14 Novembre 2014

La riserva della conferitaria in cerca di inquadramento

di Ennio VialVita Pozzi
Scarica in PDF
E’ convinzione comune che il
conferimento di ramo di azienda possa determinare in capo alla conferitaria l’insorgenza di una riserva che ha natura di
riserva di capitali. Ciò, in quanto si tratta di un apporto generalmente oggetto di perizia, il cui valore viene rappresentato dal
capitale sociale della conferitaria o da riserve che, per forza di cose, devono
presentare una medesima natura.
Un’analisi interessante è
esaminare l’art. 4
regimi fiscali del soggetto conferente e del soggetto conferitario” del
D.Lgs. n. 358/1997, che un tempo disciplinava il regime fiscale del conferimento di azienda.
Si ricorda come il presente articolo era stato
originariamente abrogato prima della successiva modifica operata dall’art. 18, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 247/2005, in vigore dal 2 dicembre 2005.
Infatti, ai sensi dell’art. 3, comma 2, D.Lgs. n. 344/2003, in vigore dal 1° gennaio 2004 il presente
articolo era stato abrogato, ma sul punto è intervenuta una successiva modifica operata dall’art. 18, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 247/2005, in vigore dal 2 dicembre 2005.
La norma da ultimo citata stabilisce che “
al decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344, sono apportate le seguenti modificazioni:
 a) all’articolo 3, comma 2, primo periodo, le parole: «gli articoli da 1 a 6» sono sostituite dalle seguenti: «gli articoli 1, 2 e 6»”.
Le parole “
gli articoli 1, 2 e 6” sono state così
sostituite alle precedenti “gli
articoli da 1 a 6”.
L’art. 4, originariamente abrogato, è quindi tornato in vita. La riabilitazione è avvenuta con effetto retroattivo.
Ai sensi del comma 6 dell’art. 18, D.Lgs. n. 247/2005, le disposizioni si applicano
alle operazioni effettuate nel periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2004 e a partire da quest’ultima data.
In sostanza,
l’art. 4 del D.Lgs. 358/1997 non è mai morto.
Il primo comma stabilisce che i
conferimenti di aziende possedute per un periodo non inferiore a tre anni,
effettuati tra i soggetti indicati nell’articolo 87, comma 1, lettere a) e b) del D.P.R. 917/1986 [ora art. 73] non costituiscono realizzo di plusvalenze o minusvalenze. Tuttavia il soggetto conferente deve assumere, quale valore delle partecipazioni ricevute, l’ultimo
valore fiscalmente riconosciuto dell’azienda conferita e il soggetto conferitario subentra nella posizione di quello conferente in ordine agli elementi dell’attivo e del passivo dell’azienda stessa, facendo risultare da apposito prospetto di riconciliazione, da allegare alla dichiarazione dei redditi, i dati esposti in bilancio e i valori fiscalmente riconosciuti.
Si afferma, quindi, la
neutralità fiscale dell’operazione.
Il comma 3, che più interessa la nostra analisi, analizza l’aumento di patrimonio netto della conferitaria.
Si afferma, infatti, che qualora non sia esercitata l’opzione di cui al comma 2,
l’aumento di patrimonio netto del soggetto conferitario a seguito del conferimento
si considera formato con gli utili (di cui all’articolo 41, comma 1, lettera e) del D.P.R. n. 917/1986 concernente la tassazione degli utili derivanti dalla partecipazione in società ed enti soggetti all’imposta sul reddito delle persone giuridiche)
per la parte che eccede il valore fiscalmente riconosciuto dell’azienda conferita.
Si afferma, in sostanza, che se l’aumento del patrimonio netto eccede il valore fiscalmente riconosciuto dell’azienda, la differenza costituisce una riserva di utili.
La norma, pur in vigore, risulta
in buona parte abrogata implicitamente dagli articoli 175 e 176 dell’attuale Tuir ma si potrebbe ritenere ancora vigente per le parti non incompatibili con essi, come appunto per il comma 3.
La questione, tuttavia, ha un
ambito applicativo contenuto, in quanto riguarda i conferimenti di
aziende detenute dal almeno 3 anni effettuati tra
società di capitali.
La stessa quindi non trova applicazione in casi di conferimenti da parte di imprese individuali o società di persone o quando la conferitaria è una società di persone.