11 Agosto 2017

L’accertamento induttivo puro del reddito d’impresa

di Angelo Ginex
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L’accertamento induttivo puro del reddito d’impresa è disciplinato dall’articolo 39, comma 2, D.P.R. 600/1973, il quale prescrive, ai fini della sua applicabilità, la sussistenza di condizioni tassative, al fine di bilanciare la potenziale pregnante lesività dei diritti del contribuente.

In particolare, la norma succitata prevede che l’Amministrazione finanziaria possa determinare il reddito d’impresa in via induttiva:

  • sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza;
  • con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e delle scritture contabili;
  • utilizzando presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.

A tal fine, però, l’articolo 39, comma 2, D.P.R. 600/1973, a differenza di quanto prescritto dal comma 1 della medesima disposizione per l’accertamento analitico o analitico-induttivo, richiede che sussista almeno una delle seguenti condizioni tassative:

  • omessa presentazione della dichiarazione;
  • mancata indicazione del reddito d’impresa in dichiarazione;
  • rilevazione, mediante verbale d’ispezione, di omessa tenuta della contabilità, di sottrazione all’ispezione di una o più scritture contabili (compreso il rifiuto di esibizione) o di scritture contabili non disponibili per forza maggiore;
  • rilevazione, mediante verbale d’ispezione, della generale inattendibilità della contabilità;
  • inottemperanza del contribuente agli inviti disposti dagli uffici;
  • irregolarità dichiarative relative agli studi di settore.

Con particolare riferimento alla generale inattendibilità della contabilità, si rileva che la norma in oggetto legittima l’accertamento induttivo puro quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni accertate [risultanti dai verbali, dai questionari, dagli atti, dai documenti e dall’ispezione delle scritture contabili], ovvero le irregolarità formali delle scritture contabili sono così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibili nel loro complesso le scritture stesse per mancanza delle garanzie proprie di una contabilità sistematica”.

Dunque, appare evidente come sia necessario distinguere:

  • le irregolarità meno gravi, contemplate dall’articolo 39, comma 1, D.P.R. 600/1973, a fronte delle quali l’Amministrazione finanziaria può procedere all’accertamento analitico o analitico-induttivo, utilizzando gli stessi dati forniti dal contribuente, ovvero dimostrando l’inesattezza o incompletezza di una o più poste emergenti dalle scritture contabili, anche per presunzioni, purché munite dei requisiti di cui all’articolo 2729 cod. civ.;
  • dalle ipotesi di maggiore gravità, contemplate invece dall’articolo 39, comma 2, D.P.R. 600/1973, che evidenziano una generale inattendibilità delle scritture contabili ed autorizzano a prescindere da esse ed a procedere in via induttiva, avvalendosi anche di semplici indizi sforniti dei requisiti necessari per costituire la prova presuntiva.

A tal proposito, si rileva, da ultimo, come la giurisprudenza abbia affermato che, in presenza di violazioni plurime e ripetute, il parametro della gravità può essere ricavato automaticamente, in quanto, in linea di principio, violazioni numerose e ripetute rendono di per sé inattendibili le scritture contabili, a meno che non si tratti di violazioni di scarso rilievo.

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