28 Dicembre 2013

La Serbia è Paese white list

di Vita Pozzi
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La recente R.M. 99/E/2013 dello scorso 19 dicembre ha statuito che in caso di frammentazione di alcuni territori nazionali, le convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate col vecchio Paese trovino applicazione anche ai paesi nascenti dalla disgregazione a condizione che gli stessi dichiarino di onorarle. Inoltre, tale circostanza porta all’inclusione dei nuovi stati nella white list del 4 settembre 1996 se il vecchio stato disgregato e era incluso.

La questione nasce dal fatto che l’art. 2, co. 6, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, ha modificato la tassazione dei redditi di natura finanziaria, introducendo un’aliquota unica del 20 per cento.

Tuttavia, il successivo comma 7 ha previsto una eccezione ai rendimenti di titoli pubblici italiani di cui all’articolo 31 del D.P.R. 29 .9.1973 n. 601, ed equiparati (lettera a), anche ai proventi derivanti dalle “obbligazioni emesse dagli Stati inclusi nella lista di cui al decreto emanato ai sensi dell’articolo 168-bis, comma 1, del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986” (cfr. lettera b del citato comma 7) .

La successiva circolare del 28 marzo 2012, n. 11/E, precisa altresì che l’aliquota del 12,50% nel caso di titoli emessi da Stati esteri, a differenza di quanto previsto nel caso di titoli pubblici italiani di cui all’articolo 31 del D.P.R. n. 601 del 1973, si applica esclusivamente ai titoli aventi le caratteristiche proprie delle obbligazioni, ossia dei titoli che prevedono il rimborso alla scadenza di una somma almeno pari a quella mutuata.

Poiché il D.M. ex articolo 168-bis del TUIR, nonostante gli anni passati, non è mai stato concepito, occorre far ancora riferimento al D.M. 4 settembre 1996 che include la ex Jugoslavia.

Sul punto, tuttavia, la circolare del 18 aprile 2002, n. 33 e la risoluzione del 31 ottobre 2008 n. 412 [e non 421 come indicato nella R.M. 99/E/2013 per refuso] hanno chiarito che per gli Stati sorti in conseguenza della disgregazione della Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia, che hanno dichiarato espressamente di voler succedere alle entità sovrane preesistenti, continuano ad applicarsi i trattati a suo tempo stipulati.

La Repubblica di Serbia, in particolare, si è dichiarata Stato successore della ex Jugoslavia, assumendo gli obblighi contenuti nel Trattato stipulato nel 1984 tra lo Stato Italiano e la Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia.

A seguito della disgregazione, i nuovi Paesi nati, dopo un iniziale riconoscimento della vecchia convenzione, tendono a stipularne una propria.

E’ il caso della Slovenia cha ha stipulato la Convenzione firmata a Lubiana l’11 settembre 2001 e ratificata dall’Italia con legge n. 76 del 29 maggio 2009 (in vigore dal 12 gennaio 2010); della Croazia che ha stipulato la Convenzione firmata a Roma il 29 ottobre 1999 e ratificata in Italia con legge n. 75 del 29 maggio 2009 (in vigore dal 15 settembre 2009) e, prima ancora, della Macedonia che ha stipulato la Convenzione firmata a Roma il 20 dicembre 1996 e ratificata In Italia con legge n. 428 del 19 ottobre 1999 (in vigore dall’8 giugno 2000).

E’ evidente che a seguito di questo processo il Paese continua a rimanere nella white list a condizione che la convenzione stipulata contenga un articolo che prevede un adeguato scambio di informazioni.

Purtroppo la lista non è aggiornata in tempo reale per cui accade non di rado che Paesi con i quali è entrata in vigore una convenzione secondo lo standard Ocse ne risultino ancora esclusi. E’ il caso, per fare un esempio, della Repubblica di San marino, con la quale è entrata in vigore la Convenzione firmata a Roma il 21 marzo 2002 e ratificata con legge n. 88 del 19 luglio 2013. In vigore dal 3 ottobre 2013.

Uno degli elementi fondamentali della nuova convenzione consiste proprio nell’attivazione dello scambio di informazioni tra i due paesi.

Lo scambio non avviene solamente per applicare la convenzione ma anche per contrastare l’evasione fiscale interna ai due Paesi. Ciò significa che l’Italia potrà pretendere delle informazioni anche per reprimere l’evasione italiana a prescindere da una concreta utilità della Repubblica di San Marino.

Si ricorda che la white list di cui al D.M. 4.9.1996 viene presa in considerazione anche per stabilire se un trust istituito all’estero deve essere considerato paradisiaco o meno.