturismo.

La fiscalità dell’impresa agricola