2 Luglio 2015

La responsabilità degli amministratori di enti

di Guido Martinelli
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Le associazioni e i comitati, se pur sono fattispecie entrambe riconducibili agli enti su base associativa, privi di personalità giuridica, disciplinati dal primo libro del codice civile differiscono tra di loro in maniera non trascurabile sotto il profilo della responsabilità degli operatori.

Nelle associazioni non riconosciute si applica il principio contenuto nell’art. 38 c.c., in forza del quale, delle obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione, rispondono il fondo comune e, personalmente e solidalmente tra loro (e con il fondo comune), le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione. Tra il fondo comune ed il patrimonio personale degli associati di cui sopra c’è solidarietà, ovvero i creditori per il soddisfacimento dei loro interessi possono rivolgersi indifferentemente all’associazione oppure direttamente da chi ha agito per essa, senza l’onere di agire preventivamente sul patrimonio sociale. Questa responsabilità solidale è una figura tipica delle organizzazioni senza personalità giuridica, in cui mancano – proprio per difetto del riconoscimento – controlli sulla consistenza iniziale del patrimonio; pertanto i terzi creditori devono confidare sia sul fondo comune, sia sul patrimonio dei rappresentanti (è per questo motivo che la loro responsabilità ha una natura “fideiussoria” rispetto a quella dell’ente collettivo). La responsabilità di cui all’art. 38 c.c. non si estingue con la cessazione dalla carica, per qualsiasi motivo determinata, di colui che ha agito in nome e per conte dell’ente, ma permane anche dopo la cessazione dall’incarico. Ne consegue che il dirigente di un’associazione non riconosciuta può essere oggetto dell’azione dei creditori anche dopo la cessazione dalla carica, ovviamente con riferimento alle obbligazioni contratte nel periodo in cui esercitava le sue funzioni.

La responsabilità personale e solidale è volta a contemperare l’assenza di un sistema di pubblicità legale riguardante il patrimonio dell’ente con le esigenze di tutela dei creditori e, stando all’orientamento giurisprudenziale più recente, trascende quindi la posizione astrattamente assunta dal soggetto nell’ambito della compagine sociale e si ricollega ad una concreta ingerenza dell’attività dell’ente. La giurisprudenza più recente è, infatti, incline a ritenere che il termine “obbligazioni” di cui alla norma non debba essere interpretato in modo riduttivo, ricomprendendovi soltanto quelle di tipo negoziale, bensì in modo più ampio, tanto che, di una grave omissione colposa o delle obbligazioni non negoziali ne risponderà personalmente e solidalmente colui che, chiamato ad amministrare l’associazione, in tale veste la rappresenta fornendo una necessaria garanzia ex lege a favore dei terzi danneggiati. E proprio sulla scorta di tale presupposto, la Suprema Corte ha, di recente, ritenuto che per i debiti d’imposta, che non sorgono su base negoziale, ma ex lege, al verificarsi del relativo presupposto, sia chiamato a rispondere solidalmente, tanto per le sanzioni pecuniarie quanto per il tributo non corrisposto, il soggetto che, in forza del ruolo rivestito, abbia diretto la complessiva gestione associativa nel periodo considerato. Una previsione molto interessante poi, è contenuta all’interno dell’art. 6 della legge 383/2000 che detta una particolare disciplina per tutte quelle associazioni che hanno ottenuto l’iscrizione nel registro degli enti di promozione sociale, con riferimento alle quali il creditore dell’associazione potrà agire nei confronti dell’associato che abbia assunto l’obbligazione per conto dell’ente esclusivamente in via sussidiaria e solo dopo avere aggredito infruttuosamente il patrimonio associativo. Per le associazioni di promozione sociale, di fronte alle pretese dei terzi creditori, l’associazione, pur costituita nella forma giuridica della associazione non riconosciuta, risponde in via principale con il suo patrimonio, e solo successivamente, qualora l’entità del medesimo sia insufficiente a soddisfare l’interesse creditorio, l’azione dei terzi si potrà rivolgere verso coloro che hanno agito come rappresentanti del sodalizio. Pertanto i terzi creditori potranno confidare sia sul fondo comune che sul patrimonio dei rappresentanti, ma la natura della responsabilità di quest’ultimi non sarà “fideiussoria”, bensì “sussidiaria”. I rappresentanti delle associazioni di promozione sociale godranno quindi del c.d. beneficium excussionis, così come per i soci di una società semplice (art. 2268 c.c.).

La responsabilità, invece, dei componenti dei comitati organizzatori, personale e solidale così come prevista dall’art. 40 c.c., ha la medesima funzione di quella gravante ex art. 19 c.c. sugli amministratori dell’associazione, ovvero una funzione di risarcimento del danno nei confronti dell’ente per la cattiva gestione del patrimonio. Stabilisce, poi, il primo comma dell’art. 41 c.c., che qualora il comitato non abbia ottenuto la personalità giuridica, rispondono personalmente e solidalmente delle obbligazioni assunte i suoi componenti (organizzatori e gestori) (1° comma), mentre i sottoscrittori sono tenuti soltanto ad effettuare le oblazioni promesse (2° comma). In virtù di tale norma, dunque, le obbligazioni del comitato e la correlativa responsabilità patrimoniale, gravano su tutti i suoi membri; dottrina e giurisprudenza hanno più volte chiarito che ciò non è subordinato alla circostanza che essi abbiano deciso e compiuto l’atto dal quale derivano quelle conseguenze, poiché il loro titolo risiede nella partecipazione al gruppo ossia nella qualità di parte del contratto di comitato. Ed è per questo motivo che ogni membro è soggetto anche all’adempimento degli obblighi sorti prima del suo ingresso nel gruppo. Gli obblighi del comitato vincolano i suoi membri in forma solidale, solidarietà, questa posta a tutela dei creditori.  L’articolo in esame, a norma del quale i componenti di un comitato rispondono solidalmente per le obbligazioni assunte da uno di essi, si applica alle sole obbligazioni negoziali, e non anche a quelle extracontrattuali che sorgono esclusivamente a carico dell’autore o degli autori dell’illecito. Pertanto, nella sfera di obbligazioni extracontrattuali, la responsabilità solidale dei componenti del comitato può ricorrere soltanto sotto un profilo diverso dall’art.41, e cioè per l’inosservanza di obblighi posti a carico dell’intero comitato, in quanto gli obblighi di questo gravano su tutti e ciascuno dei componenti. Per quanto riguarda, infine, la responsabilità degli enti pubblici territoriali membri di un comitato, una parte della giurisprudenza, sulla base del sistema dei controlli cui essi sono sottoposti, ha limitato la loro responsabilità agli “impegni finanziari che l’ente è stato autorizzato ad assumere, sia con l’erogazione di contributi a favore del comitato, sia con l’assunzione di obbligazioni”.  Altra giurisprudenza, invece, per rispettare il principio della tutela dei creditori, ha parificato la posizione dei soggetti pubblici a quella dei soggetti privati. 

 

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