8 Marzo 2014

La TASI 2014 debutta con un incremento: ma c’è una strategia?

di Fabio Garrini
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Il primo provvedimento che interessa la TASI è, tanto per cambiare, un incremento del prelievo: sul tema interviene infatti il DL 16 del 6 marzo 2014, pubblicato sulla G.U. 54 dello stesso giorno. Si tratta di una previsione già elaborata dallo scorso Governo al fine di recuperare risorse al fine di ridurre il prelievo sull’abitazione principale (anche se sul punto il provvedimento in commento pare piuttosto fumoso), ma non pare certo un bel biglietto da visita per il nuovo esecutivo iniziare con un aggravio del prelievo.

L’intervento in commento prevede infatti la possibilità per i Comuni di stabilire un’aliquota TASI di 0,8 per mille più alto rispetto a quanto previsto nella Legge di stabilità 2014, portando l’aliquota TASI massima 2014 dal precedente 2,5 per mille al nuovo limite massimo del 3,3 per mille. Il provvedimento si riferisce al solo 2014, ma non perché dal prossimo anno viene eliminato tale incremento, piuttosto solo a causa del fatto che il limite del 2,5 per mille opera solo per il primo anno, mentre a decorrere dal 2015 le abitazioni principali potranno scontare un prelievo che, in base alle norme vigenti, potrà spingersi sino al 6 per mille. Tale incremento deve essere destinato ad introdurre in favore delle abitazioni principali “… detrazioni d’imposta o altre misure, tali da generare effetti sul carico di imposta TASI equivalenti a quelli determinatisi con riferimento all’IMU relativamente alla stessa tipologia di immobili, anche tenendo conto di quanto previsto dall’articolo 13 del citato decreto-legge n. 201, del 2011”. L’introduzione di tali agevolazioni è demandata ai Comuni, ma lo schema delle agevolazioni pare ricalcare quelle che nel 2012 risultavano applicabili ai fini IMU: quindi ricapitolando, è probabile che dal 201 si pagherà per l’abitazione principale una somma simile, per importo e modalità di determinazione, a quello che si è pagato nel 2014, con la differenza che ora tale somma sarà pagata non a titolo di IMU, ma di TASI. Ci si ricordi quanto si è scritto in passato sulle pagine del presente quotidiano (“Il gioco delle tre carte dei tributi comunali”)

Di conseguenza al precedente incremento è stata innalzata anche la soglia contenuta in quella che potremo definire come una sorta di “clausola di salvaguardia” – contenuta nel comma 677 della Legge di Stabilità per il 2014 – secondo cui, per gli immobili diversi dai fabbricati destinati ad abitazione principale, pertinenze e fabbricati assimilati, è previsto un limite massimo alla somma di aliquote IMU + TASI, che passa dal precedente lime del 10,6 per mille al nuovo limite dell’11,4 per mille.

Ovviamente per apprezzare nel dettaglio il peso del tributo sulle varie tipologie di immobili occorrerà verificare le delibere comunali, soppesando le scelte di ciascun Comune. Una cosa però è certa e incontrovertibile: per ottenere (forse) uno sgravio sugli immobili destinati ad abitazione principale, pertinenze e fabbricati assimilati, occorrerà attendersi un prelievo più consistente rispetto al passato sul fabbricati diversi da questi (si pensi, in particolar modo, ai fabbricati a disposizione, fabbricati locati, beni delle imprese, ecc). Da notare comunque che il provvedimento in commento esonera da TASI i terreni, mentre continuano a scontare il prelievo, rimanendo nel campo dell’agricoltura i fabbricati rurali (seppure con una aliquota ridotta dell’1 per mille, in forza del comma 678 della legge di Stabilità). Ai fini IMU, invece, i terreni sono soggetti ad imposta mentre i fabbricati rurali strumentali sono esenti. Il medesimo decreto 16/14 in commento introduce anche ai fini TASI le esenzioni per gli immobili di proprietà degli enti pubblici e per quelli dell’art. 7 D.Lgs. 504/92, così come richiamati anche ai fini IMU (tra questi vi sono gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali).

Ma è una buona scelta massacrare gli immobili diversi dall’abitazione principale???

Mi si permetta poi di concludere il presente intervento esprimendo il mio personale disappunto (ma so di non essere solo nel proporre queste considerazioni) nel prevedere sconti sulle abitazioni principali appesantendo la situazione degli altri immobili.

Prima di tutto perché se lo scopo dei tributi comunali è finanziare i servizi forniti ai contribuenti, coloro che abitano nel Comune sono i primi ad usufruire.

La seconda considerazione riguarda la ratio dell’impostazione che si sta dando negli ultimi anni: sgravare la prima casa per far ripartire il mercato immobiliare. A parere di chi scrive, chi non acquista l’abitazione dove abitare non lo fa per il timore di pagare qualche centinaio di euro di imposte all’anno (non che siano importi trascurabili, ma non è certo questo aspetto il driver della scelta), ma solitamente non lo fa perché non trova un istituto che lo finanzia per tale acquisto. Al contrario chi deve investire nel mercato immobiliare pesa le imposte che dovrà pagare per il ritorno dall’investimento: continuando ad aggravare di imposte gli immobili diversi dall’abitazione principale, l’investimento immobiliare ormai ha redditività prossime allo zero, o spesso anche negative. Chi ha un appartamento locato sa molto bene che il rapporto tra rendimento / investimento ha tassi di redditività pari a quelli che si ottengono dimenticandosi le somme sul conto corrente, peraltro con rischi ben maggiori.

Non parliamo poi di chi si deve liberare della casa al mare o della casa in montagna, dove in alcune situazioni non riesce a recuperare neppure la metà dell’investimento iniziale; oltretutto, chi è fortunato riesce a venderla perdendo una cospicua quota dell’investimento, gli altri se la devono tenere pagando somme rilevantissime in termini di IMU e TASI.

E che dire delle imprese? Non sono soggetti da tutelare? Fa sorridere come ci si sia fatti vanto, nella Legge di Stabilità, di aver introdotto una parziale deduzione dell’IMU dalle imposte sul reddito (30% sul 2013 e 20% a regime dal 2014), quando tale beneficio, nella migliore delle situazioni, sarà assorbito dagli aggravi del combinato IMU + TASI 2014.

Il tutto pensando alla promessa revisione del catasto: ben venga se avrà la finalità di dare equità alle determinazione della basi imponibili, ma il timore che si sostanzi solo in un incremento di gettito è consistente.

Mai come ora vi è la necessità di gestire la tassazione immobiliare con giudizio, limitando gli interventi per far cassa (l’immobile è un presupposto molto più semplice da tassare rispetto al reddito, visto che l’immobile, in quanto tale, non si può spostare), pensando ai veri effetti sul mercato immobiliare che ogni decisione inevitabilmente comporta.