27 Settembre 2013

La risoluzione 61/E sulla tassazione del TFR al familiare non residente di un dipendente deceduto

di Ennio VialVita Pozzi
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La risoluzione di ieri (R.M. n. 61 del 26 settembre 2013) affronta una fattispecie alquanto particolare. Il caso analizzato dall’Amministrazione finanziaria riguarda, infatti, la potestà impositiva dello Stato italiano e le modalità di tassazione del TFR e dell’indennità sostitutiva del preavviso erogata agli eredi di un soggetto defunto che ha lavorato in parte nel Regno Unito e, negli ultimi anni di vita, in Italia.
L’istante, coniuge del defunto, ritiene che l’imposizione sia dovuta esclusivamente nel Regno Unito.
Si evidenzia, preliminarmente, come sia il defunto sia l’istante dichiarino di essere fiscalmente residenti nel Regno Unito; ad avviso di chi scrive, qualche dubbio è lecito sollevarlo. E’, infatti, difficile ipotizzare che un lavoratore dipendente (nel caso in oggetto un dipendente di un istituto bancario) non sia presente in Italia la maggior parte del periodo di imposta. Ipotizzando quindi che il soggetto sia rimasto iscritto all’AIRE, in virtù della presenza fisica nel nostro paese (residenza), si poteva supporre l’attrazione della stessa in Italia. Ad ogni modo, per esaminare compiutamente la fattispecie in esame si deve analizzare la normativa domestica e il disposto convenzionale alla luce di dati fattuali non desumibili dalla risoluzione.
Come precisato dall’Amministrazione finanziaria, l’art. 23 comma 2 del Tuir stabilisce che “indipendentemente dalle condizioni di cui alle lettere c), d), e) e f) del comma 1 si considerano prodotti nel territorio dello Stato, se corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti: a) le pensioni, gli assegni ad esse assimilati e le indennità di fine rapporto di cui alle lettere a), c), d), e) e f) del comma 1 dell’articolo 17”. L’art. 17 co. 1 lettera a) si riferisce anche alle ipotesi del TFR e dell’indennità di preavviso corrisposte in ipotesi di morte del lavoratore.
Il legislatore domestico ha individuato la residenza fiscale del soggetto erogante quale criterio di collegamento ai fini dell’attrazione di tali emolumenti nella potestà impositiva dello Stato italiano, prescindendo dunque dalla prestazione lavorativa e dal luogo in cui questa è svolta. Di conseguenza, sulla base della disciplina interna, il T.F.R. deve essere assoggettato a tassazione in Italia se corrisposto da un soggetto fiscalmente residente nel nostro paese.
A livello internazionale è tuttavia necessario esaminare anche le Convenzioni contro le doppie imposizione che, essendo accordi tra più Stati prevalgono sulla normativa interna. In ambito convenzionale, peraltro, il TFR non gode di una specifica disciplina.
Il Commentario OCSE all’art. 18 osserva, con riferimento agli importi pagati ai dipendenti alla cessazione dell’impiego, che “alcuni Stati considerano come una pensione, privata o pubblica, a seconda dei casi, i pagamenti effettuati in un’unica soluzione. In tal caso, sarebbe naturale considerare che il reddito rientri nell’articolo 18 o 19. Nella legislazione fiscale di altri Stati tali pagamenti vengono considerati come remunerazione finale per le attività svolte. In tal caso, il pagamento deve essere indubbiamente ricompreso nell’articolo 15 o 19, a seconda dei casi. Altri ancora considerano tali pagamenti come un bonus non imponibile ai fini delle imposte sui redditi ma eventualmente soggetto ad imposte sulle donazioni o ad imposte analoghe”.
In sostanza, il T.F.R. è considerato alternativamente come una pensione o come una parte della retribuzione erogata alla fine della carriera.
Sul punto, l’Agenzia delle Entrate ha precisato, con la risoluzione n. 341/E/2008, che “per quanto concerne l’Italia, la disciplina prevista per il TFR porta a ritenere che lo stesso abbia sostanzialmente natura di retribuzione, seppur differita” riconducendo, pertanto, tale reddito nell’ambito applicativo delle norme convenzionali relative all’imposizione dei redditi da lavoro dipendente (generalmente contenute nell’articolo 15 delle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni in vigore in Italia). Le considerazioni sviluppate in relazione al TFR valgono anche per l’indennità di preavviso, stante la sua analoga natura retributiva.
L’Amministrazione finanziaria assimila quindi le somme in esame alla retribuzione di un lavoratore dipendente, a differenza dell’istante che li qualificava come “altri redditi” disciplinati dall’art. 22 della Convezione.
L’art. 15 della Convenzione tra l’Italia e il Regno Unito (“Lavoro subordinato”) prevede la tassazione esclusiva nel Paese di residenza del contribuente se l’attività di lavoro è svolto in tale Paese; se, diversamente, l’attività è svolta nell’altro Stato contraente tale Stato può tassare i redditi in oggetto. Di conseguenza, poiché il soggetto ha svolto parte dell’attività lavorativa in Italia, l’Amministrazione finanziaria ritiene esistente la potestà impositiva del nostro Paese. Ovviamente la convenzione ammette anche una tassazione concorrente del Regno Unito mitigata dal credito di imposta.
Le modalità di tassazione sono quelle ordinarie previste dal Tuir.
Un’ultima riflessione: se, diversamente, fosse prevista la potestà impositiva esclusiva del Regno Unito, il soggetto non residente potrebbe presentare il “Modello D” recentemente approvato dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate per chiedere:
1. l’applicazione diretta della Convenzione ed evitare l’imposizione;
2. il rimborso dell’imposta italiana erroneamente applicata dal sostituto di imposta.