4 Agosto 2014

La “tentata vendita” in Italia da parte di soggetti Iva di altri Paesi Ue

di Marco Peirolo
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Le operazioni di “tentata vendita” realizzate in Italia da parte di soggetti passivi IVA comunitari presentano alcune specificità che è opportuno conoscere ai fini della corretta individuazione degli obblighi impositivi.

L’art. 17, par. 1, della Direttiva n. 2006/112/CE considera “assimilato” ad una cessione di beni effettuata a titolo oneroso “il trasferimento da parte di un soggetto passivo di un bene della sua impresa a destinazione di un altro Stato membro”. In particolare, costituisce “trasferimento a destinazione di un altro Stato membro” “qualsiasi spedizione o trasporto di un bene mobile materiale effettuato dal soggetto passivo o per suo conto, fuori dal territorio dello Stato membro in cui si trova il bene, ma nella Comunità, per le esigenze della sua impresa”.

Tali disposizioni sono state recepite dagli artt. 38, comma 3, lett. b), e 41, comma 2, lett. c), del D.L. n. 331/1993, in base ai quali è previsto, rispettivamente, che dà luogo:

  • ad un acquisto intracomunitario “la introduzione nel territorio dello Stato da parte o per conto di un soggetto passivo d’imposta di beni provenienti da altro Stato membro. La disposizione si applica anche nel caso di destinazione nel territorio dello Stato, per finalità rientranti nell’esercizio dell’impresa, di beni provenienti da altra impresa esercitata dallo stesso soggetto in altro Stato membro”;
  • ad una cessione intracomunitaria “l’invio di beni nel territorio di altro Stato membro, mediante trasporto o spedizione a cura del soggetto passivo nel territorio dello Stato, o da terzi per suo conto, (…) di beni ivi esistenti”.

In linea generale, pertanto, i cd. “trasferimenti a se stessi” assumono natura intracomunitaria e vanno assoggettati a IVA nel Paese membro di destinazione anche in assenza dell’effetto traslativo della proprietà e dell’onerosità.

Esistono, tuttavia, alcune fattispecie che sono escluse da questa classificazione e che, quindi, non danno luogo ad una operazione intracomunitaria.

In particolare, l’art. 17, par. 2, della Direttiva n. 2006/112/CE richiama i trasferimenti di beni finalizzati all’esecuzione di una prestazione. È il caso:

  • della “prestazione di un servizio resa al soggetto passivo e avente per oggetto la perizia o lavori riguardanti il bene materialmente eseguiti nel territorio dello Stato membro di arrivo della spedizione o del trasporto del bene, qualora il bene, al termine della perizia o dei lavori, sia rispedito al soggetto passivo nello Stato membro a partire dal quale era stato inizialmente spedito o trasportato” (lett. f);
  • della “temporanea utilizzazione del bene, nel territorio dello Stato membro d’arrivo della spedizione o del trasporto, ai fini di prestazioni di servizi fornite dal soggetto passivo stabilito nello Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto del bene” (lett. g);
  • della “temporanea utilizzazione del bene, per una durata non superiore a ventiquattro mesi, nel territorio di un altro Stato membro all’interno del quale l’importazione dello stesso bene in provenienza da un paese terzo ai fini di una utilizzazione temporanea fruirebbe del regime dell’ammissione temporanea in esenzione totale dai dazi all’importazione” (lett. h).

Sul piano nazionale, tali eccezioni corrispondono agli artt. 38, comma 5, lett. a), e 41, comma 3, del D.L. n. 331/1993, secondo cui, rispettivamente, non costituisce:

  • acquisto intracomunitario “l’introduzione nel territorio dello Stato di beni oggetto di perizie o di operazioni di perfezionamento o di manipolazioni usuali (…), se i beni sono successivamente trasportati o spediti al committente, soggetto passivo d’imposta, nello Stato membro di provenienza o per suo conto in altro Stato membro ovvero fuori del territorio della Comunità; l’introduzione nel territorio dello Stato di beni temporaneamente utilizzati per l’esecuzione di prestazioni o che, se importati, beneficerebbero della ammissione temporanea in esenzione totale dai dazi doganali”;
  • cessione intracomunitaria l’invio di beni “in altro Stato membro, oggetto di perizie o delle operazioni di perfezionamento o di manipolazioni usuali (…), o per essere ivi temporaneamente utilizzati per l’esecuzione di prestazioni o che se fossero ivi importati beneficerebbero della ammissione temporanea in totale esenzione dai dazi doganali”.

Come precisato dalla R.M. 10 marzo 2000, n. 30/E, il trasferimento in Italia di beni per “tentata vendita” è sottratto alla disciplina degli acquisti intracomunitari per effetto della previsione contenuta nel citato art. 38, comma 5, lett. a), del D.L. n. 331/1993, che fa riferimento, tra l’altro, all’ipotesi di introduzione nel territorio dello Stato di beni che, se importati, beneficerebbero dell’ammissione temporanea in esenzione totale dai dazi doganali.

Nei casi in cui vengano meno le condizioni di esclusione richiamate dalla norma in esame (per esempio, il bene viene ceduto in Italia o vi resta definitivamente ovvero supera la durata temporale di permanenza nel territorio dello Stato prevista dalla normativa comunitaria che definisce il regime dell’ammissione temporanea):

  • si realizza un’operazione assimilata ad un acquisto intracomunitario;
  • con l’obbligo, da parte del soggetto comunitario, di assolvere i relativi adempimenti in materia di IVA previa identificazione in Italia direttamente (ex art. 35-ter del D.P.R. n. 633/1972) o per mezzo della nomina di un rappresentante fiscale.

Per l’introduzione e la circolazione in Italia dei beni provenienti da altro Stato membro non è, invece, obbligatoria l’emissione (R.M. n. 30/E/2000):

  • del documento di trasporto per beni viaggianti, fatta eccezione per tabacchi, fiammiferi e prodotti soggetti ad accisa, ad imposte di consumo o al regime di vigilanza fiscale (art. 1, comma 1, del D.P.R. n. 472/1996);
  • della fattura proforma.

La movimentazione dei predetti beni deve risultare dalle annotazioni nell’apposito registro di cui all’art. 50, comma 5, del D.L. n. 331/1993.

La cessione dei beni introdotti in Italia in “tentata vendita”:

  • è soggetta a reverse charge, ai sensi dell’art. 17, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972, se il cessionario è un soggetto passivo italiano;
  • deve essere assoggettata ad imposta dalla partita IVA italiana del cedente non residente, se il cessionario italiano non agisce nell’esercizio d’impresa o di arte o professione o se si tratta di cessionario estero (soggetto passivo o meno).